Far perno sulla ricerca, per sensibilizzare l’insieme dei soggetti istituzionali: sviluppo e innovazione risultano parole vuote, se non si fa perno sulla ricerca. È quanto emerso dall’incontro che ha ricordato, a Potenza, il 6 dicembre 2017, i venti anni del Dottorato di Ricerca del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi della Basilicata, a Potenza. L’incontro, moderato dal Direttore del Dipartimento, Paolo Augusto Masullo, ha tirato un bilancio dei vent’anni e focalizzato le aspettative per il futuro nel rapporto autonomo e parallelo tra UniBas e Regione Basilicata, nella prospettiva di rendere fruibili le compe-tenze e le professionalità prodotte dal Dottorato.
La Magnifica Rettrice UniBas, Aurelia Sole, ha esordito ricordando che il dottorato ha più di 100 dottori di ricerca e 23 nei cicli attivi; forte legame con il territorio, ma con molte iniziative anche internazionali; è un dottorato attrattivo, a fronte del solo 36% degli studenti UniBas che vi si iscrivono. Oggi, tra l’altro, con due borse di Dottorato Industriale, per la prima volta anche questo campo umanistico fa trasferimento di conoscenze e competenze. Il valore della formazione del Dottorato è di tipo aggiuntivo, perché dovrebbe ritrovare all’esterno il riconoscimento dovuto, a fronte di una grande apertura delle amministrazioni locali, a partire dalla stessa Regione Basilicata, che lavorerà con UniBas per il trasferimento delle conoscenze tramite la sua agenzia T3.
Antonio Lerra ha ricostruito la storia del Dottorato in discipline storiche e del suo gemello “linguistico” che, a fronte della penalizzazione attuata dal Governo nazionale sui piccoli e giovani atenei, ha registrato una fiorente attività. In effetti, Lerra ha parlato di una vera e propria «questione meridionale dell’università», una questione che l’iniziativa del 6 dicembre concorrerebbe a rilanciare anche oltre l’ambito accademico: il comparto dottorati, che dovrebbe rappresentare il terzo livello di formazione, con reali possibilità di accesso lavorativo, registra una realtà diversa e molto complessa, con impoverimento dell’offerta dottorale, specie nelle aree con tessuto socio-economico più fragile, senza possibilità di interventi di supplenza da parte dei privati. Cosicché, i tagli nell’offerta dottorale (diminuzione del 44,5% rispetto al 2013) si assommano a iniziative private che fruiscono di apporti politici, come afferma Lerra, e volte a formazioni “pseudouniversitarie”. In UniBas, a fronte degli 11 dottorati del 2012, è stato possibile, dal XXIX ciclo, attivarne solo uno per ogni Dipartimento, in numero di 5. Il Dottorato “storico” è comunque riuscito a mantenere l’offerta, nella consapevolezza del ruolo determinante dell’attività di ricerca dottorale che, come detto, dovrebbe costituire il terzo livello della formazione e connotarsi come formazione diffusa. In questo contesto, l’attuale Dottorato in Storia, culture e saperi dell’Europa mediterranea dall’antichità all’età contemporanea è fusione dei dottorati in Storia dell’Europa mediterranea dall’antichità all’età contemporanea, nacque nel XII ciclo, nel 1997, con tre borse, una delle quali fu risultato di una convenzione specifica tra UniBas e Amministrazione Provinciale di Potenza. Nei successivi quattro cicli, si proseguì tra due o tre borse, fino, al XVII ciclo, con otto borse fino al XX ciclo, per poi attestarsi a quattro/cinque borse fino al XXVIII ciclo: dal XII al XXVIII ciclo hanno conseguito il titolo 67 dottorandi, 25 dei quali provenienti da UniBas, gli altri da ben dodici atenei. Coordinatori del Dottorato, furono Antonino De Francesco, Aurelio Musi, Aldo Corcella, che diressero un Dottorato interuniversitario, con punte di nove atenei consorziati e che produsse una collana, «Europa Mediterranea», che pubblicò e valorizzò aspetti e problemi della più giovane ricerca. Il Dottorato in Lingua, testo e forme della scrittura, coordinato da Annamaria Andreoli, Carlo Vittorio di Giovine, Carlo Beretta, dal XVIII al XXVIII ciclo ha, invece, addottorato 26 dottori, 18 dei quali provenienti da UniBas. Nell’insieme, dunque, i due dottorati hanno prodotto 102 dottori di ricerca, 39 dei quali laureati in UniBas, ai quali vanno aggiunti 23 dottorandi tra XXXI e XXXII ciclo: un notevole patrimonio scientifico-culturale, dunque, nel quale solo il 30-40% ha avuto modo di continuare nel sistema universitario in modo strutturato, anche se i livelli di valutazione nazionale e internazionale sono positivi, in un Paese che continua ad affrontare in modo inadeguato il problema della disoccupazione d’eccellenza.
Aldo Corcella, come Coordinatore del “nuovo” Dottorato, ha esordito che il ventennale non vuole nascondere problemi e criticità di un impegno collettivo nel portare avanti la ricerca e la formazione. In realtà, come ha affermato, i problemi sono essenzialmente «di sistema»: tradizionalmente, infatti, l’Università italiana come d’élite formava ancora studenti di livello dottorale ma, a partire dagli anni No-vanta, con l’introduzione del terzo livello di formazione già citato da Lerra, anche UniBas si attivò nel Dottorato, con una parentesi, tra XIII e XV ciclo, di un dottorato in discipline classiche in collaborazione con Cassino. A fine anni Novanta ci si accorse che bisognava rimanere su un tipo di Dottorato di Ateneo, più che interuniversitario. Con il 2013, anno di grande svolta - in un sistema di accreditamento da parte di ogni Università in base ai requisiti dettati dal Ministero dell’Istruzione -, si indica come ogni dottorato debba avere un Collegio Docenti di almeno 16 docenti strutturati, con documentato livello di ricerca e sei borse per ciclo: ciò ha portato ad un vero e proprio dimezzamento dei dottorati italiani. Nei piccoli atenei, anche dove esistevano dottorati molto specializzati, con risultati di eccellenza, si crearono Dottorati più ampi, per concentrare le risorse di personale e di borse: in particolare, il nuovo Dottorato umanistico di UniBas ha compreso i settori scientifico-disciplinari più ampi. UniBas, ha evidenziato Corcella, ha risposto ad un’esigenza legislativa per non far perdere ai giovani una grande opportunità di formazione, sia pure in un contenitore più vasto, nella sfida dell’interdisciplinarietà: i dottorandi hanno imparato a tenere insieme settori diversi intorno a temi comuni, anche se l’ottica generalistica non può essere la risposta alle esigenze governative. In tutto ciò, ha detto Corcella, permane il paradosso secondo il quale il Dottorato, prima, formava futuri professori universitari, per poi diventare il luogo in cui fornire importanti esperienze da portare nella società; ma, a fronte delle restrizioni, la formazione si è ristretta, in ogni campo. Tuttavia, ha ammesso il Coordinatore, l’attrattività e l’apertura di questo Dottorato è quasi unica e, nel contempo, esso è un presidio culturale di prim’ordine da non togliere.
Pasquale Frascolla, già preside della Facoltà di Lettere e Filosofia ed attuale presidente della Commissione Ricerca, si è soffermato su alcune questioni emerse negli interventi precedenti, a partire da quella delle trasformazioni dei Dottorati in Italia e dei consorzi interuniversitari. Inoltre, Frascolla ha evidenziato come il Dottorato venga intrapreso già con il pensiero rivolto al “dopo”, di come andare avanti in un processo di formazione alla ricerca: il “demone” della ricerca, ha evidenziato, è insopprimibile, ma il punto è che la formazione, la stessa competitività, oggi è minata dal sorgere di dottorati generalistici, oltre al fatto che il rendimento “politico”, il consenso, della formazione di terzo livello è bassissimo: Frascolla, con toni pacati, ha recisamente evidenziato lo spreco di fondi pubblici per la formazione “sparsa”, a fronte dell’abbassamento degli stessi nella formazione seria.
D’altra parte, a complemento, quasi, di quanto detto, l’intervento di Maria Anna Noto, una dei primi tre Dottori di Ricerca e attualmente docente strutturata nell’Università di Salerno. La Noto ha ricordato il per-corso epistemologico d’eccellenza del Dottorato, nel quale le proposte di casi di studio vengono inquadra-te in una prospettiva di tipo analogico: Tutto ciò per far «apprendere il mestiere», nel corso di diverse esperienze di studio, seminari, convegni, su alcuni filoni di ricerca nei quali i dottorandi furono attivamente coinvolti: temi importanti ancora oggi all’ordine del giorno, dalle forme della comunicazione politica ai processi di modernizzazione, dalle celebrazioni quali centenari e ricorrenze di eventi spartiacque, dalla Rivoluzione del 1799 al periodo napoleonico, dal democratismo al Risorgimento. Gli interventi specifici sono stati conclusi dalla dottoranda Alessia Araneo, rappresentante dei dottorandi nel consiglio del Dipartimento di Scienze Umane, che ha brevemente illustrato ruoli e incidenze della “forma Dottorato” in Italia e in Basilicata all’interno della pluralità di processi dell’attuale temperie.
Infine, a chiusura dell'incontro, le riflessioni di Roberto Cifarelli, Assessore alle Politiche Produttive della Regione Basilicata, sul trend negativo di tipo socio-economico nella Basilicata attuale, che va ad aggiungersi alle direttive nazionali che danneggiano una regione definibile "a fallimento di mercato" e la cui amministrazione si rende conto che bisogna investire in infrastrutture e, in tale contesto, sull'infrastruttura culturale per eccellenza, l'UniBas, finanziata per dieci milioni di euro annui secondo una convenzione decennale. Ciò in una politica di ancoraggio dei giovani al territorio, in cui, inoltre, la Regione Basilicata va verso una nuova legge per il diritto allo studio, cercando di superare la precedente, datata al lontano 1978, con, ad esempio, finanziamenti legati agli studentati, sia a Potenza che a Matera, o al campus in inaugurazione nella primavera del 2018. Anche il tema dei Dottorati di Ricerca, ha affermato Cifarelli, è all'attenzione dell'amministrazione regionale, per la "spendibilità" del titolo nell'ambito dell'Istruzione e della Ricerca, che servono, dunque, a implementare sviluppo e innovazione del territorio lucano. Un impegno totale, dunque, almeno secondo quanto affermato dall'assessore, in un'alleanza strategica tra Regione e Università per poter dare una speranza possibile alla Basilicata.