giovedì 14 ottobre 2021

L'antica Lucania. 19. La vita quotidiana nell'Alto Impero

La Lucania dal II secolo a.C. viene densamente occupata dall’impianto di numerose villae che soprattutto nelle aree interne hanno prevalentemente carattere produttivo. Ora l’economia romana dal tipo pastorale passa al modello agricolo prima catoniano e poi varroniano; esso dà impulso alla diffusione delle ville a produzione schiavistica, funzionali ad attività produttive specializzate, come olive, frutta, ortaggi e legumi, nonché all’allevamento del bestiame ed alla lavorazione dei prodotti che ne derivavano, come lana, latte e formaggio . Accanto alla cella vinaria alcuni ambienti potevano essere adibiti a deposito per il foraggio .
Anche in Lucania le condizioni per questa forma di sfruttamento terriero erano evidentemente mature, e così i primi esempi di questo nuovo tipo di villae fecero la loro comparsa intorno alla metà del II secolo a.C.; a Monte Irsi (Irsina)  è stata rinvenuta una stalla, parte della villa rustica di una vasta proprietà , costituita da una serie di almeno nove stanze, per lo più aperte verso sudovest, che dovettero servire a ospitare i numerosi buoi utilizzati nei lavori di aratura .
Ugualmente importante sul piano economico continuava ad essere l’allevamento dei maiali. La Lucania era già nota per la sua salsiccia, conosciuta col nome di lucanica, ed è possibile che la carne di maiale venisse trasformata in salsicce e venduta fuori del territorio regionale .
Al II secolo a.C. si datano anche i resti di una villa più modesta in località Braida di Brienza, con i suoi locali addetti ad attività produttive . Ma essi spesso, a causa di eventi specifici e non sempre chiari che colpiscono i singoli impianti, non durano a lungo: a Monte Irsi, la prima fase della costruzione degli edifici domestici (solo parzialmente esplorati dallo scavo) si ebbe probabilmente dopo l’abbandono della stalla» nel I secolo d.C. 
L’immediato hinterland di Metaponto era ancora abitato, ma in misura molto ridotta. Ancora esistevano alcune masserie, ma la terra veniva impiegata in maniera sempre crescente per la produzione di foraggio. Varrone fa riferimento al saltus metapontino dove le pecore di C. Aufidio Ponziano, dopo esservi state trasferite dall’Umbria, vennero foraggiate prima di essere vendute al mercato di Eraclea .
Nell’antica Roma e negli anfiteatri provinciali, come a Venosa  e a Grumentum, ove ne rimane il ricordo in una epigrafe di II secolo d.C. , si organizzavano scontri tra gladiatori, o tra belve, o tra queste ed animali selvatici, o tra cani e selvaggina o tra cacciatori e belve; queste venivano ospitate in appositi locali al di sotto dell’arena, come a Venosa , o in carri muniti di gabbie, come a Grumentum, ove l’anfiteatro non era provvisto di tali locali ma di un corridoio frequentato da gladiatori e forse anche da belve . 
In Lucania prosperavano aceri, cipressi, querce, castagni, faggi, ed i cipressi con il loro frutto erano considerati anche un antidoto contro il morso di serpenti .
In epoca imperiale si diffuse l'allevamento di pesci in piscine e vivai, anche alimentati da acqua di mare lungo la costa. Alla fine del II secolo risale la nascita dei primi vivai di ostriche, costruiti proprio a Baia, località della costa campana, che riforniranno i ricchi possessori della Lucania (come quello della villa di San Giovanni di Ruoti). Il garum si produceva a Maratea nelle vasche dell’isola di Santo Ianni ; peschiere sono attestate anche a Licosa , oltre che nella stessa costa marateota, mentre saline, utili per la salagione del pesce e di ogni carne proveniente da allevamenti locali e non solo, erano in uso presso S. Marco di Castellabate (SA), ove funzionava un importante porto romano .
Molto più tardi della carne arrivò nell’alimentazione romana il pesce. Tra i pesci più mangiati troviamo l’orata, la triglia, la sogliola e il luccio.
 Essi erano accompagnati da verdure bollite, carni o fegati  e li troviamo illustrati, come altri animali, con significati diversi collegati anche al mito ed alle concezioni dell’al di là, anche nell’arte e nell’artigianato documentati nella Lucania romana in reperti sia locali che di importazione .
I bambini lucani e romani giocavano con carrettini provvisti di ruote e a forma di animali, gli stessi con cui convivevano quotidianamente nelle campagne lucane . Venivano usati come giocattoli anche i poppatoi che dovevano servire, oltre che ad attirare l’attenzione con forme avvincenti (spesso animali soprattutto cagnolini e maialini), con colori sempre molto vivaci e con il rumore che termina, una volta finita la poppata .

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
ADAMESTEANU D. (a cura di), Storia della Basilicata. 1. L’Antichità, Roma-Bari, Laterza, 1999.
DE LACHENAL L. (a cura di), Da Leukania a Lucania. La Lucania centro-orientale fra Pirro e i Giulio-Claudii, Venosa – Castello Pirro del Balzo 8 novembre 1992 – 31 marzo 1993, Roma 1993.
MAGALDI E., Lucania romana, Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani, 1947.

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