giovedì 18 maggio 2023

La Basilicata medievale. 17. Letteratura in versi nel Vulture in epoca sveva

Di due autori lucani abbiamo testimonianze tali da farci riflettere sul proliferare degli studi letterari anche in Basilicata durante il regno di Federico II.

Il primo è Eustachio da Matera (di cui abbiamo parlato più diffusamente qui), del cui poema Planctus Italiae ci restano 5 frammenti, di cui 2 relativi a eventi lucani, conservati in manoscritti napoletani e in un messale potentino. Il poema, perduto, era un testo in distici elegiaci scritto nel 1270 e citato da Giovanni Boccaccio, oltre, probabilmente che da Pandolfo Collenuccio nel suo Compendio de le storie del Regno di Napoli (anche se l'umanista pesarese non lo cita esplicitamente).

Di Eustachio sappiamo che fu giudice a Venosa, visto che dice, in un frammento:

Nomen Matera genitrix Eustacius, omen / Judicis, et Scribae Venusiaque dedit: / Excidium Patriae velut alter flet Hyeremias / Mundi conflictus, Italiae que malum: / Italiae fata queror Urbis, et Orbis onus.

("Mi fu madre Matera, il nome è Eustachio, / giudice di mestiere e a Venosa / fui scriba: la rovina della Patria, / la guerra mondiale e il mal d'Italia, / sì come piange un nuovo Geremia / io canto, e dell'Italia i fati / e il peso universale" - nostra traduzione).

Suo collega fu Riccardo da Venosa (ai vv. 13-14 dice, di sé: Venusine gentis alumpnus / Iudex Richardus tale peregit opus), di cui, invece, ci resta un'opera integra, la commedia in 570 distici De Paulino et Polla, ispirata al Querolus sive Aulularia (a sua volta di ispirazione plautina). L'opera non venne recitata, ma sicuramente declamata, secondo la tradizione militare per questa tipologia letteraria. 

Riccardo dedica l'opera a Federico II (v. 11: Hoc acceptet opus Fredericus Cesar), probabilmente iniziando a scriverla quando l'imperatore, nel 1228, parte da Brindisi per la sua Crociata, lasciando come luogotenente Rainaldo di Urslingen. A lui si appella (vv. 1073-1110) un personaggio della commedia, Fulcone, secondo un modulo giuridico poi sancito nelle Constitutiones Melphitanae, il che ci consente di datare l'opera agli anni 1228-1231, anche perché nel biennio '30-31 è attestata la presenza dell'imperatore nella zona del Vulture.

sabato 6 maggio 2023

I giovani per il Centenario di Rocco Scotellaro

 Il Convegno di Studio "L'attualità di Rocco Scotellaro e il ruolo delle donne nella sua vita e nella sua politica", tenutosi il 6 maggio 2023 nel Museo Provinciale di Potenza, è stato organizzato da "Casa del Popolo Ambulante" e da "Terre Joniche a.p.s." e moderato da Porzia Fidanza (Liceo delle Scienze Umane "Rosa-Gianturco"). 

Il primo intervento, di Biagio Russo (Fondazione Sinisgalli), ha parlato dell'incontro tra Sinisgalli e Scotellaro (di lui più giovane di quindici anni) nel 1949, laddove Scotellaro auspicava, già nel 1946, a ventitré anni, una più decisa attività letteraria in Basilicata sotto il patrocinio di Sinisgalli, con la fondazione di una rivista che guidasse il riscatto letterario lucano. L'incontro, mediato dagli artisti montemurresi Maria Padula e Giuseppe Antonello Leone, si svolge inizialmente con la diffidenza di Sinisgalli verso il giovane tricaricese, suo ammiratore, che comunque non è fortemente impressionato dal poeta montemurrese ed è documentato da almeno sei foto e da tre delle otto lettere inviate da Scotellaro a Maria Padula. Con la morte di Scotellaro, Sinisgalli aprirà una rubrica, dal n. 2 della sua rivista "Civiltà delle Macchine" (1954), sulla giovane poesia lucana, pubblicando appunto alcune poesie del poeta di Tricarico, di cui, ancora nel 1964, dirà "è qui tra noi". 

Rocco Stasi (vicepresidente della Pro Loco di Tricarico) ha esaminato il rapporto di Scotellaro con le maschere della tradizione, partendo dal presupposto che il letterato lucano fosse uomo di grande cultura, assolutamente non etichettabile sotto il riduttivo epiteto di "poeta contadino". Stasi ha parlato della concretezza e determinazione di Scotellaro, uomo di grande potenza e cuore nonostante la sua giovane età, com'è evidente già dal fatto che si definisse "uno degli altri", evidenziandosi come uomo tra gli uomini, volto all'integrazione sociale. 

Il rapporto tra Scotellaro e sua madre Francesca Armento è stato affrontato da Carmela Biscaglia (Deputazione Lucana di Storia Patria), che ne ha evidenziato il legame spesso conflittuale. Rocco fu il suo penultimo figlio, nato prima di Paolo e dopo due ragazzi e una ragazza, suoi e di Rocco Vincenzo Scotellaro. La madre di Scotellaro fu una figura centrale anche nella poesia di quest'ultimo, come attesta, tra le altre, "Tu sola sei vera", ultima poesia dell'autore, scritta due giorni prima di morire, negli stessi giorni in cui le scriveva di stare meglio e si occupava delle sue povere condizioni. La Armento aveva anche scritto tre racconti, che avrebbe poi pubblicato nella rivista "Nuovi Argomenti", anche se era fondamentalmente (oltre che sarta) scrivana di lettere da inviare in America o ai fidanzati in guerra; per questa sua maggiore cultura rispetto alle donne tricaricesi del tempo, nella prima edizione di "Contadini del Sud" (1954) avrebbe scritto la prima biografia del figlio su ispirazione di Manlio Rossi-Doria. Durante la vita e dopo la morte di Rocco, avrebbe fatto da collante tra gli amici del figlio per la pubblicazione delle sue opere e l'organizzazione di convegni di studio: nel 1949, ospitò anche l'etnologo Ernesto De Martino e, nell'inverno 1952, il fotografo Fosco Maraini. L'immagine più potente di Francesca, comunque, resta quella immortalata nel telero "Lucania 61" di Carlo Levi: una donna dolente e custode della memoria del figlio fino alla sua morte nel 1968, durante una visita a Viterbo alla figlia Serafina.

La stessa moderatrice, Porzia Fidanza, ha iniziato il suo intervento rimarcando l'attualità di Scotellaro per il suo impegno civile (fu un sindaco lontano dalla logica della spartizione del potere e partecipò all'occupazione delle terre, pagando con l'accusa di concussione che gli costò quaranta giorni di carcere, che li usò per alfabetizzare alcuni detenuti nel carcere di Matera) e l'attenzione costante al confronto, come mostra il fatto che lui stesso si interfacciò a Friedman e Peck in visita a Tricarico per studiare le dinamiche sociali con i finanziamenti della Fondazione Fullbright, oltre al fatto che suoi lettori furono, tra gli altri, Levi, Pasolini e Visconti, che avrebbe dato proprio il nome di Rocco al protagonista del suo film "Rocco e i suoi fratelli". Scotellaro fu anche economista, fortemente sfiduciato verso la parcellizzazione della terra nella riforma fondiaria e sostenitore di una ruralità imprenditoriale, basata sui distretti agroalimentari e sulle reti di comuni. In "Giovani soli", sua opera teatrale, ha esortato i giovani a fare fronte comune, nel nome di questi suoi valori. 

L'antropologo Giuseppe Melillo si è, poi, impegnato a parlare delle passioni e delle donne di Scotellaro, partendo da Isabella, sua fidanzata (morta a 98 anni nell'aprile 2023 senza più essersi risposata), alla poetessa Amelia Rosselli, mentre la giornalista e scrittrice Margherita Torrio ha analizzato la scrittura e la poesia dell'intellettuale lucano alla luce del tema della cultura della famiglia e di quella politica. Entrambi gli interventi hanno evidenziato il tema dell'identità, delle rivoluzioni, dello sradicamento e della distanza che si rincorrono, prima che nell'opera, nella parabola biografica di Scotellaro. 

Gli studenti del Liceo delle Scienze Umane "Rosa-Gianturco" di Potenza (classi 3M, 4M e 4H dell'indirizzo Economico-Sociale) sono intervenuti, infine, recitando alcune poesie di Scotellaro, con interventi programmati e con un podcast dedicato al rapporto con la madre e Carlo Levi, agli influssi nella sua poesia, alle tradizioni e alle radici lucane. 

A margine del Convegno, è stata inaugurata l'esposizione "La Grande Mostra" nella Pinacoteca Provinciale, con ampia e intensa partecipazione degli studenti.

giovedì 4 maggio 2023

La Basilicata contemporanea. 46. Storia di un'amicizia: Giustino Fortunato e Donato di Marzo (Antonio Cecere)

L'importanza di Giustino Fortunato e di Donato Di Marzo è data dal loro costante impegno locale e nazionale per la linea ferroviaria ofantina (di cui abbiamo parlato in un altro post), anche i loro sforzi furono, di fatto, vanificati dall'imperante municipalismo. Il loro impegno e la loro amicizia è testimoniata dalle 250 lettere che il senatore Fortunato inviò a Di Marzo. 

Questi, nato nel 1840 da notevole famiglia avellinese (che derivava la sua ricchezza dal commercio dello zolfo), fu prima deputato - dal 1882 si presentò come candidato per il Collegio di Avellino per la Sinistra e fu eletto con 5.400 voti - e, dal 1895, senatore, oltre che consigliere provinciale nell'Avellinese, per la precisione della circoscrizione di Montefusco (1873-1896). Di Marzo, pur non essendo un assiduo frequentatore delle sedute parlamentari, come molti in quell'epoca, ebbe comunque modo di conoscere Giustino Fortunato e diventarne amico fino alla morte nel 1911, 14 anni dopo dal ritiro dalla politica attiva.

Le lettere del carteggio Fortunato-Di Marzo, pubblicate nel 2020 da Vincenzo Barra, provengono dall'archivio familiare, che comprende, oltre al nucleo "duro" di Donato Di Marzo, le lettere del nipote Alberto, anche lui deputato, e le epistole di Carolina De Marzo Capizzi. Più nel dettaglio, l'archivio epistolare di Donato di Marzo comprende 96 lettere scritte tra 1890 e 1899, altre 46 scritte dal 1900 al 1910, oltre a 27 telegrammi e 24 lettere di Giustino Fortunato all'amico (esistono anche 70 lettere di Fortunato ad altri membri della famiglia, che arrivano fino al 1927).
Nell'epistolario si evidenziano le personalità, spesso opposte, dei due amici. A Donato Di Marzo, infatti, equilibrato ma pigro e decisamente militarista, si contrappone l'impetuosità di Giustino Fortunato, attivo, antimilitarista e tormentato, e l'epistolario ci consente di seguire gli scambi tra i due amici parlamentari soprattutto a proposito dello scandalo della Banca Romana e, ovviamente, nella lunghissima vicenda della costruzione dell'Ofantina. Di Marzo fu, infatti, assertore della necessità di sviluppare una rete ferroviaria che implicasse la crescita economica e produttiva della provincia di Avellino. In ambito provinciale fu legato a Michele Capozzi, arbitro della vita provinciale avellinese, cui lo univa anche un rapporto di parentela. Nominato senatore per la 3a categoria il 25 ottobre 1896, partecipò attivamente ai lavori parlamentari in Senato. 


Le perle lucane. 4. Maratea

 «Dal Porto di Sapri, che aperto è fama inghiottisse la celebre Velia, raccordata dal Poeta dopo Palinuro, nel golfo di Policastro, à dodeci...