Le diocesi nella provincia di Basilicata, nell'età
moderna, erano undici: Anglona e Tursi, Campagna e Satriano, Lavello, Marsico,
Matera e Acerenza, Melfi e Rapolla, Montepeloso, Muro Lucano, Policastro,
Potenza e Tricarico. Alcune di queste diocesi esercitavano la loro
giurisdizione anche su paesi appartenenti alle province limitrofe: come ad
esempio quella di Policastro che comprendeva anche comuni della Campania, o
quelle di Marsico, di Campagna e Satriano che si estendevano in Principato
Citra. Le diocesi lucane non erano omogenee tra di loro: alcune erano molto
piccole come quelle di Montepeloso, Venosa e Lavello, che comprendevano solo il
centro abitato, altre, al contrario, erano estremamente ampie come quelle di
Tursi, Tricarico, Matera e Acerenza. Nel caso di Acerenza vi era anche una
discontinuità territoriale della diocesi, che si intersecava con paesi
sottoposti alla giurisdizione vescovile di Gravina, Montepeloso e Tricarico.
A questa frammentazione territoriale delle
diocesi lucane si aggiungeva anche la pessima viabilità che unita al clima,
freddissimo d'inverno, soffocante e malarico d'estate, e al pericolo delle
incursioni barbaresche lungo le coste, faceva si ché le sedi vescovili della
Basilicata non furono mai molto ambite e la loro complessa realtà territoriale
finì per limitare l'azione pastorale dei vescovi che risiedevano nelle diocesi.
Dopo il Concilio di Trento, non solo il vescovo
aveva obbligo di risiedere all'interno della diocesi, ma anche una serie di
compiti tra cui migliorare la preparazione del clero e il livello religioso delle
masse, diffondere la dottrina cristiana, proteggere i dogmi della fede dalle
pratiche magiche e da abusi di ogni genere e di difendere la giurisdizione
ecclesiastica. Compito non certo facile in una realtà come quella della
Basilicata dove tutto era contro, dalla difficoltà di viaggiare e dunque
raggiungere la popolazione, all'arretratezza di quest'ultima e del clero.
I seminari, previsti dal Concilio per
migliorare la formazione del clero, in Basilicata ne nacquero soltanto tre
nella seconda metà del Cinquecento, quello di Muro Lucano nel 1565, quello di
Policastro nel 1591 e quello di Melfi nel 1597, mentre altri ne sorsero nel
secolo successivo. Alcuni vescovi nel frattempo misero a spese proprie scuole
di grammatica. Comunque i seminari lucani non ebbero mai vita facile a causa
delle difficoltà economiche in cui si trovavano le diocesi lucane, dovuto dalla
tenuità delle rendite del clero, in quanto erano questi a dover provvedere al
mantenimento dei seminari attraverso una specifica tassa.
Riguardo le visite pastorali, anch'esse
previste dal Concilio, vi era l'intenzione da parte dei vescovi di mettere in
pratica tale impegno ma purtroppo questi, nelle varie generazioni, si
scontrarono con un peggioramento della situazione della popolazione lucana che
ne condizionò e spesso vanificò ogni buona intenzione dei vescovi. Sull'azione
pastorale influirono negativamente, non solo le difficoltà territoriali e
climatiche, ma anche le condizioni demografiche, sociali ed economiche della
Basilicata, rese più drammatiche dalle crisi agrarie del Seicento e l'aumento
della pressione fiscale. A risentirne maggiormente di queste difficoltà erano
le grandi diocesi, mentre quelle piccole riuscivano meglio ad organizzarsi con
poche risorse.
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