domenica 16 dicembre 2018

La Basilicata contemporanea. 28a. Il generale Giuseppe Pennella: l'esordio bellico (Antonio Cecere)

No, disse il Piave! No, dissero i fanti! Mai più il nemico faccia un passo avanti!

Non sarebbe esistita la vittoria italiana nella prima guerra mondiale. Non sarebbe esistita la canzone del Piave. Non sarebbe esistita l'Italia di oggi. Non saremmo stati davvero italiani. Non sarebbe stato nulla di tutto questo se in quel giugno di 100 anni fa un rionerese non avesse sbaragliato gli austriaci e tirato su il morale, ormai sotto i tacchi delle scarpe, dopo Caporetto, dell'intero esercito italiano. Saremmo arrivati senza Pennella al 4 novembre? No! Sarebbe finita. Per sempre. Con l'Austria che estendeva i suoi confini fino al lago di Garda, Verona inclusa. Forse anche Milano. 
Era l'8 agosto del 1864 quando Giuseppe Pennella nacque nell'appena nata, a sua volta, Rionero in Vulture. Non sembra possibile ma Pennella e Rionero in Vulture sono nati lo stesso giorno. In quell' 8 agosto 1864 mentre Antonio Pennella, farmacista di Rionero, registrava la nascita del figlio Giuseppe presso l'anagrafe comunale, la cittadina fortunatiana che da tempo immemore si chiamava soltanto Rionero, implementò nel nome anche la geolocalizzazione "in Vulture". Segno del destino? Coincidenza? Non si sa. Quello che si sa è che Pennella e di riflesso anche Rionero, sarebbero entrati nella Storia. La grande storia. Un uomo dalla carriera militare formidabile, uno stratega, un pianificatore, un Carlo Martello a Poitier, uno Jan Sobienski a Vienna. Questi ultimi due esempi non sono casuali. Rappresentano, infatti, alcune delle più significative esperienze di resistenza ad epocali assedi. A 13 anni, Peppino Pennella, come si firmava nelle lettere più intime, entrò nel Collegio Militare di Napoli arrivando primo su 32 idonei al concorso quadriennale. Nel 1882 andò a Modena, alla Scuola Militare, sorpassando più di 450 idonei su un totale di 499. Quando entrò alla Scuola di Guerra non deluse le aspettative arrivando secondo su trenta idonei. Di qui prese il brevetto presso il Comando del Corpo di Stato Maggiore e poi si iscrisse alla facoltà fisico – matematica dell'Università di Roma. In successione una serie di incarichi e missioni difficilissime, importanti e molto delicate. Senza contare i numerosi peripli sulle alpi per scandagliare palmo a palmo il suolo italico di confine. Ottenne dal Cadorna il riconoscimento delle sue non comuni abilità attraverso l'assegnazione del Comando della Brigata Granatieri di Sardegna in sostituzione del Gen. Pirzio – Biroli. Un onore riservato, convenzionalmente, a soli ex granatieri (come Pennella) ma non scontato affatto. Riporto le parole di Pennella per l'assegnazione tratte dall’opera 12 mesi al Comando della Brigata Granatieri

Giurai a me stesso quella mattina che una volta al comando della brigata, mi sarei recato per alcune ore tutti i giorni a vivere con i miei granatieri la loro vita in trincea per sentirne le ansie, i palpiti, i propositi, i sacrifizi, il polso: per animarli ed incitarli con la mia parola ed il mio esempio. Dio ed i miei granatieri mi sono testimoni che ho sempre tenuto fede al mio giuramento. Non è passato giorno che non sia andato in trincea. Nessun ostacolo mi ha mai arrestato: non la neve o la pioggia, non il vento od il fango, non il tiro del nemico. Andare cotidianamente tra i miei granatieri diventò per me bisogno irresistibile, diventò gioia della quale non mi sarei potuto privare a nessun costo. Non si può degnamente comandare non mantenendo assiduo contatto col soldato e la trincea. Questi contatti mantenuti per interposte persone, per quanto devote e coscienziose, spesse volte possono indurre in errori fatali e allontanano le anime dei gregari da quella del capo.

Da queste poche righe emerge nettamente che Giuseppe Pennella si sentiva generale e sacerdote insieme. Egli sa che il generale non deve essere il comandante rigido chiuso in partenza nella sua botte di ferro protetto dalla sua autorità bensì deve essere prima di tutto un soldato. Ma Pennella sa bene anche che non si può ottenere granché dai soldati, se prima non si prepara loro un terreno adatto a far germogliare i semi delle loro capacità. Sa che difficilmente si può toccare l’animo di un soldato se questi non è materialmente curato anche nei momenti di riposo, di istruzione, di tregua nelle seconde linee. Raggiungendo il comando della sua Brigata in quel di Udine, vide che i suoi granatieri stavano materialmente male. Accampamenti fangosi e antigienici, sporcizia, disagio, trascuratezza nelle vesti e nel corredo, assenza di bell’aspetto, di marzialità, abbruttimento, o quasi. Così volle immediatamente elevare le condizioni fisiche della sua Brigata. Ed ecco che in breve sorsero nuovi accampamenti salubri, con speciale assistenza sanitaria, con buone cucine da campo, con bagni, svaghi, pulizia; ecco, in breve, trasformarsi quegli irriconoscibili, e fangosi e depressi soldati in baldi granatieri di Sardegna, lindi, dignitosi nel portamento, marziali nell’aspetto, gioviali e sereni. Formato il substrato materiale, Pennella si accinse ad attuare i suoi nobili progetti in materia disciplinare e morale: propaganda di persuasione fatta con fini e squisiti mezzi psicologici, che solo un grande conoscitore dell’anima umana, come lui, poteva escogitare. Sapeva bene una cosa: 
«Tra i mezzi che in guerra più efficacemente possono concorrere al mantenimento della disciplina spirituale, il mio programma assegna il primo posto alla necessità di incitare e continuatamente stimolare al grande amore che deve giungere a riempire di sé l’anima del soldato, quello cioè per la Patria ed il Re, che riceve sostegno ed ausilio grandissimo dall’amore della famiglia e da quello di Dio. Una preghiera, quindi, che riesca a collegare in uno questi tre amori, recitata, o meglio, cantata in coro tutti i giorni, mattina e sera dai soldati riuniti per squadre o per plotoni, presenti tutti gli ufficiali inferiori, riesce di una efficacia grandissima e della quale solo chi l’ha praticata è in grado di apprezzarne l’intimo valore».
Fu così che da questa idea ne nacquero svariate canzoni del cantautore Pennella: « La preghiera dei Granatieri al campo», «Passa il Re!».

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