lunedì 18 novembre 2013

Lo Ionio a fine Settecento: alcuni cenni

Le città che si affacciavano sullo Ionio presentavano, nel Settecento, caratteri piuttosto consimili. Centri agricoli, connotati da scarsa densità demografica e da un‟economia agricolopastorale al limite della sussistenza, erano state interessate, nel corso del secolo, da profondi rinnovamenti socio-economici, con ascesa, più o meno evidente, di un nuovo gruppo di ceti urbani di tipo agrario o “protoborghese” che aveva finito per rimodellare non solo il tessuto urbano, con la costruzione di numerose case palazziate, ma anche, e soprattutto, il tessuto socio-politico, con il ritorno, da Napoli, di numerosi giovani studenti portatori delle novità della capitale e dei riflessi delle tensioni europee.
Dal punto di vista demografico e delle funzioni urbane, risulta utile suddividere i centri ionici, compresa Bernalda, in due macrocategorie: centri maggiori, come Bernalda, Montalbano e Pisticci, connotati da notevole espansione territoriale e aventi funzione di raccordo economico- istituzionale con il territorio circostante, e centri minori, come Ischinzana (Scanzano) e Policoro, con connotazione di casali rurali, nei quali i processi evolutivi urbani e socio-economici erano ancora, fondamentalmente, arretrati, pur essendo tali casali integrati nella rete ionica, che, fondamentalmente, era un reticolato urbano a maglie larghe e con funzione prevalentemente di raccordo tra Calabria e province pugliesi.
si trattava di un‟area di centri agricoli, con scarsissima densità demografica e con un‟economia agricolo-pastorale basata sulla sussistenza, interessati, comunque, nel corso del Settecento, da rilevanti modificazioni del tessuto socio-economico, con l‟ascesa, più o meno evidente, di nuovi ceti urbani cresciuti, il più delle volte, come in altri centri basilicatesi, all'ombra del feudo o della proprietà ecclesiastica. Questa serie concomitante di fattori aveva, di fatto, rimodellato non solo il tessuto urbano, con la costruzione di numerose case palazziate, ma anche, e soprattutto, il tessuto socio-politico, anche grazie all‟immissione nei ruoli dirigenti di numerosi giovani studenti portatori delle novità della capitale e dei riflessi delle tensioni europee.

venerdì 8 novembre 2013

Matera. 6. I vescovi di Acerenza e Matera in età moderna

Nome
Periodo di governo
Provenienza
Carriera
Nominato dal Papa
Vincenzo Palmieri
14 marzo 1483-30 luglio 1518
Napoli
-
Sisto IV
Andrea
Matteo
Palmieri
3 agosto 1518-1528
Napoli
Cardinale
Leone X
Francesco Palmieri
21 agosto 1528-agosto 1530
Napoli
“postulato” da Carlo V
Clemente VII
Giovanni Michele
Saraceno
3 luglio 1531-1556
Napoli
Cardinale e governatore di Roma
Clemente VII
Sigismondo Saraceno
20 febbraio 1557-7 gennaio 1585
Napoli
Morte improvvisa
Paolo IV
Francesco Antonio Santorio
28 luglio 1586-28 agosto 1588
Caserta
Morte improvvisa
Sisto V
Francisco de Avellaneda
30 gennaio 1591-3 ottobre 1591
Portogallo
“postulato” da Filippo II
Gregorio XIV

1591-1593
Vacatio sedis
Scipione
de Tolfa
20 dicembre 1593-24 febbraio 1595
Napoli
-
Clemente VIII
Juan
De Myra
11 marzo 1596-3 dicembre 1600
Barcellona
già istitutore dei figli del Viceré Juan de Zunica conte di Miranda
Clemente VIII
-
1600-1605
Vacatio sedis. Filippo III postulò prima il vescovo di Acerra e poi il vescovo di Trani, ma entrambi morirono prima del trasferimento
-
Giuseppe
De Rossi
12 settembre 1605-5 febbraio 1610
L’Aquila
“postulato” da Filippo III
Paolo V
Giovanni Spilla
11 gennaio 1611-20 settembre 1619
Alcantara
Lettore all’Accademia di Salamanca

Paolo V
Fabrizio
Antinori
11 gennaio 1622-2 novembre 1630
Napoli
Cappellano di Filippo III
Paolo V
Domenico Spinola
2 novembre 1630-2 dicembre 1636
Napoli
Cardinale
Urbano VIII
Simone
 Carafa della Roccella
6 agosto 1638-18 settembre 1647
Napoli
Teatino; cardinale
Urbano VIII
Giovanni Battista
Spinola
18 maggio 1648-1665
Napoli
Postulato da Filippo IV; poi cardinale di Genova
Innocenzo X
Vincenzo Lanfranchi
7 dicembre 1665-1676
Trivento
Teatino
Alessandro VII
Antonio
De Los Ryos y Culminarez
14 marzo 1678-aprile 1702
Spagna
-
Innocenzo XI
Antonio
Maria
Brancaccio
4 giugno 1703-1722
-
Teatino
Clemente XI

Nostra elaborazione da: F. Ughelli, Italia Sacra sive de episcopis Italiae et insularum adiacentium, Venetiis, apud Sebastianum Coleti, MDCCXXI, t. VII, pp.15-57; G. Lettini, Acerenza e i suoi Vescovi, Palazzo San Gervasio, Litografia A. Manuzio, 2001, pp. 90-126.

venerdì 1 novembre 2013

Onofrio Tataranni. 2. Brieve Memoria sull'educazione nazionale della nobile gioventù guerriera (1790)

BRIEVE MEMORIA
SULL’EDUCAZIONE NAZIONALE
DELLA NOBILE
GIOVENTÙ GUERRIERA
UMILIATA
ALLA MAESTÀ
DI FERDINANDO IV
RE DELLE DUE SICILIE
Dal Fedelissimo e Ossequiosissimo Suddito
IL CANONICO ONOFRIO TATARANNI.
Non vanam fucatam, sed veram utilem
Et frictiferam philosophiam sectamur.


NAPOLI
1790.
SIRE

Tra la moltitudine de’ Principi, che hanno tenuto nelle loro mani il destino de’ Popoli, e che hanno portato altresì nella storia generale il famoso nome di GRANDI, ben pochi se ne contano di Coloro, i quali abbiano riguardate, come il più degno oggetto delle loro cure, quelle Opere Pubbliche, che sole avrebbero potuto tramandarne alla posterità degli ubertosi utilissimi frutti. Avidi quasi tutti di un evento, quanto pronto, altrettanto fugace, si sino sempre contentati di preferire la gloria di un solo momento a una gloria solida e durevole: e questa sì vana e mal ideata illusione non gli ha fatti occupare pel corso della loro vita in oggetti, co i quali l’utilità pubblica si fosse stesa al dilà de’ confini de’ loro Regni. Grazia oggi a i lumi del Secolo che la Giustizia, e l’Umanità abbiano formati de’ veri Principi; e che queste due eccelse Virtù, unite allo spirito Cittadinesco abbiano prodotti i Padri della Patria, e renduti contemporaneamente i Principi, e i Sudditi contenti e felici.
La Vostra Sovrana Instancabile Sollecitudine, o Sire, ce ne presenta una delle più chiare e manifeste pruove sull’Educazione di questa Nobile Gioventù Guerriera, avendo Voi avuto unicamente in mira di sbarbicare in essa i vani pregiudizj; di dare alle importanti verità quella forza, che tanto è necessaria alla ragione medesima; di quasi regenerarla col renderla conforme alla Natura, e alle Leggi dell’Ordine, de’ Buoni Costumi, e dell’utilità avvenire; di creare, per così dire, in essa de’ nuovi Uomini, de’ nuovi Cittadini, i quali avessero saputo inspirare alla presente età, e tramandare alla futura i sinceri principj dell’onesto, e del giusto, ed ergere finalmente un Santuario per l’Umanità, a solo fine di darsi ed ora e sempre i veri e fedeli Figli dello Stato, degni di servirlo in qualsisia utile e gloriosa intrapresa, ed essere giovevoli a tutte le Classi della Società: sentimenti, tutti proprj del Vostro Real Animo, e che degnamente corrispondono al Vostro Benefico Genio. Or, se Voi, come Padre, Fondatore, ed Eroe insieme la guidate per le rette vie dell’amore, e del dovere, l’illuminate e la sostenete, Essa, per fecondare tale Vostra Sovrana Beneficenza, dee dunque di tutto punto impegnarsi, non solamente ad acquistare una giusta e proporzionata conoscenza di quelle massime, che convengono al suo nobile marziale carattere; ma in oltre a praticarle costantemente, per divenirne in ogni tempo ILLUMINATA e VIRTUOSA.
L’esperienza di tutt’i secoli, e di tutt’i Governi ha provato, e tuttavia prova che, se i Lumi non sono uniti a un fondo di Virtù, e di Buoni Costumi, succhiati col latte, e fortificati dal buon esempio, faranno essi più tosto perniciosi, che utili a coloro, i quali credono di ben possederli. Gli Uomini sol tanto illuminati non sono de’ migliori Sudditi e Cittadini, se non che anzi quei che cagionano negli Stati de’ grandi disordini; e non è poco, quando non uniscano la mala fede alla cattiva condotta, e al libertinaggio. Quindi, per guarirsi i mali presenti, e scansarsene i futuri, bisogna che si abbia un’Educazione, conforme alla Natura, alla Ragione, e alla diversità de’ gusti, de’ talenti, e delle passioni, fondata su massime semplici e vere, e che vada sempre di concerto col sistema generale della felicità nazionale; bisogna che si rimonti a i principj fondamentali delle cose; che si mettano in chiaro aspetto la bontà morale delle originarie azioni, le virtù umane e cittadinesche, il buon esempio, l’amore del travaglio, e tutte le conoscenze, relative all’età, all’inclinazione naturale, e allo sviluppamento delle facoltà fisiche e morali.
Sire: Quell’Educazione, che oggi comunemente si vanta, è fortuita e arbitraria. Diretta da due Potenze, opposte tra loro d’interessi, difforma dappertutto l’Uomo Naturale, e l’Uomo Sociale. La vera e buona non lede le Leggi della Natura, e della Giustizia, i Diritti de’ Popoli, e delle Nazioni. Essa fa sol tanto vedere che la semplice verità, e’l puro amore del bene si presentano per ogni dove sotto i medesimi colori; e che tutt’i pensamenti degli Uomini hanno, come debbono avere in ciò, un comune alfabeto. Al contrario poi, quando l’Educazione è animata da un interesse esclusivo, o personale, o nazionale, dà a conoscere un possedimento di beni, rapiti dalla violenza e dalla forza, e infinitamente nocivo all’Umanità. Si aprano gli Archivj del Mondo; si trascorrano gli Annali, e i Fasti delle Nazioni, e Voi, Sire, osserverete d’essere nate le generali e le particolari rivoluzioni da questo perniciosissimo principio. Per uscirli dunque dal vortice di sì gravi pregiudizj, e di sì dannevoli opinioni, io vengo, qual zelante e fedele Suddito ad umiliare al Vostro Real Trono una brieve Memoria sulla vera e naturale guida della Gioventù Guerriera, cioè a dire, su tutto ciò, che sia degno dell’applicazione di un Essere Ragionevole, e di quanto vi sia di più interessante per l’Uomo, e per la Società. Offerendovi questo tributo di mio rispettoso ossequio, io non fo altro che rendervi ciò, che è tutto Vostro, e che immediatamente vi appartiene. Intendo benissimo che l’importanza dell’oggetto esige delle cognizioni infinitamente più estese delle mie; ma la sicura fiducia, che ho nella Vostra Sovrana Bontà, mi dà tutto il coraggio di umiliarvele quali mai esse ne sieno.
Egli è fuor d’ogni dubbio che le azioni degli Uomini, i quali vivono in Società, sono regolate mai sempre o da i bisogni della Natura, o dalle Leggi Positive del Governo, o da quelle della Religione. Or si supponga per un istante che tali leggi non vi sieno state, né vi sieno, non potranno gli Uomini dispensarli da certi interni lumi, che abbiano talmente rapporto a sì fatte regole di Umana e Divina Istituzione, onde possano conoscere quanto sia necessario e utile lo stabilimento delle medesime. È indispensabile però che di per se stessi se ne ricerchino di tali lumi, e rapporti la prima traccia, per formarne l’idea più semplice e più pura. Raccogliendosi dunque essi nell’interiore de’ loro proprj pensieri, scorgeranno che tutte le loro idee, e le loro azioni vengano determinate o da impressioni puramente fisiche, e quasi involontarie, o dal sentimento di ciò, che conviene, o non conviene alla natura del loro Essere, o da quella serie di riflessioni, alle quali l’esperienza e l’usanza hanno data gran forza ed energia, o finalmente dall’influenza di quelle molle invisibili della Religione, che operano in secreto sulle coscienze. Quindi la Scienza de’ mezzi, che li possono bastantemente assicurare dell’imperio sulle loro facoltà fisiche e morali; la conoscenza degli abiti, proprj a perfezionare il loro buon Essere, e a condurli allo stato più costante e più felice, formeranno in essi quell’istinto morale della Natura, e della Religione, che loro dice, e dirà sempre: ECCO LA MIA REGOLA, VOI NON POTRETE ESSERE FORTUNATI, CHE A QUESTA NECESSARIA CONDIZIONE.
Da tali interni principj mi sarà ora ben facile il dedurne che, se vi sono delle impressioni fisiche assolutamente inevitabili, ve ne sono però moltissime, che dipendono dall’Uomo nel moderarle, nel debilitarle, nel dirigerle, e forse nell’annientarle; purché esse non ne abbiano acquistato su lui un estremo potere e dominio. Vi è certamente nell’Uomo una retta maniera di vivere, di nutrirsi, e di disporre del tempo, degli esercizj, del travaglio, la quale dà, o toglie alle impressioni puramente fisiche più o meno d’influenza, e di vigore. Vi è senza dubbio nell’Uomo una guida sicura, la quale, riconoscendo dalla Natura la sua modificazione essenziale, e non avendo niente di servile, trova egli in essa un sostegno, necessario alla sua debolezza, senza cui una penosa inquietudine turberebbe le sue dolci e oneste affezioni. Tutta la Morale farebbe in esso UN SENTIMENTO, E UNA GRATA PROPENSIONE, che ‘l condurebbero senza sforzo a seguire tutte le ispirazioni della Natura, se i pregiudizj non avessero sedotte le sue affezioni naturali; e le tali affezioni, debilitare da i vizj, non fossero giunte a corrompere le sue idee, e ‘l suo giudizio. L’unico mezzo di rettificarle è quello di farne la distinzione più esatta e più precisa, e poi di paragonarle insieme. Quindi, dopo averle spogliate de’ loro rapporti fittizj, si può vedere con chiarezza quali ne sieno i loro rapporti naturali. Non altrimenti che in Chimica si giugne a conoscere i principj essenziali de’ corpi, dopo averli purgati, per quanto sia possibile, dalla mescolanza di tutte le parti eterogenee.
Non essendovi, Sire, chi possa mettere in dubbio tali manifeste verità, il primo passo di Coloro, che hanno la direzione dell’Educazione Militare, dovrà essere quello di far evitare con somma vigilanza ne’ Nobili Giovanetti i pericoli di un uso vizioso; d’insegnare ad essi l’arte del determinare la scelta delle loro azioni, per dirigerle, secondochè esigono il loro carattere, e la loro marziale condotta; di prescrivere in tutto a i medesimi certi giusti confini, onde tra essi sappiano combattere l’influenza de alcune prave impressioni fisiche, e impiegarne delle altre, che le cancellino, e le distruggano con felice successo; di assuefarli ad esercizj, più o meno penosi, per andarli disfacendo insensibilmente di quegli abiti di mollezza, de’ quali è molto difficile il difendersi: e con ciò eviteranno essi o il disgusto, e la noja di una sensazione, in apparenza gradevole, o la catena di un bisogno troppo imperioso. Il costume di farli astenere da certe cose per godere è il secreto d’una virtù primitiva e originaria; poiché la temperanza è quella che fa loro acquistare quella forza, quel coraggio, quella grandezza di animo, e tutti que’ sentimenti di giustizia e di generosità, che possono elevare il loro cuore, dare allo spirito dell’estensione, e disporre il loro marziale carattere all’Onore e alla Gloria. Di tutte le qualità dell’Uomo di Guerra la più ammirabile è l’elevazione de’ pensieri, e de’ sentimenti; siccome poi la minima esagerazione, o il più picciolo esteriore affettato ne la fa totalmente disparire. Lontanissima essa dall’orgoglio, e dalla vanità, ha per uno de’ suoi migliori pregj il non andare giammai in cerca di que’ vili e bassi omaggi di adulazione, che la deturpano, e la degradano.
Si faccia che essi Giovanetti procurino sulla bella prima di profittare della FISICA EDUCAZIONE, come quella, che tanto influisce sull’Educazione Morale; di non abusare delle loro forze fisiche; affinché quel particolare spostamento, che poi ne risulta, non indebolisca l’intera organizzazione della loro macchina, e in conseguenza la forza nazionale. Che sieno cauti e accorti ad abbandonare qualunque  travaglio, ed esercizio nel primo istante della loro stanchezza. Che avanzino in ciascun giorno qualche passo in più, a misura che ne sentano l’accrescimento del vigore; e così giungeranno sicuramente a quel termine, a cui non vi sarebbero giammai altrimenti giunti. L’una delle chiare pruove delle forze, delle quali l’Uomo è capace, quando però tale esercizio si è con gradi successivi a lungo tempo sostenuto, si osserva presso gli Antichi Atleti, e presso la cotidiana sperienza, che ce ne dà il minuto popolo, il quale fin dall’infanzia dirige a questo oggetto con estrema pazienza tutta l’energia de’ suoi muscoli, e tutta la maggiore flessibilità del suo corpo. Tra i tanti Esseri, che noi conosciamo, l’Uomo sol tanto è superiore a tutti, pel sistema generale della sua organizzazione, e per l’uso felice, che l’esperienza, e la società gli hanno insegnato a fare delle sue forze. L’estrema differenza, che si osserva tra ‘l crescere dell’Uomo, e quello di tutti gli altri animali, è sufficiente a risolverne il problema. Egli è di tutte le combinazioni organiche la più ingegnosa, la più complicata, la più perfetta, la più dilicata, e la più frale. La grande flessibilità, che conservano le sue fibre, durante una lunga infanzia, la progressione successiva, ma insensibile e lenta del suo accrescimento, il rendono proprio più di qualunque altro animale a riceverne delle differenti forme, e delle differenti modificazioni.
Sarebbe l’uno de’ principali vantaggi della Gioventù Guerriera l’avere dall’educazione tale forza di corpo, che la distingua dalle altre Classi della Società. Il vantaggio de’ secoli Eroici, ne’ quali si ammiravano gli Ercoli, e i Tesei, è per altro ben raro tra noi; sia che ‘l lusso, i costumi corrotti, gli alimenti velenosi ci snervino, e ci ammolliscano; sia che ciò facilmente accada per la negligenza, o per l’obblio degli esercizj del corpo, i quali erano in sì grande onore presso gli Antichi; sia finalmente che tale effetto pernicioso risulti dall’aggregato e dal concorso di tutte queste cause. È dunque a desiderarli, o Sire, che la Nobile Gioventù, appena che si conosca idonea a sostenere il peso della spada, si occupi tutta nell’esercizio delle armi, e non si abbassi ad oggetti, più tosto cuoriosi, che utili, la cui frivola conoscenza, destando l’ozio dell’infanzia, fa disprezzare la grand’arte del vincere. Con sentimenti così gloriosi un Alessandro Farnese, un Montecucoli, un Maresciallo di Sassonia ec. principiarono dalla tenera età a gettare i fondamenti della loro riputazione; a segnalare il loro valore; e a farsi vedere ben intesi, sotto la scorta de’ più celebri Uomini, di quel nobile principio della guerra, il quale produce quell’interno sentimento di forza, che i Grandi Guerrieri sono sol tanto capaci a destare. Sarebbe in oltre a desiderarsi che nell’istesso tempo, in cui vanno crescendo nella marziale Gioventù le qualità dell’animo, la decenza, il garbo esteriore, si addestri essa nella medesima proporzione alla scherma, alla lutta, al salto, all’equitazione, all’assuefazione del sudore, al nuoto, al freddo, al vento, alle variazioni de’ climi, all’intemperie delle stagioni, all’ardore del sole, ad allontanare da se ogni mollezza, a privarsi della soverchia quantità de’ vestimenti, dall’abbondanza del nutrimento, e della bevanda, a rendersi sana, agile e robusta, ad acquistare la tranquillità dello spirito, la costanza e l’intrepidezza nel seno de’ pericoli, e de’ disagi, ad apprendere in somma tutto ciò, che dovrà porre in opera un giorno, allorché sarà giunta a un’età matura, e dovrà impiegarsi nelle grandi operazioni della guerra. Coloro, che conoscono l’influenza del presente sull’avvenire, e i rapporti necessarj dell’infanzia alle successive età, tutt’altro veggono in tali esercizj, che i giuochi della fanciullaggine. Il fine della Ginnastica non consiste sol tanto nel dare alla Gioventù una ferma e vigorosa costituzione fisica; ma nell’inspirare ad essa il coraggio del cuore, aspettando che ne acquisti quello dello spirito.
Il tutto, Sire, dipende dall’ottima scelta di Coloro, che ne avranno la direzione. Se essi terranno una condotta savia e prudente con degli Allievi; se li dirigeranno con amore e affabilità; se li prepareranno alle grandi funzioni della Società, e relativamente alle diverse occupazioni de’ loro talenti naturali; se avranno la destrezza e l’arte di eccitare in loro la curiosità con alcuni nobili sentimenti di coraggio, gettati a proposito; se renderanno semplice ciò, che insegnano, e insinueranno loro sol tanto quel, che essi potranno conoscere per operare; se desteranno in loro soprattutto l’emulazione, e ‘l patriotismo, per sentire ciascuno di essi lo stimolo dell’Onore, e l’amore della Patria; se gl’ istruiranno a distinguere gli Uomini, non per la loro credenza, ma per le loro virtù, e a conoscere la differenza, che passa tra l’Uomo naturale, e l’Uomo sociale, onde gli organi de’ Giovanetti, perfezionati coll’esercizio della Ginnastica, rendano le operazioni del loro animo più facile e più pronto per l’intimo legame che ha l’ordine fisico coll’ordine morale; se li distaccheranno per sempre dalla debolezza de’ loro Padri, e dalla pusillanimità delle loro Madri, che attraversano sovente le giuste intenzioni degl’ Istitutori; se li allontaneranno altresì dalle Metropoli, ove possono essere continuamente ammorbati da que’ vizj, e da quelle perniciose mollezze, che in esse capricciosamente, e senza rossore signoreggiano; se alla pur fine essi Capi, che ne hanno la cura, li renderanno degni di meritare i voti de’ veri Cittadini, i benefici sguardi della Vostra Sovrana Munificenza, e i giusti elogj della posterità; allora essi Giovanetti acquisteranno vie più il vigore del corpo, e la vivacità dello spirito; saranno estremamente gelosi della loro stima, e della loro riputazione; avranno un contegno più fermo, e più sicuro; diverranno Uomini secondo il gusto della vera natura, e non bamboli, carichi di affettate riverenze, di passi armoniosi e a cadenze, pieni di acuti odori, e ben impolverati; lo Stato avrà un Seminario di buoni Cittadini, di Uomini Pubblici, e di valorosi Soldati; e, allorché il bisogno l’esigerà, marceranno fieramente contro della morte. Quanto è vero, che ‘l gran secreto dell’Educazione consista nel farsi tutto con piacere di quei, che si amano, e senza offendersi coloro, che si rispettano!
Così Roma ne’ migliori tempi della Repubblica allevò gli Uomini del mestiere delle armi; unì in essi la bravura a tutte le cognizioni civili e militari, e li trovò in tutte le occasioni sempre abili a darne degli esempi e degl’insegnamenti, e ad occupare con felice evento le differenti Professioni dello Stato. Comprendea saviamente quell’illustre Metropoli che la Scuola, destinata alla formazioni de’ Guerrieri, dovea essere ben anche idonea a produrre de’ Cittadini, atti ad  impiegarsi con distinzione negli affari più rilevanti del Governo, per divenire doppiamente utile e gloriosa alla Patria. Comprendea che non il lusso e l’oro imponeano timore a i nemici, ma le armi erano quelle, che davano loro della legge, e gli obbligavano a rispettarla, o a riceverne di buon grado l’amicizia. Comprendea che, per giungersi a un fine così interessante, bisognava d’aversi la cura del formare il temperamento della Gioventù Guerriera, secondo le leggi della Natura e della Fisica, col principiarsi a farla travagliare dalla più tenera infanzia; poiché l’Infante, avendo più bisogno d’esercizio, che l’Uomo già formato, la salute si fortifica in ragione del movimento; ad assuefarla pian piano a tutte le fatiche, e ad aumentargliene a proporzione dell’età; a variarne il nutrimento, e la bevanda senza riserba e dilicatezza; ad evitare in essa, per quanto fosse possibile, le malattie; a indirizzarla in tutte quelle, che picciole, arti meccaniche, che risguardano i più urgenti bisogni della vita; e ad inspirare pel mezzo delle grate e piacevoli distinzioni di Onore, accordate a proposito, dell’avversione a tutto ciò, che potea offendere la stima e la virtù. Comprendea alla pur fine che l’equità nelle leggi, la maestà ne’ costumi, lo spirito nel dominare, la sublimità nelle idee, la magnificenza nelle più ardue intraprese, e la severità nella disciplina la doveano un giorno rendere Sovrana del Mondo.
Egli è certo, o Sire, che le Armate assicurano e conservano la forza e la tranquillità degli Stati; ma però tali utilissimi effetti non si debbono attendere dal loro immenso numero, e da un cieco valore. L’esperienza delle Nazioni più savie nella scienza del vincere ha ben provato che ‘l solo coraggio non basti sempre per l’esecuzione delle grandi cose, ma che convenga d’essere diretto da una continuata e severa subordinazione. Questa non potrà aversi senza una scuola, ove la nobile Gioventù s’istruisca perpetuamente nella pratica degli esercizj militari, e nell’esatta disciplina. Il principale oggetto di tale scuola dovrà essere quello di farle rappresentare un finto, ma vero campo di battaglia, in cui il servigio sia fatto colla medesima premura, come se si stesse in faccia al nemico, ed ove la minima negligenza nell’esercizio de’ proprj doveri ne sia severamente punita. Roma ce ne presenta una viva immagine: quella Città non era altro continuamente, che un vero Campo, ove regnava tale ordine ammirabile, che ‘l Guerriere, sottomesso al giogo della disciplina, si dimenticava della libertà di Cittadino, e si esercitava in quelle virtù, che hanno poi pian piano soggiogato il Mondo. CHI SA UBBIDIRE, SA COMANDARE, essendo questo un principio incontrastabile. Cesare usava della grata dolcezza verso i suoi Soldati; ma puniva nel tempo stesso con rigore la diserzione, la disubbidienza, e la ribellione, come delitti di un pernicioso esempio, e capaci a produrre delle conseguenze le più funeste. Quel Soldato, il quale teme più il suo Uffiziale, che i suoi nemici, e fa unire agli esercizj e alle regole della tattica l’arte del combattere, e la scienza del vincere, dà chiaramente a vedere che intende benissimo il mestiere della guerra. Il timore, che nasce sol tanto dal sentimento di onore, o dal pericolo di perdere la pubblica riputazione, tiene ugualmente a dovere i Grandi e i piccioli delle Armate.
Per ottenersi da i nobili Giovanetti tutto ciò con felice successo, oltre alla Fisica Educazione, conviene, o Sire, che se ne formi in Essi il SENTIMENTO, e che si sbandiscano per sempre dalla Scuola militare tutte quelle superfluità, tutte quelle materie metafisiche, tutte quelle dispute scolastiche, che sentono della pedanteria, e che non hanno alcun rapporto alla pratica della guerra. Dovranno unicamente apprendere ciò, che l’Uomo è nella Società; ciò, che possono e debbono esigere da Essi il Luogo, lo Stato, e le Cariche, che loro converrà di occupare in avvenire; e avere finalmente per legge suprema l’adempiere successivamente con decoro, e soddisfazione del Pubblico tutte quelle funzioni, che gli apparterranno, allorché saranno nell’esercizio della Guerra, e dello Stato, Giudici, Economi, Commissarj Generali, Intendenti, Superiori, o subordinati a qualunque; e perciò, torno a dirlo, che si formi il loro QUEL SENTIMENTO, che è il fecondo passo dell’Educazione.
Sire: L’Uomo è portato ad amare l’ordine e l’armonia; è naturalmente sensibile, dolce, e compassionevole: e se vi è cosa, che turbi queste sue naturali disposizioni, non bisogna attribuirla all’indole del suo essere morale, né tampoco al suo essere fisico, ma ad abiti, o a passioni disordinate; a modificazioni accidentali, le quali dipendono o da qualche difetto organico, o semplicemente da uno stato di convulsione più o meno straordinario, più o meno violento, più o meno passeggiero.
Parlandovi della Compassione io non intendo di limitarla a quella commozione di turbamento e di pietà, che si sperimenta all’aspetto della pena e del dolore, che soffre alcuno de’ nostri simili; né intendo di restringere solamente a tale effetto l’azione di quella nobile facoltà, la cui influenza è molto più estesa. Ella s’identifica in tutt’ i nostri doveri coll’oggetto, che ci appartiene, o c’interessa, la cui esistenza si confonde, per così dire, colla nostra, e la nostra colla sua. Il Sentimento, che ci attacca a i nostri Genitori, alla nostra Famiglia, a i nostri Amici, alla Società, nella quale ci siamo assuefatti a vivere, dipende da questa naturale disposizione, che si suole chiamare ed esprimere col nome di simpatia. Vi sono delle simpatie, che hanno una gran forza, o perché sono pronte e improvvise, o perché nascono da un lungo e continuato abito. L’onesto amore, il cui santo nome è stato tante volte profanato, è quello che senza di esso l’Uomo anderebbe tuttavia errando per le selve, e non conoscerebbe né la felicità, né il soave vincolo sociale. Esso l’avvicina a i suoi simili, risveglia la sua sensibilità, rianima in lui quell’istinto celeste, che ‘l dispone alla dolcezza, alla beneficenza, alla pietà, e alla perfezione. Esso è nell’Uomo il Sentimento più vivo, più esteso, e nell’istesso tempo quello, che aumenta e abbellisce il suo buon essere, che distrugge ogni disordinato e orgoglioso amore di se stesso, o sia, l’egoismo, e che dispone la sensibilità della sua anima a tutti gli sforzi, e a tutt’ i sacrificj, che possono esigere il punto di Onore, e la Virtù. La felicità di amare, e di essere amato è nell’Uomo Pubblico la testimonianza di una coscienza sempre pura, e ’l sentimento di non mascherarsi giammai la verità; di non tradirsi il più leggiero interesse de’ Popoli; di non sottoscriversi alcun atto di oppressione e d’ingiustizia; e di non meritarsi finalmente de’ nemici, che sol tanto allorché ti difende la Nazione contro de’ pregiudizi o gl’interessi de’ Prepotenti, e ‘l Pubblico Tesoro contra l’avidità de’ perversi intriga tori in tutte le classi.
L’amore della libertà, il desiderio della gloria, e dell’immortalità sono altresì figli del sentimento; ma essi vengono talmente modificati nel loro nascimento dalle nostre istituzioni sociali, che sembra quasi impossibile il conoscerli nella loro originaria semplicità. Ciò, che può arrestare l’esercizio delle nostre forze, limitare il sentimento della nostra esistenza, è certamente contrario alla natura dell’Uomo. È dunque di sua natura l’amare la libertà, che ‘l fa godere di tutte le sue forze, e di tutti i suoi diritti; è di sua natura l’amare la gloria, la quale unisce all’opinione, che ha di se stesso, quella, che ne hanno gli altri; è finalmente di sua natura il desiderare l’immortalità, la quale dà al sentimento della sua esistenza tutta quella estensione. E tutta quella durata, che i suoi voti possono bramare e conseguire.
Or, se col Vostro Sovrano Intendimento rifletterete, o Sire, su tutte quelle egregie qualità del Sentimento, conoscerete ad evidenza che esse facciano e formino particolarmente l’Uomo di Guerra. Esigendo dunque la grande e nobile arte dell’educare, non solamente una profonda conoscenza dell’Uomo, ma il più sublime e delicato sentimento di onore e di riputazione, è giustamente a credersi che Coloro, i quali ne hanno la direzione, vogliano di buon’ora imprimere negli animi de’ Giovanetti Guerrieri tali onesti e gloriosi sentimenti, co’ quali potranno un giorno occupare degnamente ne’ Vostri Sovrani Dominj delle Cariche Civili, Politiche, e Militari, rendendosi con essi sensibili all’idea della Gloria, e della Pubblica Opinione. Il sentimento interno della loro anima farà ad essi allora comprendere che i grandi Uomini sol tanto sono capaci a formare gli Uomini grandi e illustri; e, divenendo poi tali, forse diranno che quella legge della Natura, la quale fa gravitare gli Altri gli uni verso gli altri, operi ben anche sulle grandi anime, faccendo che esse si attraggano tra loro scambievolmente.
Non essendo i soli bisogni materiali quelli, che legano gli Uomini in società, essi soprattutto debbono contare su quell’esistenza morale, che dipende dalla Pubblica Opinione: potere magico, che farà germogliare nel loro Carattere tante virtù, tanti nobili pensieri, tante belle azioni. Essa è quella, che li fa vivere negli altri; che sottomette al suo potere gli spiriti, i tempi, i luoghi più rimoti; e che li determina ad immolare ogni propria passione, per godere, anche un istante, della più alta esistenza, che possono desiderare e concepire. Quel, che si fa da i Generali per l’opinione de’ secoli, si fa e si dee fare ben anche da un semplice Soldato per quella della sua Patria, del suo Quartiere, della sua Casa, e della Società più intima de’ suoi Compagni; ma sempre in ragione dell’istesso sentimento di gloria e di riputazione. Quindi ne avviene che, siccome l’esattezza ne’ doveri d’un Militare è scrupolosamente pesata, ed è altresì compensata colle lodi, co i riguardi, colle preferenze, e con gli avanzamenti, dovuti al merito; così vengono a riceversi con disprezzo e con ignominia tutte quelle azioni, che disonorano il carattere del Guerriero.
A tale oggetto ho io ragione di credere che ‘l Sentimento di Onore debba essere la molla più potente della Gioventù Militare. Esso però non consiste in un nome vago, e sovente in una pura chimera; non è appoggiato su i pregiudizj e le capricciose convenzioni della moda, né tampoco sulle vere o false opinioni delle Nazioni; ma nel credersi grande a proporzione dell’utile, che ciascuno reca ai suoi simili, e nel divenire rispettabile pe’ servigj, che scambievolmente si prestano. Non dee aversi per Uomo dabbene, e di onore quell’implacabile e vendicativo per qualunque minima parola, che esso giudichi di sua offesa, anche leggerissima, ma colui che procura la felicità de’ suoi Concittadini: la Virtù è quella, che dà unicamente de’ veri e giusti diritti alla pubblica stima. Essa presenta all’Uomo savio un sistema generale di condotta; marca dappertutto de’ punti fissi per servirgli di direzione; e gli dice in ciascun istante: ecco ciò, che bisogna amare, ciò, che bisogna scegliere, ciò, che bisogna fare. Essa trova la sua felicità in una sorta di rispetto pe’ diritti, e per le giuste pretenzioni de’ diversi membri della società; e tutt’ i suoi sentimenti sembrano unirsi all’armonia universale. Essa si considera come un amico prudente, istruito dall’esperienza di tutte le età; e che, segnandone per ogni dove i passi, non lascia giammai estinguere, o vacillare nelle sue mani quel salutare fanale, che dee illuminare la condotta dell’Uomo Virtuoso. La Virtù in somma ha presso se la sua ricompensa; poiché non situa i piaceri nell’incerto evento, ma in quella calma, che l’accompagna. Quindi, per inspirare alla Gioventù Guerriera le vere idee dell’Onore, bisogna che si perfezioni in essa coll’educazione il sentimento interno del cuore, o sia, quel che convenga, o non convenga alla natura del suo buon essere; affinché non sia poi tormentata da quel penoso sentimento di male, che può fare a se medesimo, o gli altri.
Al Tribunale della sua Coscienza l’Uomo può appellarsi nella vasta moltitudine delle azioni e delle volontà, che scappano alla vigilanza delle Leggi. È cosa importante che l’autorità d’un Giudice, così attivo, e così illuminato, non ne sia Facoltà dello Spirito, che appartiene più immediatamente alla natura, non si può giammai applicare alle grandi cose, senza il soccorso della Virtù. Non vi è altro mezzo, che quello per unirsi tra loro gl’interessi di tutti gl’Uomini, e per giungersi a un amore e rispetto universale. Lo Spirito basta qualche volta per acquistarsi l’ascendente nelle relazioni circoscritte e  limitate, prendendosi gli Uomini a uno a uno, e sovente guadagnandosi con istudiarsene il loro carattere, e con rendersi ciascheduno proporzionato alla loro elevazione; ma in un Vasto Teatro, e principalmente nel Comando delle Armate, e nell’Amministrazione de’ Pubblici Affari, ove bisogna conciliarsi gli Uomini, e considerarli in massa, conviene di cercarsi un legame, che gli abbracci tutti: e questa catena non si può altrimenti formare, che coll’unione de’ Talenti e della Virtù. Non essendo dunque la Virtù nella sua perfezione l’opera d’un momento, bisogna che essa si elevi, e si fortifichi per gradi successivi negli animi de’ Giovanetti Guerrieri; affinché in tutte le posizioni travaglino per la loro felicità, e per quella degli altri; bisogna che l’uniscano col loro Intendimento, per conoscerla ne’ suoi differenti effetti, e per conseguirne i suoi consigli con fiducia e fermezza.
Per trovarsi tale accordo secreto, che dee regnare tra l’interno sentimento della Virtù, e ‘l lume della Ragione, una MORALE DI RIFLESSIONE mi somministra idee più utili e interessanti sul terzo passo dell’Educazione. Conoscersi il cuore umano senza rimontarsi fino a quell’Intendimento, che formi de’ grandi progetti, e che sviluppi colla meditazione tutto lo scibile delle umane cognizioni, è l’istesso che conoscersi e studiarsi l’Uomo per metà. L’uno dunque de’ principali oggetti dee esserne quello di sapersi cercare e stabilire il rapporto, che hanno le forze fisiche e morali all’esercizio, che conviene di farsene, per accrescerle e conservarle; poiché, se i Giovani Militari non ne faranno di tutte le loro Facoltà la giusta applicazione, se le vedranno insensibilmente diminuire, e interamente mancare. Quanto più la parte fisica dell’Educazione è vigorosa, tanto più la parte morale dee essere ferma ed energica. La forza sol tanto è violenta, oppressiva, ingiusta. Essa ha bisogno del contrappeso della giustizia, e dee essere temperata dalla Morale di Riflessione; né vi è principio, che si adatti con maggiore sicurezza al Sistema Generale delle più importanti verità. Principio, che conduce seco quello dell’ordine, o sia quell’accordo di tutte le parti con un tutto felice e regolare; quell’accordo di perfezione, che si richiede nelle opere della Natura e dell’Arte, dal quale dipendono quelle verità, che dovranno essere inseparabili dalle comuni idee, e azioni. Allorché l’Uomo è d’accordo con se medesimo; allorché tutte le sue facoltà si trovano d’avere tra esse quel rapporto, che debbono avere; e allorché finalmente tutte le sue operazioni, tutt’ i suoi abiti si dirigono al solo fine della conservazione del suo buon essere, e de’ suoi simili, è, e sarà sempre Padrone di se stesso, e giovevole alla Società.
Quindi, se i giudizj de’ Nobili Giovani Guerrieri non saranno in ragione di quelle facoltà intellettuali, che essi hanno d’impadronirsi delle verità, né faranno secondo quella forza ed estensione, che è necessaria alla felice applicazione della moltitudine delle loro idee, essi si vedranno sedurre da una infinità di errori, e di prevenzioni d’ogni specie. Se i loro gusti non saranno in ragione dell’immaginazione, che hanno d’impadronirsi della convenienza delle immagini, né saranno in ragione di quella forza, necessaria alla moltitudine di tali immagini, essi saranno abbagliati da mille idee, piene di assurdità, e d’incoerenza. Se la fermezza del coraggio supererà sempre la sensibilità sarà estrema, è ugualmente a temersi che essa non degeneri in debolezza. Se i loro desiderj non saranno in proporzione delle loro forze, essi esperimenteranno i supplicj dell’inquietudine, o i languori dell’indifferenza, e della noja. Sarà dunque l’esatto calcolo, il giusto equilibrio tra le differenti facoltà del loro Essere quello, che manterrà la perfezione del tutto, e formerà in loro ogni esattezza di morale; poiché, lasciando esso a ciascuno il grado di attività, che gli appartiene, né renderà l’esercizio facilissimo, e farà che ‘l tutto cospiri al medesimo fine.
Le picciole e le grandi passioni, quando non giungono a turbare né l’ordine interiore del nostro Essere, né l’ordine Pubblico della Società, sono tanti doni della Natura. Il principio del movimento è quello, che mantiene nel Mondo Fisico, e nel Mondo Morale il calore e la vita. E siccome un’onesta passione non turberà mai il riposo, e la felicità; così ve ne sono delle tante altre, che possono divenire pericolose, quando esse scappano dell’imperio della Ragione. L’acquisto di tale imperio è appunto quel grande studio, che essi Giovani ne debbono fare: il più difficile, se vi si applicano troppo tardi; ma il più facile, se giungono a renderselo naturale con un continuato esercizio, il più importante per altro, e ‘l più essenziale.
Perciò l’accostumarsi i Giovani Militari a una grande preferenza di spirito, il non lasciarsi trasportare da qualunque loro capricciosa idea, l’ascoltare, e’ l seguire i sani consigli, il prevenire, e ‘l reprimere sovente le fantasie le più innocenti, il contrariare spesso le loro inclinazioni, anche le più indifferenti, il fortificare il loro giudizio a forza di riflessioni, il diffidare incessantemente di se stessi, e delle loro mire, il disporre il loro spirito ad applicarsi a nuovi lumi senza prevenzione, e senza leggerezza, con vero impegno di riportarne vittoria, il ricordarsi ben sovente ne’ momenti della calma delle impressioni passate, per poterle meglio prezzare, per calcolarne le conseguenze, per goderle con più di moderazione, se le troveranno savie e prudenti, o per rinunciarvici totalmente, se loro non sembreranno tali; il fare alla pur fine tutto ciò, che fa un buon Cittadino nello Stato, per mantenere la Pubblica Felicità, formeranno in Essi tutt’ i più regolari doveri. E, se un giorno per buona sorte giungneranno a possederli tutti perfettamente, a ben servire la Nazione co i loro Talenti, ad illuminarla colle loro cognizioni, e ad onorarla colle loro Virtù, allora, nell’istesso tempo che acquisteranno il diritto di pretenderne dal Pubblico i giusti omaggi, ciascuno si farà un pregio di ricompensare la loro saviezza, e la loro probità con un solenne tributo di venerazione e di gloria. La GLORIA, dice un celebre Scrittore, È L’ULTIMA PASSIONE DE’ GRANDI UOMINI. Onorino dunque i grandi Uomini, e di Essi ne verranno a folla. Secondino Essi, o Sire, le Vostre Sovrane mire, e meriteranno vie più la Vostra Reale Munificenza. S’impegnino a servirvi con decoro e onore, e saranno riguardati da Voi, dalla Corte, da i Ministri di Stato, da i Magistrati, e dal Popolo come i Difensori, e i Benefattori della Nazione.
E come no, se la Sovrana Vostra Volontà tutta si dirige a questo fine? Se i Capi, che hanno l’incarico, e che si rendono degni di questo glorioso e difficile impiego, li guidano con mire Cittadinesche, con esempj di una semplicità benefica e rispettabile, e hanno altresì una particolare attenzione e vigilanza di far loro sentire gli utilissimi effetti de’ loro lumi, e de’ loro virtuosi sentimenti? Non altrimente nella conversazione di que’ celebri Uomini dell’antica Roma quella nobile Gioventù Guerriera acquistava presso loro la scienza de’ fatti militari, le leggi della Patria, e tutte quelle conoscenze, che formavano l’Uomo di Guerra, il Cittadino, e l’Uomo di Stato. Quella superiorità di Ragione, che si osservava in essi Giovani, già formati, in essere sempre pronti ad abbandonare ciò, che era difettoso, per arricchirsi di quel, che i nemici aveano di migliore; quel consultare la natura delle cose nelle loro deliberazioni, e quel sapere che lo Stato militare, fondato su di una disciplina severa, e su di una subordinazione esatta, dovea essere la base di tutti gli altri Stati; quella necessità di darsi al mestiere delle armi, prima di occupare alcun’altra Carica della Repubblica; quel dover dare in tale intervallo di tempo delle chiare pruove di loro abilità, per sollecitare nelle assemblee del Popolo l’Officio di Questore, o di Tesoriere, che oggi corrispondono a quelli di Commissario Generale, e d’Intendente dell’Armata, erano allora le utilissime lezioni di que’ Giovani; e tali appunto debbano essere per Costoro col mezzo di que’ Capi, che li guidano, e gl’istruiscono.
Con tale esercizio quell’illustre Gioventù Romana imparava a mantenere. E a dirigere un’Armata; acquistava la conoscenza della posizione e fertilità delle Provincie, della qualità delle loro derrate, delle rendite della Repubblica, e di tutta l’Economia Politica della Patria; e di necessaria conseguenza comprendea che la Legislazione delle Finanze non dovea essere di grave peso al Popolo, e particolarmente a quello della Campagna; che ‘l Commercio, e l’Industria non doveano essere aggravati da dure leggi; e che l’interesse mal ideato di alcune Città, le opinioni di alcuni Negozianti, o ignoranti o di mala fede, i pregiudizj della Politica, non doveano avere alcun diritto di dettare su ciò delle leggi. Colla Carica di Edile, che oggi corrisponde a quello di Luogotenente Generale di Politica, essa acquistava la conoscenza di provvedere abbondantemente la Città di viveri; di verificare scrupolosamente l’esattezza de’ pesi e delle misure; di avere l’ispezione di tutti gli Edificj Pubblici, di ripararli nel bisogno, di far polire giornalmente le strade e le pubbliche piazze; di vietare il lusso, e le spese superflue; di prendere tutt’ i possibili spedienti per prevenire gl’incendj, e le assemblee tumultuose; di preservare con una vigilanza sempre attiva i Cittadini dagli accidenti, che poteano nuocere alla loro conservazione, e alterare la loro sicurezza e la loro tranquillità. Con sì fatta successiva progressione di Cariche essa acquistava in oltre una perfetta conoscenza dello Stato Politico della Repubblica, e di tutto ciò, che era necessario alla vita; avea occasione di conoscere, in mezzo a que’ movimenti, che rivelano le passioni, le differenti qualità, e i diversi Caratteri delle Genti di ogni ordine e condizione. E finalmente ciascun Individuo di essa, come Pretore, e Console, si rendea Giudice di tutti gli affari Civili, e Criminali; e si mettea perfettamente al fatto delle forze e della potenza dello Stato; conoscenze, che divenivano nell’istesso tempo della più grande utilità agli affari domestici, e che supponeano quella scienza di calcolo, di cui ogni Uomo in Carica ne avea alla giornata un preciso bisogno, tanto per vegliare sugl’interessi della Repubblica, quanto per la sua economia privata. Con essersi dunque fin oggi trascurato presso Noi un piano così lodevole di Educazione, si è dato a comprendere agli Uomini di buon senso che gli attuali Collegj non tendono di tutto punto a quell’oggetto, al quale si debbono dirigere.
Se Roma accordava, dopo due lustri, alla Gioventù Guerriera la prima Carica di Questore; se in tal modo si sperimentava la sua fedeltà, il suo senno, la sua attività negli affari, e si riputava degna di essere promossa a Cariche più rilevanti; perché non potrà eseguirli oggi l’istesso piano ne’ Vostri Sovrani Dominj? Allora non sembrerà più straordinario e imprudente l’affidare a un Ufficiale la Cassa Militare, la sussistenza d’un’intera Armata, e ‘l maneggio delle rendite, destinate al mantenimento, sempre che si farà attenzione alla sua buona educazione, e i suoi onesti costumi, e a quella istessa severità di leggi, e di disciplina militare, che nel rendono degno, come il più delle volte si stima degno di tale confidenza anche un Suddito di un merito ordinario.
Dopo essersi dunque i Nobili Giovanetti formati nelle cognizioni, e negli esercizj, che loro convengono; dopo che essi conosceranno i doveri del militare, quelli del Cittadino, e le leggi della Patria; dopo avere appresa l’arte di comandare con prudenza i corpi di fanteria, e di cavalleria, di scrivere una relazione ragionata, una memoria scientifica; dopo che saranno versati nella maniera del tenere i libri de’ conti, del fare il minimo esame d’un Reggimento, del conoscere il meccanismo d’un molino, l’arte del costruire una fortezza, un fortino, del gettare un ponte su di un battello, del fare un molo o un’argine, del dirigere una marcia, o una frontiera, del formare un campo ec. ; dopo essersi formato in essi quel genio, che gli guidi pel cammino tracciato dalla natura, che conduca per tutte le direzioni le loro sensazioni, le loro idee, i loro movimenti, faccia germogliare i loro talenti, e le loro virtù, e li diriga alla loro gloria, e al vantaggio della Nazione; allora potranno giustamente essere promossi alle prime Cariche del Governo, cioè a dire, potranno acquistare i principj essenziali dell’Uomo di Stato, la maniera di ben giudicare delle persone, e delle cose, di calcolare l’influenza di tutte le parti al tutto, e di rendersi utili e giovevoli a i Vostri Sovrani interessi. Allora, giungendo essi al più sublime grado delle cognizioni, e delle sperienze, sapranno, al pari degl’illustri Generali, rispandere le forze dello Stato, e sostenere la propria riputazione; impedire a i nemici della Nazione il fare delle conquiste, situarsi ne’ posti, ove Costoro non possono forzarli a combattere; osservare tutt’ i loro progetti, e penetrare da i movimenti, che ne vedranno, quelli, che sono nascosti; non lasciarsi giammai scappare né un momento favorevole, né un posto vantaggioso; unire l’arditezza alla moderazione; operare con delle riflessioni profonde, e con que’ lampi, che sono figli del genio; avere della vivacità senza precipitazione, e del sangue freddo senza lentezza; evitare le battaglie, che decidono rapidamente il destino degli Stati, e fare la guerra senza niente dare all’azzardo.
Né vale il dire ch’io pretenda l’impossibile; e che, se fu facile l’eseguirsi un sì lodevole stabilimento presso i Romani, allorché la Repubblica si vide nel più bel fiore della libertà; oggi non sia così, dovendosi ognuno adattare allo spirito del tempo, e alle attuali Costituzioni de’ Governi.
Coloro, che ragionano a questo modo, ignorano certamente la storia de’ Popoli, la quale ci dà chiaramente a vedere che, fino al tempo de’ Generali Antonio Spinola, e Alessandro Farnese, le Cariche Civili, e Politiche erano esercitate da i Militari. Ma, senza andare troppo lungi da noi, non imitano oggi quasi tutte le Nazioni del Nord esattamente il savio stabilimento dell’Antica Roma? In Danimarca la nobile Gioventù Guerriera, dopo essersi esercitata nell’Architettura Civile, e militare; dopo essersi addestrata nella pratica delle Istituzioni di Vegezio, e soprattutto nella disciplina, e nella subordinazione la più esatta; dopo avere acquistata a perfezione la lingua nazionale per essere in istato di scrivere con precisione ed eleganza i proprj sentimenti, o per avere la facile intelligenza de’ libri canonici della Patria; dopo avere appresa la morale del Cittadino, e i doveri della Società, per potere solidamente giudicare degli affari dello Stato Civile, e Politico, è ammessa ne’ Tribunali, ove in presenza di que’ rispettabili Magistrati s’istruisce dell’ordine giudiziario, che ha luogo in tutt’ i casi della giudicatura. E, per esercitare con profitto tale Gioventù la sua attenzione, il Luogotenente della Politica esige da essa per iscritto il suo parere sulle materie, che si trattano, e su tutti gli oggetti litigiosi della vita umana. Con questo mezzo apprende vie più le leggi della Nazione, e ne fa la convenevole applicazione nelle differenti circostanze; acquista l’amore della giustizia, accompagnato da una bontà compassionevole; un carattere, incapace di cedere alla seduzione, o al timore; un zelo del pubblico bene, sciolto da ogni interesse di gloria e di ambizione; un genio, che vede tutta l’estensione del male, che possa opprimere lo Stato, e che sa trovarne nell’istesso tempo il rimedio; un coraggio, che non venga atterrito dagli ostacoli, e una virtù, che ne rimanga sempre incorruttibile; e finalmente, comprendendo essa quanto sia ingiusto il forzare un Uomo ad abbracciare di mala voglia lo stato pericoloso del Soldato, chiama colle savie massime dell’Antica Roma tutt’ i Cittadini alla difesa della Patria, e si rende contemporaneamente degna di meritare le benedizioni del Popolo, e l’ammirazione degli Uomini di buon senso: condotta la più giusta, la più nobile, la più sicura, e le più propria per formare delle buone truppe, e per avere essa dell’infinita preferenza sopra tutte quelle che ‘l disprezzo e l’avvilimento per gli Uomini di Guerra sanno oggi agremente adottare. In questo modo si accostuma quella Gioventù militare a desiderare il solido e ‘l necessario delle cose, e a stabilire nel suo cuore, e nelle sue idee tutto ciò, che fa onore alla Ragione, e all’Umanità.
Nel vasto Imperio delle Russie le Sovrane e Benefiche mire di Caterina II sono tutte dirette ben anche sul piano dell’Antica Roma. A tale oggetto, essendo colà l’arte della Guerra il fine principale di quella Costituzione; e racchiudendosi in essa un gran numero di cognizioni, unite e legate talmente l’una coll’altra, che si prestano un vicendevole appoggio, e che non se ne possa da esse staccare un solo anello senza che la catena non ne rimanga interrotta, i suoi Cadetti sono anticipatamente istruiti nell’arte di Euclide, che fa loro conoscere le proprietà generali dell’estensione, calcolare i rapporti delle sua differenti parti, e darle quello spirito di combinazione, che è il fondamento di tutte le arti, e che è ugualmente necessario a un Astronomo, e a un Generale. Con una guida così precisa ed esatta acquistano la scienza, che insegna le proprietà del movimento, che misura i tempi e gli spazj, calcolale velocità, fissa le leggi della gravità, e che comanda gli elementi, sottomettendone le forze. La Fisico-matematica, e la Chimica, che vengono oggi riguardate dagli Uomini di buon senso come affari di Stato, formano altresì la loro particolare cura e attenzione; poiché, avendo lo studio della Natura, delle leggi di affinità, e delle sostanze aeriformi cambiata la faccia di sì necessarie e utili scienze, e rischiarate le menti de’ Filosofi su d’importanti fenomeni, imparono sempre più dall’illustre Newton ad ascendere, pel mezzo delle sperienze e delle osservazioni da tali fenomeni alle loro vere cause; conoscono più da vicino l’intima composizione di questi tenuissimi fluidi; formano una più giusta e adeguata idea degli ultimi elementi de’ corpi, da i quali dipendono poi tutt’ i secreti delle Arti, e soprattutto di quella dell’Agricoltura, che costituisce la base fondamentale de’ Governi. La grande scienza del GENIO li conduce dal mondo intellettuale al mondo fisico, fa loro apprendere a servirsi di quelle nozioni astratte, che sono applicabili alle fortificazioni, all’attacco, e alla difesa delle Piazze. Quindi, comprendendo essi che le idee semplici formano il materiale di tutte le umane conoscenze, e che diversamente modificate dall’Intendimento, stabiliscono i principj fondamentali di ciascun Mestiere, e la Geometria delle Arti, pieni di profonde mire e di ardite novità, discoprono con occhio fino e rapido ne’ MODI SEMPLICI DELL’ESTENSIONE PURA del celebre Locke il grande e ‘l sublime della loro nobile marziale Professione. E siccome nell’applicazione di tale scienza, le posizioni ORIZZONTALI E VERTICALI sono le sicure guide delle loro operazioni; così, obbligati per lo più di rallentare l’alto volo delle loro meditazioni, discendono alla parte più penosa del dettaglio. A tale oggetto, per mezzo della STEREOTOMIA, considerano in qualunque posizione le linee, le superficie, i solidi nel puro spazio; le projettano con perpendicolari; ne rilevano con sublimi calcoli la proprietà; ne determinano con precisione e a vista qualsisia situazione; con piani di sito, di tangente, e di comparazione adattano tutto alle fortificazioni; e finalmente ne risolvono innumerabili problemi, che sono, e saranno sempre inacessibili, ed incogniti agli Uomini volgari e idioti. La Storia, che li guida per un immenso laberinto di cose coll’esatta conoscenza de’ luoghi, fa lo osservare, studiare e giudicare i grandi Uomini; e, lasciando le date a i compilatori, e le minuzie agli spiriti oziosi e frivoli, fa in essi unire, a traverso della vasta estensione de’ secoli e de’ luoghi, que’ lampi di luce, che li possono illuminare ugualmente e co i grandi esempj, e con gli errori stessi degli Uomini Celebri. Finalmente la Filosofia Morale, i Principj del diritto delle Nazioni, la Politica generale dell’Imperio, i doveri dell’Uomo e del Cittadino, la conoscenza dell’Economia Politica, la Legislazione sulle Finanze, sulla Marina, sul Commercio, e sulle Manifatture, tutte queste profonde cognizioni formano la base del loro carattere: Scienze interessanti, le quali danno a conoscere i mezzi di perfezionare la Specie Umana, relativamente all’estensione delle sue conoscenze, alla certezza e alla semplicità della sua felice condotta, alla delicatezza e alla purità de’ suoi virtuosi sentimenti, ai progressi, e all’uso delle sue forze.
E siccome la loro Educazione dee essere molto più il frutto della pratica, che della teoria; così, immediatamente, che sono usciti dal Collegio, vengono colla frequentazione de’ differenti Tribunali esercitati sulla Scienza delle Leggi, per acquistare la conoscenza de’ costumi dominanti, la quale contribuisce loro ad affodarsi nell’esperienza del bene, e a garantirsi da un gran numero di errori; a condursi con de’ principj invariabili e semplici; a nulla intraprendere al dilà delle loro funzioni; a possedere i rapporti tra gl’interessi, che compariscono lontani, e a riunire gl’interessi particolari col generale: e con ciò si formano essi nell’istesso tempo Guerrieri e Cittadini, cioè a dire, Uomini, atti ugualmente all’arte della guerra, all’economia, e alle leggi dell’Imperio. Quindi colà un Generale, dopo avere riportata una vittoria, può, a suo talento, prendere luogo nel Senato, e giudicare degli affari; può regolare la circolazione delle rendite dello Stato, dirigere e verificare l’Agricoltura, e’l Commercio: sostegni stabili, principj fecondi della forza e dell’opulenza; può da Geografo Negoziante Politico Naturalista e gran Geometra conoscere ed eseguire, qual altro Eulero, tutto ciò, che vi è di più profondo nella scienza navale, o sia, tutto ciò, che la Teoria ha dato finora di certo e di applicabile alla pratica; e, dopo avere adempiuti funzioni così importanti, si può di nuovo mettere in Campagna, e condurre un’Armata.
Destinato dunque ciascun nobile Individuo della Guerra alla pubblica utilità, e al buon essere dell’Imperio, chicchessia si ascrive colà a punto di onore e di gloria l’acquistare un’esatta intelligenza del suo Mestiere; ed ha per indispensabile necessità l’istruirsene colla propria sperienza. Quindi ognuno si fa un dovere il trascorrere diverse Provincie, il conoscere la situazione e la natura de’ terreni, la loro coltura e le loro produzioni, le loro arti, le proporzioni delle rendite colle spese del trasporto, la qualità e ‘l prezzo comune delle derrate, la facilità delle consumazioni, il numero e ‘l carattere degli Abitanti, il valore, per così dire, di ciascun Uomo in particolare, i risorgimenti delle Città, il prodotto delle Manifatture, e l’estensione del Commercio, la decisione di tutte le questioni, che ne dipendono, la sopraintendenza a i travagli e a i pubblici stabilimenti, l’ispezione sull’ordine, e sulle rendite di tutte le Comunità dagli Stati di quelle grandi Provincie, fino al corpo municipale del più picciolo Villaggio, la cura del mantenersi nelle imposizioni de’ sussidj un ordine, che ne renda la percezione certa, senza sentirsene onerosa per l’azione sempre presente della tirannia fiscale; dell’assicurarsi i fondi necessarj a queste spese; del mantenersi una regola severa, che ne impedisca le ruberie, un’economia, che ne diminuisca il peso; del sostenersi in somma il Credito Nazionale; e del vegliarsi alla felice esecuzione delle obbligazioni, contratte in norme dell’ Imperadrice.
Con ciò ogni Militare fa calcolare da per tutta, ove si trova, la somma di quelle ricchezze, tutto quel, che una Provincia riceve, e che dà: e da queste diligenti ed esatte osservazioni, fatte su i luoghi medesimi, impara a conoscere perfettamente le Provincie de’ Regni, e dell’Imperio, quali abbiano forza più estesa e più pronta; quelle, le cui percezioni sieno più abbondanti, e costino meno; quelle, che combinano meglio col clima, col fuoco, e coll’industria degli Abitanti; quali sieno i canali aperti, e quali i chiusi; quali sieno i fiumi, le riviere, i laghi, che irrigano gli stagni, i mari, che li bagnano, i limiti, e le montagne, che li circondano; e quali sieno quelle Provincie, alle quali la Capitale non somministra i succhi, che ne riceve, e rende con ciò interrotta la felice circolazione tra la testa e le membra, che fa la vita del Corpo Politico.
Quanti per mancanza di tali cognizioni ed esperienze hanno avuta la disgrazia di vedere delle brillanti Armate perire sotto i loro ordini senza ponetrarne i motivi! Quanti per mancanza d’intendere i veri interessi de’ loro Sovrani, si sono allontanati continuamente da quel punto di elevazioni, a cui credeano di giungere! La vera potenza militare d’uno Stato è quella, o Sire, che ha per base l’Agricoltura; poiché essa sol tanto è superiore agli accidenti stranieri, fortifica i nervi de’ Corpi Politici, aumenta incessantemente le loro ricchezze; essa è creatrice, e le sue produzioni si rendono indipendenti da i capricci, da i gusti, da i pregiudizj, e dalle bizzarrie delle Nazioni; essa in somma somministra a tutte le classi degli Uomini i mezzi del loro godimento, diminuisce i loro mali fisici, avvicina i Popoli tra loro, e fa divenire, tutto ciò, che ‘l suolo produce, e l’industria crea ne’ differenti paesi, un bene comune dell’Uman Genere. Col possedimento dunque di tali cognizioni, accoppiate al frequente uso dell’esperienza, que’ Nobili Giovani Guerrieri acquistano quella forza, che è propria delle grandi anime; si rendono fedeli depositarj dell’Imperio; e nelle opportune occasioni della guerra misurano con occhio rapido l’estensione de’ terreni, veggono tutt’ i vantaggi, che si possono avere, o dare, penetrano i progetti de’ nemici, scelgono i migliori posti, cambiano i rapporti di tutte le posizioni, fissano tutto per l’attacco, e tutto preveggono per la difesa.
Ecco come Caterina II sul piano dell’Antica Roma rende immortale il suo nome; estende e dilata sempre più i suoi Dominj; assoda le barriere del suo Imperio; e umilia oggi quel Popolo, oscuro nella sua origine; ma formidabile un tempo ne’ suoi progressi, nemico de’ Cristiani per Religione, e per Politica, il quale uscì dalle lagune della Scizia, inondò l’Asia, e l’Africa, soggiogò la Grecia, e la cui incursione avrebbe forse da gran tempo ingojata l’Europa, se la disciplina, l’arte della guerra, e l’eccelse qualità del Genio, non avessero avuto il massimo vantaggio sulla coraggiosa ferocia di quel Popolo Tartaro. Ecco come quel Vasto Imperio riconosce il suo splendore e la sua grandezza dalle benefiche mire di Caterina II. Come Essa divide oggi il suo Trono e la sua Potenza con gli Uomini di alto Intendimento, e di somma Probità; se ne da un onore e un piacere il prevenirli con delle sue generosità; gradisce con sentimenti di gioja le loro Opere, e le risguarda come gli strumenti della sua gloria. Come corona le sue beneficenze con una beneficenza più grande ancora, occupandosi a creare un TERZO STATO, libero in tutta la sua estensione; a difendere con ciò la causa dell’umanità; ad impedire che una parte della Società non si creda nata per sottomettersi all’orgoglio e a i capricci di un’altra; a dividere le fortune con più d’uguaglianza; e ad assicurare le proprietà per rendere i suoi Sudditi felici sotto il suave giogo delle leggi. Come Essa passa sovente a Mosca, per ammirare da vicino in quell’Illustre Collegio quelle fertili piante, che somministrano a i suoi Regni degli ubertosissimi frutti. Più madre, che Sovrana, Essa carezza tutti que’ Cadetti, che più si distinguono co i loro costumi, e co i loro talenti. Impegnata Ella a proteggere le Scienze e le Arti dà tutto il tuono al suo Secolo, e anima sempre più l’assemblea de’ Filosofi a promuovere le utili cognizioni. Quindi le sue liberalità li chiamano dalla loro solitudine, per travagliare al maggiore ingrandimento del suo Imperio, e per accendere vie più dell’ardore e dell’attività ne’ suoi Popoli. Tutto colà cammina conformemente alle sue Sovrane intensioni, e ‘l suo gusto è una legge universale, che non ammette prescrizione. Tutto colà è portato a quel grado di maturità, che la Ragione Umana può dare alle produzioni; e ‘l suo Imperio potrà un giorno chiamarsi il secolo delle Scienze e delle Arti. E a tale oggetto la Corte, i Generali, i Ministri di Stato, i Magistrati, i Governadori delle Provincie ec. meritano i grati e benefici accoglimenti dell’Imperadrice a proporzione,che manifestano le loro inclinazioni, e ‘l loro zelo per l’esatto adempimento delle loro respettive cariche.
Ripigliando intanto l’interrotto filo delle mie idee, dopo avervi, o Sire, posto in veduta la Morale del Sentimento, e quella della Riflessione, mi rimane finalmente a parlarvi della MORALE RELIGIOSA: ferma e constante base d’ogni Umano Stabilimento, che anima tutte le nostre azioni, e che fu ben anche il principale fondamento della disciplina militare de’ Romani; poiché col giuramento di difendere la Patria, Roma acquistò quella Gloria e Maestà, e quel grado di forza e di potenza, che niun’altra Nazione ha potuto giammai vantare. Or, se tale fu l’entusiasmo del Popolo Romano per una falsa Religione, che tutta consistea in una splendissima pompa esteriore, che diremo della nostra, che è vera, che penetra tutte le facoltà della nostr’anima, e che ci guida pel retto cammino della virtù, fortifica i legami sociali, difende il sistema interno de’ nostri doveri contra gli artificj del nostro Spirito, termina l’opera imperfetta della Legislazione, e supplisce all’insufficienza de que’ mezzi, de’ quali il Governo può farne uso?
A i Ministri del Santuario appartiene l’insinuarla in modo, che possa corrispondere al buon essere della Nobile Gioventù Militare, all’Ordine Pubblico, e alla Felicità Nazionale. Costoro già sanno che Essa Morale ci offerisce un interesse, indipendente da i nostri sensi, e dalla nostra immaginazione, e ci conduce all’esercizio abituale della virtù; che, oltremodo attiva in tutti gl’istanti, in tutti gli stati, e in tutte quelle circostanze, nelle quali noi dobbiamo sapere scegliere tra ‘l bene e ‘l male, trova il suo appoggio fin dentro le relazioni della vita, anche le più indifferenti in apparenza; poiché Essa è quella, che gode sol tanto il prezioso vantaggio del rapportare le più picciole cose a una Grande Idea, e che sola può essere continuamente incoraggiata da quel sentimento di Coscienza, il quale, accompagnando tutte le nostre azioni, e tutt’ i nostri pensieri, sembra di aumentare la nostra esistenza. Costoro già sanno che Essa presenti all’Uomo un sistema generale di condotta, e dia chiaramente a vedere che, senza i suoi efficaci soccorsi, l’Ordine Civile, Politico, e Militare non sia di sua natura così eccellente, che possa appoggiarsi su i soli rapporti dell’interesse particolare col generale, sull’imperio delle Leggi, e ‘l timore delle pene, e sull’ascendente di quella Pubblica Opinione, che ciascuno dee avere nella stima e nella confidenza degli altri.
E in vero: non basta affatto un Catechismo Civile, e Politico per destinarsi alla Pubblica Istruzione del Popolo; né un corso d’insegnamenti, fondato su i rapporti dell’interesse personale coll’interesse pubblico può convenire alla misura dell’intelligenza e della capacità di coloro, la cui educazione non dura che quasi un momento. Ogni educazione richiede del tempo e della riflessione, e come tale non può adattarsi alla Classe più numerosa degli Uomini. Per assicurarci di sì fatta verità, fissiamo la nostra attenzione sullo stato sociale di coloro, che sono privi di proprietà, e sprovveduti di talenti per applicarvisi: obbligati essi ad un travaglio materiale, e impazienti di esentarsi da un carico penoso, sono costretti a spiare il primo sviluppamento delle forze fisiche, per applicare i loro figli alla vanga, alla guerra, o a qualunque altro lucrativo travaglio. Quindi l’ignoranza la miseria e l’indigenza sono in mezzo alle Società la sorte ereditaria della maggior parte de’ Cittadini. Se dunque tale è l’effetto della Legislazione Civile e Politica, come potremo noi immaginarci di legare indistintamente gli Uomini con una istruzione così difficile e complicata? La Morale Religiosa sol tanto si trova, per la sua rapida azione, esattamente appropriata alla singolare situazione del più gran numero degli Uomini. Essa sola persuade con celerità, perché muove nell’istesso tempo che illumina; essa sola rende sensibile tutto ciò, che raccomanda; essa parlando in nome d’un Dio, sa, e può inspirare del rispetto per Lui, la cui potenza risplende da tutte le parti agli occhi de’ semplici, degli abili, de’ fanciulli, e de’ vecchi. In tutti que’ Corpi Politici dell’Europa, ove i Popoli sono urtati e compressi gli uni dagli altri, ed ove la miseria, e la magnificenza si trovano continuamente tra mischiate insieme, vi bisogna assolutamente l’appoggio e ‘l sostegno della Morale Religiosa.
L’età più bella della Nobile Gioventù Guerriera non può, né dee esentarsi ben anche dall’autorità di una guida così ferma e costante. Per menare essa, e superare con sicurezza i giorni procellosi della sua gioventù, ha bisogno di principj, che comandino, e che suppliscano all’insufficienza di quelle riflessioni, che la consigliano. Tali riflessioni non hanno forza e potere, che a proporzione del vigore dello spirito; e lo spirito si forma coll’esperienza, e col lungo combattimento delle idee. Le Istruzioni Religiose hanno unicamente il particolare vantaggio d’impadronirsi dell’immaginazione, e d’interessare la sensibilità: due brillanti facoltà de’ primi anni dell’età giovanile. Coloro dunque, che tengono i legami della Religione come indifferenti, dicendo che si può riposare su taluni sentimenti generali, de’ quali se n’è contratto l’abito, non fanno attenzione che tali sentimenti tirano la loro principale forza; e origine dallo spirito religioso, che essi proccurano di debilitare. L’umanità medesima, quell’interna sensazione di un’anima ben nata, si anima e si fortifica coll’idea d’un Essere Supremo; l’alleanza tra gli Uomini dipende essenzialmente da i rapporti al medesimo Autore, e al medesimo Giudice; essa è fondata sull’uguaglianza de’ diritti alle medesime speranze, e su quella serie di doveri, inculcati per l’educazione, e renduti rispettabili coll’imperio abituale de’ sentimenti religiosi.
Gli Uomini compariscono pieni di tanti difetti, di tante ingiustizie, di tante particolari personalità, di tante ingratitudini agli occhi di coloro, che li osservano in massa, che non si giungerebbe giammai a tenerli in armonia colle sole lezioni dell’umana saviezza. La bontà, l’indulgenza si debbono di tempo in tempo tenere ricordate, come idee generali e predominanti, e come i legami di tutte le virtù. Ma la Religione poi dee consolidare tali legami; essa sol tanto può difendere il sistema intero de’ doveri contra gli aguati del ragionamento, e contra gli artificj dello spirito. Perciò bisogna insegnare alla Gioventù Guerriera che le virtù sociali sono un omaggio, dovuto alle perfezioni, e alle intenzioni benefattrici del Sovrano Autore della Natura; e che tali virtù sociali dipendono interamente dalla Morale Religiosa: essa è quella, che appoggia la sua prima base nel fondo de’ cuori, nelle cavità della Coscienza; essa sola è nell’intelligenza de’ più grandi secreti della natura; essa semina in terra un germe, che si nutrisce, si fortifica, e si distende in numerosi rami, i quali, senz’alcuno sforzo, si elevano in tutte le dimensioni ad ogni sorta di forme.
Ma si supponga per un momento che tanto le Leggi Civili, quanto  le Criminali del  Corpo Politico e Militare sieno sufficienti al mantenimento dell’Ordine Pubblico; sempre sarà però fuori del potere degli Uomini il dedurne degl’insegnamenti familiari, proprj alla formazione di un Codice di Educazione; poiché queste medesime leggi, quanto semplici ne’ loro comandamenti, non saranno tali ne’ loro principj. Di fatti: non si scorge in un istante, perché la vendetta, la più giusta, sia interdetta; perché non si abbia il potere di farsi rendere il suo, ricorrendosi a i medesimi mezzi, de’ quali il rapitore ne ha fatto uso; perché non si abbia l’autorità di resistere con violenza a un oppressore tiranno; e perché certe azioni, ora indifferenti in se stesse, e ora nocive agli altri, sieno proibite in una maniera uniforme e generale. Vi bisogna necessariamente una specie d’indovinamento, e uno sforzo di riflessione per discoprirsi che ‘l Legislatore si sia allontanato dalle idee naturali, a fine d’impedire che niuno si faccia giudice nella sua propria causa, e d’evitare che le eccezioni e le distinzioni, delle quali ciascuna circostanza è capace, non sieno giammai determinate da i soli lumi de’ diversi membri della Società. Esistendo dunque gradatamente nelle pene una moltitudine di proibizioni, che hanno sol tanto della connessione colle mire generali della Legislazione, e niente col quel buon senso, che determina il giudizio de’ particolari, non di dee perciò edificare su queste sole basi un sistema di Morale, di cui ciascuno ne possa avere una coscienza evidente. E poiché il Legislatore evita con diligente cura di nulla sottomettere all’esame degl’Individui, allorché egli sacrifica sovente a questo principio la giustizia naturale, come sì vorrà dare nell’istesso tempo per regola di condotta una Morale Politica, che è tutta fondata su d’un complicato e difficile ragionamento, capace di tante eccezioni, o di arbitrarie interpretazioni?
Perché le Leggi sono l’opera della nostra intelligenza, siamo forse facilmente disposti ad accordare loro un imperio universale; ma io sono tanto lontano dal credere che esse Leggi Civili, e molto più le Criminali possano giammai supplire alla vera esistenza della Morale Religiosa, che anzi le credo molto insufficienti a regolare le cose, sottomesse immediatamente alla loro Autorità. Rendiamo più sensibile questo mio sentimento con una ragione, scelta tra le tante altre. Per quanto si sieno gli Uomini sempre studiati di dare un sicuro e perpetuo stabilimento alla legge de’ necessarj Testimonj nelle cause Criminali, non sono giunti finora a metterla in chiaro aspetto, onde se n’eviti ogni rischio d’inganno. Se l’offeso, per esempio, è un Uomo Onesto, conosciuto da tutti per tale, la sua testimonianza non dovrebbe per niun verso rigettarsi; ma, se esso arrivi a cadere nella mente de’ Giudici in qualche sospetto, o per l’inverisimilitudine della sua asserzione, o perché si creda che l’abbia egli fatta per non pregiudicare la sua riputazione, o per altri motivi, che si farà allora, trovandosi la ragione in questi due estremi, e le idee intermedie non confacenti all’assoluto linguaggio della legge? Altro spediente per me non ci veggo in tali critiche circostanze, che quello di ricorrersi alla Saviezza, e alla Morale Religiosa de’ Magistrati; poiché altrimenti, in luogo di proteggersi l’innocenza, si metterebbe essa in grave pericolo; e la legge, il cui spirito consiste nello scoprimento della verità, si renderebbe mallevadrice di tutto, rispettandosene sol tanto le sue semplici espressioni. Io non intendo con ciò di escludere quell’istruzione positiva, che dee servire di guida, tanto nella ricerca de’ delitti, quanto per determinarsi i caratteri, a i quali tali delitti possono essere riconosciuti; ma desiderarei che, in affari di sì grande importanza, si unissero a i lumi, che ne dà la prudenza de’ Legislatori, quei, che si possono mettere in pratica dalla saviezza, e dalla probità de’ Magistrati, e de’ loro Subalterni. E per richiamarsi costoro incessantemente a tutta l’estensione de’ loro doveri, io desiderarei finalmente che, prima di dare la sentenza della condanna, ciascuno di essi, elevando una delle loro mani al Cielo, pronunziasse con sincera e religiosa commozione di cuore le seguenti parole: IO ATTESTO CHE L’UOMO, ACCUSATO AVANTI A NOI, SEMBRA COLPEVOLE, E SECONDO LE REGOLE DELLA LEGGE, E SECONDO I MIEI PROPRJ LUMI. Allora, senza mancare alle dovute ricerche, ordinate dalla legge, i Giudici si sforzassero di andare anche più oltre; allora non si vedrebbero riggettati quegl’indizj proprj, che fanno impressione su gli spiriti ragionevoli, e niuno di essi avrebbe nell’istesso tempo una forza talmente decisiva, che l’esame delle circostanze potesse giammai comparire inutile; allora farebbero uso di quella sensibile perspicacia, che è sovente la più penetrante di tutto; non isdegnerebbero di contemplare seriamente sino gli sguardi dell’accusatore e dell’accusato; e non crederebbero per cosa indifferente l’osservare con interesse tutti que’ movimenti della natura, ove la verità si dipinge qualche volta con energia: e così l’innocente sarebbe sotto la custodia del sentimento timorato de’ Giudici, e non si troverebbero costoro più sottomessi a quell’imperio assoluto del metodo di procedimento, che ristringe servilmente i limiti dello spirito.
Continuando il mio oggetto in tutt’ i suoi rami, io osservo in oltre, o Sire, che la Pubblica Opinione non ha l’assoluto potere di sottomettere gli Uomini all’osservanza dell’Ordine Pubblico, e ad inspirare loro l’amore della virtù indipendentemente dalle idee Religiose. Essa esercita la sua Autorità in uno spazio infinitamente circoscritto e limitato; né si può formare alcuna sorta di comparazione tra l’ascendente suo particolare, e l’influenza della Morale Religiosa. Di fatto: l’Opinione Pubblica ha bisogno, per dare corone, che gli Uomini compariscano con isplendore sul teatro del mondo. La Morale Religiosa rispande i suoi più grandi favori sopra coloro, che disprezzano la lode, e che fanno il bene in secreto. L’Opinione Pubblica esige quasi sempre che le virtù sieno accompagnate da i talenti, e dalle Scienze per divenire come il germe e ‘l mobile delle grandi azioni. La Morale Religiosa non impone giammai questa condizione, le sue ricompense appartengono ugualmente a i semplici, che a i dotti, agli umili di spirito, che agl’ingegni elevati. L’Opinione Pubblica s’inganna sovente ne’ suoi giudizj, perché in mezzo a quel vasto recinto, in cui è eretto il suo Tribunale, prova della pena nel distinguere il vero merito, e viene per lo più abbagliata da i falsi colori dell’ippocrisia. La Morale Religiosa domina nel fondo de’ cuori, vi ci situa un custode, che vede gli Uomini, e le loro azioni più da vicino, né si può facilmente ingannare.
La Pubblica Opinione, giudicando le azioni nella loro maturità, non fa alcun conto degli sforzi, che vi si usano; e siccome non si ottengono le palme, e le vittorie, che in quel momento, in cui sembra d’avvicinarsene il fine; così bisogna che nel principio della carriera ciascuno ne tiri dalle sue proprie forze il coraggio e la perseveranza. La Religione, al contrario, è, per così dire, con noi fino da i primi sentimenti; essa accoglie le nostre intenzioni, prende a piacere la nostra semplice volontà, ci sostiene nelle nostre determinazioni, e ci accompagna ne’ nostri tentativi. La Pubblica Opinione, non distribuendo ne’ beni, che quelli, il cui principale valore ha rapporto alle comparazioni, a i contrasti, e alle rivalità, sparge sovente su i suoi favoriti il velenoso soffio dell’invidia, e fa qualche volta dubitare del prezzo reale de’ suoi favori. La Religione non confonde colle amarezze le ricompense, ma forma nell’oscurità i suoi felici; e siccome ha de’ tesori a dare a tutto il mondo; così la parte, che essa ne dà agli uni, non la toglie agli altri. L’Opinione Pubblica dipende da calcoli incerti e confusi, da comparazioni arbitrarie ed equivoche, la cui base viene continuamente cambiata dalla perenne varietà delle circostanze, e delle situazioni della vita. I motivi, che presenta la Religione sono di una specie del tutto differente: essa non dirige gli Uomini con de’ parallelli oscuri, e con de’ calcoli di approssimazione; ma li chiama a un interesse dominante per mezzo di un fanale, che gli unisce, le cui risplendenti fiamme si veggono da tutte le parti: quindi le regole, che essa prescrive, non sono incerte e vacillanti, e i beni, che promette, superano di gran lunga ogn’altro bene.
Le grandi Metropoli, ove si ha speranza di ottenersi le più luminose marche di distinzione, ed ove l’Opinione Pubblica ha tanta forza d’istigare gli Eroi, i Grandi Amministratori, gli Uomini di Genio d’ogni genere, non sono poi quelle, ove i doveri della vita privata sieno meglio conosciuti, e più riputati. Colà gli Uomini, riunendosi per celebrare con istrepito i loro grandi talenti, e le loro distinte azioni, risguardano con estrema indifferenza gli onesti costumi de’ particolari; appagandosi di un bello puramente ideale su tutto ciò, che ha rapportato alla celebrità del loro Nome, e della loro Patria, all’onore della loro Nazione, e alla potenza politica del Monarca, si avvezzano a rapportare tutto a tali interessi, e con estrema indifferenza sulle virtù comuni, decidono qualche volta altresì che dalle rare qualità dello spirito se ne debbano assolutamente dispensare: nuovi motivi, nuove considerazioni, ben proprie a farci conoscere che la Pubblica Opinione non può giammai uguagliare in utilità a que’ grandi e sublimi principj di Morale Religiosa, i quali si fissano nel cuore degli Uomini, e danno a tutti delle leggi, senza distinzione di carattere, di nascita, e di dignità.
Voi unicamente, o Sire, per l’elevazione della Vostra Suprema Autorità, e per l’influenza su i Costumi Nazionali, vi trovate in quella singolare posizione, nella quale siete più tosto chiamato a dirigere la Pubblica Opinione, che a riceverne da essa delle istruzioni, e degl’incoraggiamenti. Voi nutrite que’ sublimi principj del bello morale, che emanano dal Vostro Cuore, che dipendono dalla Vostra Riflessione, e che sono i soli, capaci a dare in ogni tempo quella forza, che n’è propria, e quel coraggio, che conviene. Voi nutrite nel fondo della Vostra Bell’Anima quella Morale Religiosa, colla quale potete incessantemente accordare l’Opinione del Mondo co i giudizj della Vostra propria Coscienza; la voce della rinominanza con quell’antica Legislazione, la quale vuole che ‘l più gran bene de’ Popoli sia il primo oggetto della Vostra inquietudine; e tutt’ i Vostri doveri annessi alla Suprema qualità di Tutore, e Protettore della Felicità Nazionale. Voi sapete finalmente, o Sire, che l’influenza dell’Onore nelle Armate non può avere una forza sufficiente per dirigere gli spiriti verso il fine, che si propone senza il soccorso della Religione; poiché, se l’Onore Militare fosse estraneo a i principj generali di tal Morale tutt’ i sentimenti, che hanno rapporto all’idea di un bello sacrificio, perderebbero infinitamente la loro forza, e la base universale de’ doveri militari verrebbe unquemai a vacillare. Se il rispetto per la Religione ne venisse assolutamente distrutto; se questa semplice Opinione, che conduce seco tante obbligazioni, che serve di difesa a tanti doveri, non avesse più di sostegno, l’idea dell’Onore non tarderebbe molto a debilitarsi.
Sire: la Ragione, la Filosofia, la Politica, e la Religione comandano dunque di concerto che le Verità, finora da me enunciate, non solamente si sappiano, e si eseguiscano da tutti Coloro, che hanno la Cura e la Vigilanza della Pubblica Educazione Militare e Nazionale, ma ben anche da i Ministri di Stato, da i Generali, e da i Magistrati. Non vi dee essere chi non sappia che l’Istruzione, come un principale effetto dell’Educazione, conviene che sia la più estesa, e la più favorita dalla Vostra Sovrana Autorità; poiché essa si oppone all’ignoranza, al fanatismo, alla barbarie, unicamente per non introdursi, o per non perpetuarsi ne’ Vostri Regni que’ funesti pregiudizj, che tanto deturpano l’istinto sociale, l’avvicinamento delle Famiglie, lo spirito della Concordia, i riguardi Naturali, i Diritti delle Genti, l’Amministrazione Politica, e la Felicità generale e particolare degl’Individui. Se dunque il Potere Legitimo, o Sire, forma la Vostra Forza; se la Bontà, la Giustizia, e la Religione vi stanno tanto a cuore; se l’Amore, e un Soave Comando sono le Vostre Prerogative, dovrà essere vostra particolare sollecitudine quella di farneli tutti ben istruire. Quindi, essendo già una savia Istruzione l’unica guida de’ Vostri Guerrieri, e de’ Vostri Popoli, essa sarà la sicurezza dell’affezione, della fedeltà e del rispetto verso Voi, che ne siete l’Originale Modello. E allora sì ne avverrà che tutte le idee morali richiameranno ne’ loro cuori l’idea dell’obbligazione; l’idea dell’obbligazione quella della legge; l’idea della legge quella del Legislatore; l’idea del Legislazione quella di un Rimuneratore e di un Punitore; e le idee delle ricompense e delle pene presenteranno loro tutti que’ motivi, che hanno una diretta influenza si u loro costumi, e sulla loro condotta. Allora finalmente la Ragione, rischiarata dalla Morale Religiosa, depurerà i loro cuori; i cuori depurati abborriranno la menzogna, l’ingiustizia, la crudeltà, la ribellione; i sentimenti di Onore saranno più dilicati; i Grandi saranno più affabili; i piccoli conosceranno meglio i loro doveri; la vita sociale sarà più dolce; il patriotismo più universale; lo Stato sarà meglio servito e più tranquillo; e le passioni si cambieranno in quel nobile disinteresse, in quel coraggio generoso, in quell’entusiasmo di bene, che faranno godere a Voi il più alto grado possibile di Gloria, di Potenza, di Autorità, e di Ricchezze.


FINE.

(trascrizione della dott.ssa Teresa Lauria)