Di famiglia originaria di Pavia, trasferitasi nel
Regno nel XV secolo, Matteo Cristiano nacque nel 1616 a Castelgrande (Potenza)
da Fabrizio, dottore in legge, e da Beatrice Polino, di Muro Lucano. Come d’uso
per i figli dei professionisti, compì studi giuridici e forse esercitò, come il padre, la professione di avvocato.
Proclamata a Napoli, nell'ottobre del 1647, la Real
Repubblica Napoletana, il Cristiano
si unì al partito popolare probabilmente già dall'autunno del 1647. Agli inizi di dicembre pare che egli
abbia dato man forte al capopolo salernitano Ippolito Pastena, che da Napoli aveva qualche
difficoltà a rientrare a Salerno. Il 23 dicembre partecipò al fatto d'armi che
a Marsicovetere vide Francesco Caracciolo, duca di Martina, vicario generale
per le province di Salerno, Principato Citra e Basilicata, sconfitto, fuggire
abbandonando i carriaggi e le suppellettili. Il duca allora cercò di rifugiarsi
a Picerno, ma anche questa città si consegnòal Cristiano che unì le sue forze a
quelle di Giovanni Grillo, marchese di Montescaglioso, assediando e
conquistando Rocca Imperiale, Pisticci e Ferrandina. I successi ottenuti dal Cristiano
fecero sì che il duca di Guisa gli riconoscesse la carica di governatore
generale nella provincia di Basilicata.

Cadevano intanto Napoli e quindi Salerno, mentre il Cristiano era
riuscito, al contrario del conte del Vaglio, a sottrarsi alla cattura. Quando
Altamura si era data al duca di Martina i cittadini avevano preteso che il Cristiano
ne divenisse, governatore e capitano di guerra, ma egli non si era fidato di
quel compromesso ed era fuggito. Egli respinse anche le proposte del Caracciolo
di arrendersi, che lo raggiunsero nel Melfese, da cui si recò nel Salernitano,
dove nell'agosto avveniva il tentativo di sbarco da parte del principe Tommaso
di Savoia. Qui il Cristiano aveva conquistato alla sua causa il marchese Pietro
Concublet e con lui risalì verso il Nord, riparando in Abruzzo. Solo nell'agosto
del 1653 egli veniva arrestato, insieme con il Concublet e con Damiano Tauro,
dai comandanti Acquaviva e Tuttavilla, che conducevano dal 1648 una vasta
campagna di repressione in Abruzzo.
Furono condotti a Napoli alla Vicaria e qui condannati a morte il 20
agosto, con giudizio sommario. All'esecuzione fu data ampia pubblicità; i
condannati furono condotti su tre carri al Mercato. Agli occhi della folla
strabocchevole il Cristiano fu descritto alto, "d'aspetto civile", riccio e
rosso di capelli. Era il 23 agosto 1653: per grazia speciale del
viceré morì decapitato, anziché sulla forca.
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