Antonio Nolli (1755-1830), figlio del barone di Tollo, di famiglia lombarda, trasferitasi nell'Abruzzo aquilano e poi nel chietino nel secondo Seicento, e che con il padre aveva acquistato per venticinquemila ducati dai De Ruggero il ricco feudo di Tollo (cfr. R. Colapietra, I collaboratori abruzzesi di Francesco Ricciardi, in «La Capitanata. Rassegna di vita e di studi della Provincia di Foggia», a. XXXII-XXXIII (1995-1996), n.s., n. 3-4, p. 262), studiò presso gli Scolopi. Rientrato a Chieti, vi aveva ricoperto, nel 1779, la carica di camerlengo, per poi diventare, nell'ottobre 1788, presidente della società patriottica istituita a Chieti. Il percorso biografico ed il cursus honorum del barone abruzzese (sul quale, cfr. Notizie biografiche che riguardano gli uomini illustri della città di Chieti e domiciliati in essa, Napoli, 1830, pp. 36-38) ne faceva, dunque, un ottimo esponente di quella classe di “tecnici” dell’amministrazione provinciale, nonché sostenitore, fin dal decennio precedente, del “rinnovamento”; rimasto, tuttavia, a Chieti, fu sostituito, il 24 febbraio, dal colonnello Leopoldo de Renzis (A. M. Rao, La Repubblica Napoletana del 1799, Roma 1997, p. 30). Scampato alla reazione, Nolli avrebbe messo al servizio di Murat la sua competenza giuridico-amministrativa divenendone ministro delle finanze e, in seguito, Intendente della provincia di Capitanata. Sul Nolli, cfr. l’ampio studio di R. Tomassetti, Antonio Nolli Barone di Tollo, 2 voll., Lanciano 2005.
Un blog sulle "microstorie" della Basilicata e sulla Storia che ad esse si intreccia.
giovedì 28 gennaio 2016
giovedì 21 gennaio 2016
I Borbone nel 1799: "Capeti vagabondi"
Il problema della abusata denominazione
“Capeto” per indicare la casa reale risale alla pubblicistica francese ed alla
sua diffusione in Italia nel triennio giacobino. In Francia, l’indicazione di
Luigi XVI con il semplice nome della casata (dai Capetingi, per via indiretta,
discendevano le dinastie regie dei Valois, degli Orléans e dei Borbone)
indicava una precisa volontà di abbassare il sovrano al livello di semplice cittadino.
Del resto, Luigi fu denominato “Capeto” in maniera
esplicita nell’atto di condanna a morte («Louis Capet, ci-devant roi des
Français, est-il coupable de conspiration contre la liberté publique, et
d'attentats contre la sûreté de l'État»). La valenza dispregiativa si diffuse
anche a Napoli ad opera di letterati quali Vincenzo Monti, che nell’Inno per
l’anniversario del supplizio di Luigi XVI (1799) insisteva appunto sul
“vile Capeto” (v. 7; che il testo fosse ampiamente diffuso a Napoli lo dimostra
la sua diffusione come foglio volante e con il titolo Inno alla Libertà del
cittadino Vincenzo Monti, tra l’altro conservato in BNN, BNN, Rari, S. Q. XXXII/ F.2, f. 5). Questo
appellativo, con valenza dispregiativa ad indicare i misfatti della dinastia,
con riferimento soprattutto alla fama di inetti per i sovrani e di virago per
le sovrane, nonché per i noti fatti delle guerre di successione europee di
inizio XVIII secolo si diffuse capillarmente nella pubblicistica repubblicana
delle province, spesso connessa all’indicazione dell’origine straniera,
“imposta” della casata dei Borbone. Ad esempio, il proclama ai materani del
commissario repubblicano Francescantonio Ceglia (commissario del Bradano) inizia
con la semplice, “francese”, denominazione di “Ferdinando Capeto”, legata,
quasi per antonomasia, alla figura del tiranno: «Siete finalmente liberi, o
Cittadini. Il Tiranno Ferdinando Capeto non strapperà più dalle braccia delli
genitori, delle spose, e de’ pupilli, il padre, il marito, il figlio per
sostenersi sul trono» (SNSP, Miscellanea
1799. Giornali – Carte volanti (privati) – Versi e prose, Il cittadino Francescantonio Ceglia
Commissario Organizzatore alli cittadini abitanti la Provincia di Matera,
f. 102085, ll. 1-4).
giovedì 14 gennaio 2016
Risorgimento Lucano. 24. Istruzioni dell’Intendente Cataldo Nitti al Sindaco di Potenza (18 agosto 1860)
Potenza diciotto agosto millottocentosessanta
Signor Sindaco. Nella grave condizione nella quale la città si trova, a prevenire novelli disastri è di […] a’ che il Municipio conservi quel contegno che ora gli conviene.
Tutt’i notabili della Città, e provvegga dico si circondi del loro consiglio, e provvegga all’occorrenza. E pria d’ogni altra cosa si procuri che la Guardia Nazionale, emanazione del Municipio istesso, conservi ed afforzi, se è possibile quella energia che sempre ha mostrato nella tutela dell’ordine. Provvegga perché tutti i […] altro potrà occorrere alla accresciuta popolazione di questa Città tengano aperti i loro spacci, e soddisfino a’ bisogni di tutti. Si custodiscano con diligenza le Prigioni, si provvegga al mantenimento di coloro che vi sono rinchiusi, ed alla sicurezza e sostentamento di que’ che sono nell’ospedale. Si compia tutto quanto si può attendere dalla filantropica energia di un Municipio che deve servire d’esempio agli altri della Provincia, e che venendo meno alle multiplici esigenze del tempo, scapiterebbe nella estimazione de’ suoi concittadini e potrebbe creare novelle cagioni di pericoli a questa Città. L’Intendente. Firmato = Nitti = Al Sig. Sindaco di Potenza. […]
FONTE: Archivio Storico Comunale Potenza, Amministrazione, vol. 123, Sedute Decurionali. 1860, c. 88v.
giovedì 7 gennaio 2016
La Basilicata moderna. 22. Matera da capoluogo a città di provincia
Matera subì non senza contraccolpi il passaggio dei poteri amministrativi sin dal 1806, in quanto, come noto, le forme del potere giudiziario che si traducevano nel tribunale straordinario rimasero presenti nell’antico capoluogo fino al 1811. Tra l’altro, i materani accolsero il decentramento amministrativo come un fulmine a ciel sereno, anche perchè, durante la visita di Giuseppe Bonaparte il 5 maggio del 1806, «gli avevano riservato una sontuosa accoglienza, facendolo entrare in città attraverso la Porta Principale (Porta della Bruna) ed ospitandolo in una delle più importanti famiglie patrizie della città, la famiglia Ferraù, che per l’occasione aveva aperto un ingresso al palazzo del Tribunale da Piazza del Sedile» .
Se il tribunale straordinario rappresentava l’ultimo baluardo materiale della condizione di privilegio sulla provincia pregressa, contemporaneamente, seguirono alla perdita della funzione di capoluogo insistite proteste manifestatesi in una sorta di autorappresentazione tra “descrizione” e ripercorrenza della “gloriosa vita passata”, in seconda battuta almeno per la conservazione dei Tribunali . Tra l’altro, i cittadini di Matera avevano inultilmente inviato a Napoli il sindaco Arcangelo Copeti , che si era presentato direttamente a Giuseppe Bonaparte ottenendo che si discutesse della cosa in Consiglio di Stato; tuttavia, in commissione del Consiglio, ebbe la meglio il parere contrario del ministro Saliceti, forse risentito per non essere stato subito messo al corrente della questione.
Colpiscono, comunque, nelle forme di tali richieste, i dettagliati e puntigliosi richiami a solidi elementi di fedeltà al sovrano, oltre che a ragioni connesse con una serie di considerazioni sul contesto strutturale e di servizi che meglio connotava al ruolo la città di Matera rispetto a quella di Potenza, con una sorta di “colpo di coda” ancora una volta rinviante alla tradizionale forma di autorappresentazione legata alle storie locali. Si poneva, infatti, in risalto la netta differenza dei due contesti urbani anche in termini di strutture, posizione geografica, condizioni di vivibilità.
Comunque, la città perse numerose funzioni urbane, riducendo buona parte degli spazi cittadini in precedenza adibiti all’amministrazione. Il palazzo del governatore, ad esempio, già sede della Regia Udienza, perse la funzione istituzionale-amministrativa e quella di fulcro della vita cittadina, mentre, in maniera analoga, venute meno le funzioni politico-istituzionali di cui era stata originariamente espressione, anche la Piazza Maggiore, già Piazza del Sedile, perse il ruolo cardine di centro urbano .
In effetti, tale funzione passò verso la piazza della fontana di Ferdinando IV e il convento di San Domenico, che fu adibito a sede della Sottointendenza. Nell’antico edificio conventuale, invece, prendevano posto i principali uffici governativi, quali il comando militare provinciale ed il tribunale straordinario: quest’ultimo, trasferito definitivamente a Potenza il 4 maggio 1811, lasciò il posto alle Commissioni militari, ulteriormente trasferite a Santa Maria la Nova con decreto del 12 luglio 1825. Le carceri, inoltre, furono trasferite da via delle Beccherie a Piazza Sedile, ritenuto luogo più idoneo anche in termini di igiene .
Tale ridimensionamento, inoltre, comportò il trasferimento a Potenza di un considerevole numero di famiglie di funzionari, impiegati e gendarmi, che abbandonarono molte abitazioni del Piano . Per tale ragione, oltre che per la peste del 1816-17, la popolazione materana, che nel 1809 contava 11.150 abitanti, si sarebbe ridotta, dieci anni dopo, a 10.691 persone: il che rende evidente il ridimensionamento del volto urbano, oltre che dell’espansione demografica, che aveva contraddistinto Matera nel secolo precedente.
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