giovedì 19 aprile 2018

La Basilicata moderna. 24. Matera tra feudalizzazione e Regio Demanio (Maria Pia Belfiore)

La nota rivolta antifeudale di Matera all’inizio del Cinquecento è celebre in quanto diede chiaramente il segno di un’inquietudine sociale abbastanza diffusa, anche se ancora piuttosto latente, nella città murgiana. Quando si trattava, infatti, di sottrarsi al peso baronale, il passaggio al Regio Demanio significava per l’Università sostituirsi al barone nel versamento alla Corona del prezzo richiesto. Diventava "Città Regia" solo quella città che comprava se stessa, cioè si impegnava a versare allo Stato la somma del proprio riscatto, che altrimenti sarebbe stata versata ad altri, con la perpetuazione del dominio feudale su di essa
Quando, però, alla fine del XV secolo il re le assegnò il nuovo signore, e cioè il napoletano Giancarlo Tramontano, che non poteva vantare né il prestigio degli Orsini, precedenti feudatari di Matera, né altre eventuali caratteristiche che in qualche modo attenuassero la sua estraneità all’ambiente locale, forte fu l’ostilità dei materani non disposti alla reinfeudazione della città. 
Il Tramontano, banchiere ed esponente della nuova “borghesia loricata”, cioè un borghese conte e non un vero e proprio barone, a Matera continuò a svolgere le sue attività commerciali suscitando le apprensioni degli imprenditori locali, che temevano di essere schiacciati da un concorrente così facoltoso. In più appariva molto esigente, pretendendo dalla popolazione materana il concorso in ore lavorative per la costruzione in loco di un immenso e massiccio castello-fortezza. Ad un’ennesima imposizione fiscale del conte, indebitatosi oltre modo con un mercante catalano, il popolo materano rispose con la rivolta. Erano i giorni successivi al Natale del 1514. Il conte fu assalito e travolto mentre usciva dalla Cattedrale ed abbattuto nella via adiacente, che ancora oggi si chiama “Via del Riscatto”. Tutta la città ottenne, non molto tempo dopo, un indulto generale che riconosceva ancor di più il valore di quell’atto di resistenza popolare contro il domino baronale.
L’esosità baronale fu però in pratica sostituita da quella regale, così come scrive Winspeare:

“Il governo viceregnale, tosto che vide un numero considerevole di città demaniali, la vendita delle quali offriva al fisco una speculazione più utile della fede e dell’osservanza del contratto, propose e fece approvare il progetto di rivenderle per l’urgenza della cosa pubblica” (D. WINSPEARE, Storia degli abusi feudali, Napoli, Regina, 1883, p. 24).

Matera fu vittima di tale espediente e, non volendo più accettare il dominio feudale, pagò essa stessa più volte il prezzo del riscatto, raccogliendo la somma necessaria a comprarsi per mezzo di contribuzioni ordinarie e straordinarie sui beni di consumo.
Sappiamo che la città comperò se stessa nel 1577, e nel 1582 fu in grado di ridurre le gabelle supplementari cui era ricorsa per racimolare la somma del riscatto.
Dall’ottenuta demanialità del territorio materano, derivava un aumentato prestigio alla classe alta della città ed una sufficiente autonomia: le terre prima amministrate dal barone erano sottoposte ad un’amministrazione universale controllata dai benestanti; da quei cittadini cioè che, proprietari di grossi armenti, erano più interessati al mantenimento del pascolo. Mantenere Matera al Regio Demanio fu quindi precisa volontà del ceto dei possidenti.


BIBLIOGRAFIA: R. GIURA LONGO, I beni ecclesiastici nella storia economica di Matera, Matera, Montemurro Editori, 1961; C. ROSIELLO, Matera spagnola: i luoghi del potere tra descrizioni e nuovi percorsi storiografici, in C. CREMONINI-E. RIVA (a cura di), Il Seicento allo specchio, Roma, Bulzoni Editore, 2011.

giovedì 12 aprile 2018

La Basilicata contemporanea. 20. La nascita della Banca d'Italia secondo Salvatore Lardino (Rossella Romaniello)

Nel convegno del giorno 24 marzo 2017 presso l’Università degli studi della Basilicata, polo del Francioso, a 60 anni dalla storica firma dei trattati di Roma, il 25 marzo 1957, di cui siamo occupati la settimana scorso, notevolissimo è stato l’intervento del prof. Salvatore Lardino, che verte intorno alla genesi formativa della Banca d’Italia, partendo dalla grande sensibilità storica, che a suo avviso l’ha sempre contraddistinta. Quest’ultima di fatto, è sempre stata attenta alla dimensione storica e conserva attraverso molte collane (tra cui le ultime pubblicate dalla Laterza nel 1992 e successivamente dalla Marsilio), la migliore storiografia nazionale e internazionale. Tutto ciò va sottolineato soprattutto perché anche in Basilicata, nonostante tale istituzione fosse assorta in problemi tecnico-finanziari, i suoi uffici hanno sempre mantenuto un alto spessore e interesse storico rispetto a molte altre istituzioni. Interessante è la citazione di un grande storico-economico italiano, Carlo Maria Cipolla, il quale, introducendo uno dei volumi della Banca d’Italia, delinea in linea generale identità e funzioni di una banca centrale, connotandola non nella sua fissità ma nel suo divenire. La banca d’Italia infatti non va intesa come un istituto obsoleto, ancorato ai suoi principi. Cipolla asserisce che le origini della banca“ si perdono nella notte dei tempi” ma non così quelle delle banche centrali. La loro storia si evolve negli ultimi tre secoli dell’età moderno-contemporanea: banca centrale di Svezia 1668, banca centrale d’Inghilterra 1694, banca centrale di Francia 1800, banca d’Olanda 1814, banca austriaca 1817, banca del Belgio 1850, banca di Germania 1875, banca del Giappone 1882, banca d’Italia 1893, Federal Reserve System degli Stati uniti 1913.
Nonostante queste precise datazioni, Cipolla precisa che le banche centrali non nascono come istituzioni compiute e definite come oggi le conosciamo, bensì è un organismo che si sviluppò nel corso del tempo acquisendo funzioni, competenze e fisionomie nuove sempre più complesse, instaurando relazioni col resto del sistema bancario finanziario, con il potere politico e con il sistema economico. 
Lo sviluppo progressivo appena descritto è stato analizzato nel particolare da Lardino relativamente alla nostra banca d’Italia, partendo dalla sua relazione con la situazione preunitaria che caratterizzò il nostro territorio. Solitamente i libri di testo riportano erroneamente l’esistenza di sei banche di emissione all’epoca; in realtà erano in numero minore. Al nord: la banca degli stati sardi che si evolse nella banca nazionale del Regno di Sardegna e poi nel Banco Nazionale del Regno d’Italia nel 1849 fondendo la banca di Genova col Banco di Torino, la Toscana presentava la banca nazionale toscana nata nel ’57 ed erede della banca di sconto sviluppatasi negli anni 1817- 1826, lo Stato Pontificio aveva la propria banca di emissione nata nel 1833 (assorbendo anche la banca delle Quattro Legazioni) divenuta dal ’70 Banca Romana, nel meridione esisteva il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia.
Nel 1863 si aggiunse la Banca Toscana di credito per l’industria e il commercio, nel momento in cui Firenze, con la Convenzione di Volterra, diviene capitale d’Italia e molti degli interessi si spostano nei suoi territori. 
In genale in quegli anni era comune in tutto il territorio nazionale, lo scarso uso della banconota, difatti fino al 1866 la moneta metallica costituiva il 90% del denaro in circolazione.
L’emissione di banconote in lire nasceva il 24 Agosto 1862 mediante la Legge Pepoli, con non poche problematiche come il superamento del mono-metallismo / bi-metallismo o anche nella scelta del regime da utilizzare, se decimale o altro. 
 Già nel momento dell’Unità Cavour, aveva in mente l’idea di una Banca unica, prefigurava la nascita di una banca Nazionale del Regno d’Italia che fosse la sola emissaria di banconote e che determinasse quindi l’esautorazione del potere di emissione da parte degli altri istituti bancari. Tale progetto fu ostacolato dagli istituti bancari locali e dalla scuola liberale facente capo a Francesco Ferrara che non accettava un regime di monopolio da parte di un'unica banca per quanto concerne l’emissione. Nel 1863-’65 ci furono altri tentativi di Minghetti e Quintino Sella di fondere la Banca Nazionale con quella Toscana, ma tale unità non si raggiunse. Marco Ovato, un eccellente storico- economico che varie volte ha delineato il sistemi di emissione e i sistemi bancari in genere, afferma che quella fu la prima occasione che andò perduta di unificare i sistemi di emissione.
Nel 1866 il ministro Antonio Scialoia propose all’approvazione del Parlamento l’introduzione del “corso forzoso”( non convertibilità della moneta in oro) per venir meno al presupposto vigente di equiparare il valore della moneta ad un quantitativo di oro. Questo provvedimento, di conseguenza, portò ad un aumento della circolazione cartacea rispetto alla circolazione metallica.
Nel 1874 ci fu il primo tentativo fallimentare di giungere ad una razionalizzazione del sistema di emissione con la storica bozza “Minghetti- Finali” che propose un consorzio tra le banche di emissione.
In realtà la possibilità plurima di avere più banche di emissione non era un vero aspetto negativo. Infatti, un grosso economista, afferma che la scarsa diffusione di depositi bancari determinava il fatto che la fonte principale di risorse, per effettuare il credito bancario, fosse costituita proprio dall’emissione di banconote: sostanzialmente, accettando le banconote, il pubblico faceva credito agli istituti di emissione e quindi questi ultimi potevano dar credito ai propri clienti.
Soltanto negli anni ’70 iniziavano ad affermarsi banche di non emissione come il credito mobiliare e la banca generale di livello nazionale ma con contatti internazionali. In questo quadro gli istituti di emissione svolsero un ruolo importante nello sconto di cambiali, nel finanziamento della produzione e dell’investimento, la lotta all’usura, la monetizzazione dell’economia italiana.
La storia ci dimostra che ci fu un tentativo di abolizione del corso forzoso negli anni del decollo economico-industriale dell’Italia, nel 1881-’83, che però durò solo fino al 1887 a causa della bolla speculativa per la proliferazione edilizia di Roma Capitale e per una crisi dei campi. In seguito la crisi del 1892 porta alla presentazione in Parlamento della relazione Alvisi-Biagini (di cui ne furono promotore il deputato siciliano Napoleone Colaianni e il collega Gamazzi) che era stata segretamente commissionata dal governo per capire quali fossero le condizioni della Banca Romana che appariva molto in dissesto. Tale relazione illuminò su questo evento tristemente noto come “scandalo della Banca Romana” che vide clandestinamente la stampa di 9 milioni di lire e l’eccedenza abusiva di 25 milioni di lire nella circolazione cartacea. Da tale episodio emerse la responsabilità di tre governi (Crispi, Rudinì, Giolitti) accomunati tutti da un tipico finanziamento illecito dei partiti politici, avevano sfruttato questo istituto per finanziare le proprie campagne elettorali. L’unificazione bancaria che tante volte si tentò di ottenere, si raggiunse quindi ,solo forzatamente in un momento di crisi come era stato quello appena descritto; perciò il 10 Agosto 1893 con la legge bancaria n°449 si istituì la Banca d’Italia che assorbì la banca nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di credito e la Banca Romana che però fu messa in liquidazione. Il banco di Sicilia e il Banco di Napoli continuarono ad avere potere di emissione, videro invariate le loro prerogative.
Infine non va tralasciato, che il vero salto di qualità la Banca d’Italia non lo fece con i suoi primi direttori ( Grillo e Marchioni) ma con un grande economista, Bonaldo Stringher, che ne fu direttore per ben ventotto anni e poi governatore dal 1928 al 1930 quando tale figura fu istituita. Il prestigio della Banca d’Italia crebbe notevolmente con lui, venne istituito un sistema bancario misto, fu fondamentale il sostegno di tale organismo nel superamento della crisi nel 1907 e nel 1926, con due importanti decreti, ottenne l’esclusiva dell’emissione (anche le banche meridionali vennero quindi estromesse da tale possibilità). Inoltre, sempre nel ’26, il decreto n° 1830 affida alla Banca d’Italia la vigilanza sulle casse di risparmio che più compiutamente sarà recepita con la legge bancaria del 1936 la quale: la rese istituto di diritto pubblico (con un ridimensionamento netto del capitale privato) e detentrice dell’emissione in esclusiva.
In conclusione, citando un studio sulla Banca d’Italia (2010) di Giampiero Cama, risulta importante un passo ripreso dall’economista James Tobin "Nulla è più politico della moneta", che probabilmente può essere capace di renderci consapevoli di quanto la moneta e quindi la Banca d’Italia, sia fortemente calata nel politico. Difatti, spesso ha avuto un ruolo di supplenza politica, soprattutto nel passaggio tra le due guerre mondiali (basti pensare alle presidenze Enaudi e Ciampi, personalità provenienti dalla Banca d’Italia). 
La banca d’Italia ancora oggi ha questo importante compito, accompagna lo sviluppo economico, la stabilità democratica, la modernizzazione, il progresso civile del nostro Paese, connotandosi come uno degli istituti che meglio difende tali prerogative. Compito di recente assorbito dalla Banca d’Italia è promuovere la scrittura di regole in un capitalismo maturo, che devono oltrepassare il “medioevalismo” e ammodernarsi per meglio rispondere allo sviluppo economico.

giovedì 5 aprile 2018

La Basilicata contemporanea. 19. La Basilicata e un convegno sull'Euro (Marina Corsini-Martina Summa)


Lo scorso venerdì 24 Marzo, nella sede di Potenza dell’Università degli Studi della Basilicata, in Via Nazario Sauro, si è tenuto il convegno L’Europa in mano per celebrare i sessanta anni dei Trattati di Roma. Questi furono trattati istitutivi della CEE (Comunità Economica Europea) firmati a Roma nella sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio il 25 Marzo 1957. A firmarli furono i cosiddetti “sei Paesi fondatori”: Italia, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Essi furono la pietra angolare del cammino di quella che all’inizio degli anni Novanta sarà poi denominata UE (Unione Europea).
La giornata si è aperta con i saluti del prorettore vicario dell’UNIBAS Michele Perniola, portando i saluti della rettrice Aurelia Sole impegnata, lo stesso giorno, nelle sedi universitarie di Matera. I ringraziamenti sono stati estesi, dallo stesso, ai promotori di questa giornata: al Professore Antonio Lerra; docente UNIBAS e presidente Deputazione Lucana di Storia Patria, alla filiale di Potenza della Banca d’Italia e alla stessa Università degli Studi della Basilicata. Dopo una breve riflessione sull’importanza dell’Europa nel corso della storia e nel presente dell’Italia, la parola è stata passata a Giancarlo Fasano direttore della filiale potentina della Banca d’Italia dal 2010. Fasano, ringraziando alcuni rappresentanti della stessa filiale, ha introdotto l’importanza economica dell’Unione Europea collegando questo saluto introduttivo a quelli che sono stati poi gli interventi sulla storia della filiale di Potenza di Raffaella Di Donato e le caratteristiche della nuova banconota da 50 euro della serie Europa di Michela D’Atena. La celebrazione potentina è stata affiancata, così come ricordato dallo stesso Fasano, da un’esposizione interattiva: “La Banconota delle idee” organizzata dalla Banca d’Italia a Roma e inaugurata il pomeriggio del 24 marzo.
Infine gli ultimi saluti sono stati portati da Debora Infante, Dirigente Ambito Territoriale di Potenza - Ufficio Scolastico Regionale per la Basilicata. Il suo saluto introduttivo ha voluto sottolineare l’importanza dell’internazionalizzazione in ambiente scolastico riferendosi esplicitamente alle parole di Mattarella durante le Celebrazioni a Camere riunite per i sessanta anni dalla firma dei Trattati di Roma; ovvero:” Oggi l’Europa appare quasi ripiegata su sé stessa. Spesso consapevole, nei suoi vertici, dei passi da compiere, eppure incerta sull’intraprendere la rotta. Come ieri, c’è bisogno di visioni lungimiranti, con la capacità di sperimentare percorsi ulteriori e coraggiosi.” Con queste parole il Capo di Stato, così come la Dottoressa Infante ha detto, si riferisce al coraggio e alle capacità dei giovani per portare avanti questa unità a livello europeo. Riportando dati numerici, ha evidenziato un processo di internazionalizzazione che si sta portando avanti negli ambienti di formazione dei giovani, sia con incontri a scuola sia con formazione di docenti all’estero e condivisione di modelli didattici differenti; per di più l’attenzione è stata posta anche sulla mobilità degli studenti grazie ai progetti Erasmus. Tutto ciò garantisce la formazione di generazioni di giovani capaci di sentirsi all’interno di una unità europea e di mantenere coesa l’Europa stessa.
Dopo questi saluti iniziali e l’inquadramento degli argomenti dello stesso convegno la parola è passata, con le proprie relazioni, ai professori: Antonio Lerra (Università degli Studi della Basilicata, Presidente Deputazione Lucana di Storia Patria), Salvatore Lardino (Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Presidente Comitato di Potenza), Raffaella Di Donato (Banca d’Italia – Filiale di Potenza), Michela D’Atena (Banca d’Italia – Filiale di Potenza) e Donato Verrastro (Università degli Studi della Basilicata).

Interessante è stato proprio l’intervento della dott.ssa Michela D’Atena che ha illustrato il design e le caratteristiche tecniche di sicurezza del nuovo biglietto da €50.
Nel 2017, oltre ai 60 anni dalla stipula dei trattati di Roma, ricorre anche un altro anniversario, ovvero i 15 anni dall’introduzione dell’Euro, moneta che ormai fa parte della nostra vita dal 1 gennaio 2002 ed è attualmente la moneta ufficiale e legale di circa 335 milioni di cittadini, di diciannove dei ventotto paesi che costituiscono l’Unione Europea. E’ sicuramente il simbolo più tangibile dell’eurozona ma è anche un importante segno dell’identità culturale del nostro continente. 
Nella grafica delle banconote, sono presenti simboli dell’appartenenza ad una stessa civiltà, come la presenza delle stelle che sono simbolo degli ideali di coesione e di solidarietà dei cittadini. 
La D'Atena ha fatto notare che sul fronte delle banconote non sono presenti monumenti esistenti, ma elementi architettonici come portali, finestre e archi, tipici di sette stili che hanno caratterizzato l’Unione Europea, a partire dai €5 sulla quale è rappresentata un’architettura classica, segue la banconota da €10 con un’architettura romanica, la banconota da €20 con un’architettura gotica, quella da €50 che riporta un’architettura rinascimentale e le banconote da €100, €200 e €500 che raffigurano rispettivamente un’architettura barocca e rococò, un’architettura ottocentesca e per finire un’architettura novecentesca, mentre sul retro di ogni banconota è sempre raffigurato un ponte, simbolo di unione tra popoli diversi.
Il riferimento alle comuni origini culturali della civiltà europea è ancora più evidente nella nuova serie delle banconote dove vi è rappresentato il volto della figura mitologica di Europa, tratta da un vaso risalente a oltre 2000 anni fa ritrovato a Taranto. 
L’Euro è la moneta legale dell’eurozona emessa dalla BCE (Banca Centrale Europea) ed è proprio questa che, grazie al trattato dell’Unione Europea, ha l’autorizzazione di emettere le banconote all’interno delle singole banche nazionali centrali, che si occupano non solo della produzione e della circolazione delle banconote, ma seguono tutto il ciclo del contante compreso il ritiro delle banconote che non rispondono più a delle particolari qualità e che vengono restituite alle filiali della Banca d’Italia che provvederanno a distruggerle. 
Ogni banca funzionale si occupa della produzione di alcuni pezzi della banconota, come nel caso della Banca d’Italia che stampa i biglietti da €20 e €50. 
Tutto il processo di produzione delle banconote avviene in quarantacinque giorni nei quali si susseguono diverse tecniche di stampa, come la stampa cartografica, la stampa tipografica, l’applicazione a caldo di elementi olografici ecc. e tutto avviene in maniera automatizzata grazie alle macchine e l’unico compito dell’uomo è quello di presidiare alcuni momenti e processi di verifica e controllo. Le banconote circolanti attualmente sono oltre 18 miliardi e di queste il 45% viene rappresentato proprio dalle banconote da €50. 
Un fenomeno che purtroppo caratterizza gran parte dell’Europa da diversi anni è la falsificazione delle banconote: nel 2016 infatti sono state intercettate a livello europeo oltre 153 mila banconote false, in modo particolare in Francia, Italia, Germania e Spagna ed i biglietti più contraffatti sono risultati quelli da €20 e €50. In Italia, oltre il 79% dei biglietti falsi è attribuibile a delle stamperie dette “Napoli Group” che hanno sede nella zona di Napoli e dintorni; una statistica ci mostra che le regioni dove circolano il maggior numero di biglietti falsi sono Lombardia, Lazio e Campania. 
Dopo questa introduzione, la Dott.ssa D’Atena ci ha mostrato, attraverso alcune immagini, le caratteristiche della nuova banconota da €50.
La nuova serie di banconote è stata introdotta per la prima volta nel 2013 con il biglietto da €5, nel 2014 fu introdotto il nuovo biglietto da €10, nel 2015 quello da €20 e il 4 aprile 2017 entrerà in circolazione la nuova banconota da €50, come abbiamo già ricordato. 
Sono in fase di sviluppo le banconote da €100 e €200 che entreranno in circolazione presumibilmente verso la fine del 2018; è stato deciso che la seconda serie non comprenderà il taglio da €500, in considerazione dei timori che questa banconota possa agevolare attività illecite. Le nuove banconote in Euro presentano: gli stessi disegni della prima serie ispirati agli stessi stili architettonici, gli stessi colori ma molto più accentuati e vivi, conservano le stesse dimensioni delle precedenti ma la carta utilizzata ha una particolare consistenza e sonorità.
Nella progettazione delle nuove banconote si è tenuto conto del fatto che dal 2002 altri paesi sono entrati a far parte dell’Unione Europea, infatti ora la carta dell’Europa mostra anche Malta e Cipro e la scritta “Euro” compare in caratteri cirillici, oltre che latini e greci, così come l’acronimo della BCE è riportato in dieci varianti linguistiche anziché cinque. 
Sono stati inseriti degli elementi di sicurezza che rendono queste banconote meno falsificabili e più facilmente riconoscibili, come il fatto che l’immagine principale, le iscrizioni e la cifra di grande dimensione indicante il valore sono stampate in rilievo.
Lungo i margini destro e sinistro della banconota sono stati inseriti una serie di trattini in rilievo realizzati con una particolare tecnica tipografica chiamata calcografia, che variano da banconota a banconota avente valore diverso e consentono anche alle persone non vedenti di poter distinguere il valore del taglio.
Tra le novità vi è l’introduzione di una filigrana che è possibile vedere solo guardando la banconota in controluce nel quale si può scorgere il ritratto sfumato di Europa.
Il francobollo presente nella prima serie delle banconote è stato sostituito da un ologramma, anch’esso visibile soltanto in controluce, nel quale si riconoscono la cifra del valore e una finestra con il ritratto di Europa. Anche il numero verde smeraldo posto in basso a sinistra produce l’effetto di una luce che si sposta in senso verticale e inoltre il colore cambia passando da verde smeraldo a blu scuro. In alcune aree della banconota sono state inserite delle sottili iscrizioni: questa micro scrittura diventa leggibile solo attraverso una lente di ingrandimento, come ad esempio la parola “Euro” inserita più volte nelle stelle presenti sopra il portale e sopra il capitello della colonna. Altri elementi di sicurezza sono visibili esclusivamente con delle attrezzature in dotazione alle banche, come delle lampade a luce ultravioletta oppure sotto una luce a infrarossi. 
La nuova banconota da €50, come i tagli della serie “Europa” già emessi, circola insieme ai biglietti della prima serie, che continuano ad avere corso legale.