giovedì 18 gennaio 2024

Orazio. 3. La biografia di Svetonio

Quinto Orazio Flacco di Venusia aveva per padre, come egli stesso scrive, un liberto che raccoglieva denaro alle aste; ma si crede che fosse commerciante di provviste salate, poiché un certo uomo in una lite così schernì Orazio: "Quante volte ho visto tuo padre asciugarsi il naso con il braccio!".

Orazio prestò servizio come tribuno dei soldati nella guerra di Filippi, su istanza di Marco Bruto, uno dei capi di quella guerra. Quando il suo partito fu sconfitto, fu graziato e acquistò la carica di impiegato del questore. Poi, riuscendo ad ingraziarsi prima Mecenate e poi Augusto, occupò un posto di rilievo tra gli amici di entrambi. Quanto Mecenate gli fosse affezionato è abbastanza evidente dal noto epigramma:

Se più della mia vita, caro Orazio,
io non ti voglio bene, tu vedere
possa l'amico tuo assai più secco
di Ninnio!

Ma in modo molto più forte si espresse nelle sue ultime volontà e testamento in questa breve osservazione ad Augusto: "Ricordati di Orazio Flacco come di me stesso". Augusto gli offrì il posto di segretario, come risulta da questa sua lettera a Mecenate: 

Prima di ciò avevo potuto scrivere le mie lettere ai miei amici di mia mano; ora, oberato dal lavoro e in cattiva salute, desidero portarti via il nostro amico Orazio. Verrà allora da quella tua tavola parassitaria al mio tavolo imperiale, e mi aiuterà a scrivere le mie lettere.

Anche quando Orazio rifiutò, Augusto non mostrò alcun risentimento e non cessò i suoi sforzi per guadagnarsi la sua amicizia. Disponiamo di lettere di cui allego alcuni brani a titolo di prova:

Goditi ogni privilegio in casa mia, come se lì stessi facendo la tua dimora; poiché sarà del tutto giusto e conveniente che tu lo faccia, in quanto ciò è stato il rapporto che avrei voluto avere con te, se la tua salute lo avesse permesso.

E ancora:

Quanto io ti ricordi, te lo può dire anche il nostro amico Settimio; infatti è capitato che parlassi di te in sua presenza. Anche se eri così orgoglioso da disprezzare la mia amicizia, non ricambio quindi il tuo disprezzo.

Oltre a ciò, tra gli altri convenevoli, lo chiamava spesso "un libertino immacolato" e "il mio affascinante ometto", e lo faceva bene con più di un atto di generosità. Quanto ai suoi scritti, Augusto li stimava così in alto ed era così convinto che sarebbero stati immortali, che non solo lo incaricò di scrivere il Carme Secolare, ma gli ordinò anche di celebrare la vittoria dei suoi figliastri Tiberio e Druso sui Vindelici. E così lo costrinse ad aggiungere un quarto ai suoi tre libri di Odi dopo un lungo silenzio. Inoltre, dopo aver letto diversi suoi Sermones, l'imperatore espresse così il suo disappunto per il fatto che non si facesse menzione di lui:

Devi sapere che non sono non contento di te, che nei tuoi numerosi scritti di questo genere non parli con me, piuttosto che con altri. Hai paura che la tua reputazione presso i posteri ne risenta perché sembra che tu fossi mio amico?

In questo modo costrinse Orazio alla lirica che inizia con queste parole:

Tanti e cosí grandi sono gli impegni 
cui da solo devi far fronte (difendere 
i domini dell'Italia con le armi, 
migliorarla nei costumi, guarirla con le leggi), 
che rubarti il tempo con un lungo discorso 
offenderebbe, Cesare, gli interessi del popolo. 


Di persona era basso e grasso, come viene descritto con la propria penna nelle sue satire e da Augusto nella lettera seguente:

Onisio mi ha portato il tuo volumetto, e lo accetto, piccolo com'è, in buona fede. Ma mi sembra che tu abbia paura che i tuoi libri siano più grandi di te stesso; ma è solo la statura che ti manca, non la circonferenza. Quindi puoi scrivere su un vaso da una pinta, che la circonferenza del tuo volume potrebbe essere ben arrotondata, come quello del tuo ventre.

Si dice che fosse eccessivamente lussurioso; infatti si racconta che in una stanza rivestita di specchi egli avesse disposte delle prostitute in modo tale che, dovunque guardasse, vedeva un riflesso di Venere.Visse per lo più in campagna, nella sua tenuta sabina o tiburtina, e la sua casa è segnalata vicino al boschetto di Tiburno.

Possiedo alcune elegie attribuite alla sua penna e una lettera in prosa, ritenuta una sua raccomandazione a Mecenate, ma penso che entrambe siano spurie; poiché le elegie sono comuni e la lettera è inoltre oscura, il che non era affatto uno dei suoi difetti.

Nacque il sesto giorno prima delle Idi di dicembre sotto il consolato di Lucio Cotta e Lucio Torquato, e morì il quinto giorno prima delle Calende dello stesso mese sotto il consolato di Gaio Marcio Censorino e Gaio Asinio Gallo, cinquantanove giorni dopo la morte di Mecenate, nel suo cinquantasettesimo anno. Nominò Augusto come suo erede a voce, poiché non poteva fare e firmare un testamento a causa dell'improvvisa violenza della sua malattia. 

Fu tumulato vicino alla tomba di Mecenate, nella parte più lontana del colle Esquilino.

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