giovedì 16 maggio 2024

Personaggi. 30. Giambattista Pentasuglia


(Matera, 3 novembre 1821-4 novembre 1880) 

Giovan Battista Pentasuglia  nacque da Giuseppe e Concetta Buonsanti. Dopo gli studi in Seminario, lasciò Matera per Napoli e si iscrisse all’Università (scienze fisiche e matematiche), entrando in contatto con ambienti massonici e antiborbonici.

Era ancora studente quando nel 1848 fu tra i volontari napoletani nella I Guerra d’Indipendenza in Veneto e fu ferito al braccio destro per un colpo di baionetta a Treviso, conseguendo il grado di ufficiale. Dopo la sfortunata campagna, si diresse a Torino dove ritrovò molti amici napoletani, sposando la soluzione piemontese.

Si arruolò nel genio militare piemontese, diventando istruttore degli allievi telegrafisti e venne incaricato di redigere un manuale di telegrafia e di ispezionare gli uffici telegrafici. Riprese anche gli studi e nel 1854 si laureò in fisica.

Nel 1859 partecipò alla II Guerra d’Indipendenza e fu assegnato al quartier generale di Napoleone III, con la mansione di sovrintendenza ai servizi telegrafici. Nel 1860, unico lucano, partecipò alla spedizione dei Mille: allo sbarco dell’11 maggio a Marsala assieme a Giacinto Bruzzesi ebbe il compito di impadronirsi del telegrafo per evitare il diffondersi della notizia dello sbarco e nei giorni seguenti ebbe il compito di interrompere i tutti collegamenti telegrafici tra Palermo e Trapani.

Nel 1861 fu eletto deputato e realizzò il cavo telegrafico sottomarino tra Sicilia e Calabria e tra Sicilia e Sardegna e di quello tra l’isola d’Elba e la terraferma. Partecipò anche alla realizzazione del collegamento tra l’Italia e la Turchia.

Nel 1879, ormai malato, tornò a Matera dove morì.

A proposito della sua partecipazione alla spedizione garibaldina, Raffaele De Cesare annota: 

«Garibaldi aveva dato ordine a Crispi, a Castiglia, ad Andrea Rossi e a Pentasuglia di prender terra immediatamente, sia per disporre quanto occorreva allo sbarco, sia per impossessarsi del telegrafo elettrico, del municipio, delle carceri e della tesoreria. […] 

Pentasuglia corse al telegrafo, e puntando un revolver sul petto dell’impiegato, s’impossessò della macchina. L’impiegato aveva già trasmessa a Palermo la notizia dello sbarco, con quei particolari che poté procurarsi. Il telegrafo elettrico era in diretta comunicazione col luogotenente, anzi la macchina dell’ufficio di Palermo stava proprio nel gabinetto del Galletti, il quale aveva alla sua immediazione un telegrafista di fiducia, chiamato De Palma, tuttora vivo. Furono chieste da Palermo maggiori notizie, e soprattutto se la città era tranquilla, al che il Pentasuglia rispose: “Tranquillissima: i due vapori arrivati sono vapori nostri”. La contraddizione lampante con le prime notizie e l’osservazione fatta al Galletti dal De Palma, che era cambiata la mano del telegrafista, persuasero il primo che lo sbarco di Garibaldi era avvenuto e il telegrafo già passato in mano di lui». (Fonte: R. De Cesare, La fine di un regno (Napoli e Sicilia), Lapi Tipografo-Editore, Città di Castello 1900, parte II, p. 208)