Il catasto Onciario (o Carolino) fu così chiamato dal momento che per la valutazione dei beni da tassare venne usata l’oncia .
La riforma fiscale del Regno di Napoli e di Sicilia, voluta da Carlo di Borbone (1741), aveva lo scopo di reperire risorse necessarie al finanziamento di uno Stato Moderno; e si caratterizzava per una più giusta equità sociale, in quanto tassava i grandi patrimoni, specie quelli ecclesiastici e parte di quelli feudali .
Carlo di Borbone, “Don Carlos”, figlio del Re Filippo V di Spagna e della Regina Elisabetta Farnese, dopo la vittoria di Bitonto nel 1734 sull’esercito austriaco divenne Re di Napoli e di Sicilia e ripristinò dopo oltre due secoli di dominazione, prima spagnola, poi austriaca, l’indipendenza del Regno di Napolie il suo ritorno agli antichi splendori (dobbiamo al Re Carlo il Teatro di S. Carlo, il più antico teatro lirico d’Europa, inaugurato il 4 novembre 1737, giorno onomastico del sovrano).
Il nuovo catasto doveva provvedere al censimento della ricchezza prodotta dalla popolazione del Regno e arginare il potere fiscale detenuto dalla Regia Camera della Sommaria. Si volle adottare un sistema tributario più equo basato sulla tassazione degli abitanti (e non su quella dei beni e della ricchezza in genere) e dei beni ecclesiastici e feudali fino ad allora non soggetti a imposte. Infatti, fino alla metà del XVIII secolo, il sistema utilizzato dalle Università del Regno di Napoli era a gabella e a battaglione.Il sistema della gabella prevedeva imposte calcolate sui consumi, specie sulle derrate alimentari, come il grano ed il sale. L’altro, detto a catasto o inter cives, volgarmente chiamato a battaglione, prevedeva la stima dei beni di proprietà dei cittadini e dei redditi provenienti dalle loro attività. Lo scopo della riforma era quindi quello di registrare contemporaneamente la popolazione e la ricchezza da essa prodotta ed assicurare un prelievo fiscale uniforme in tutto il Regno.
Il catasto Onciario fu ordinato da Carlo di Borbone con dispaccio del 4 ottobre 1740 e regolato da una serie di disposizioni emanate dalla Regia Camera della Sommaria tra il 1741 ed il 1742, per un totale di 12 Prammatiche riunite tutte sotto lo stesso titolo, Forma censualis, et capitationis, sive de catastis, la prima delle quali è del 17 marzo 1741, l’ultima del mese di settembre 1742. Accanto alle precise istruzioni relative alla formazione degli Onciarii venne disposto, fra l’altro, che anche i feudatari dovessero esibire le rivele di tutti i loro beni, affinché questi potessero essere accatastati rispettando tutte le formalità stabilite dalle Prammatiche stesse.
Il catasto fornisce, a tutti gli effetti, dettagliate informazioni sui beni dei contribuenti: delle abitazioni è descritta la tipologia, l’ubicazione, spesso anche la grandezza (“casa palaziata”, “comprensorio di case di vani soprani e sottani”); dei terreni sono indicati i confini, l’estensione e la natura delle colture; vi è quindi la descrizione degli eventuali capi di bestiame.
All’elenco dei beni segue quello dei pesi, costituiti, in genere, dal pagamento di censi e canoni agli enti ecclesiastici e al feudatario e da interessi su capitali presi in prestito.
Il catasto fornisce, altresì, dettagliate informazioni sui nuclei familiari, indicando, per ciascuno di essi, il numero dei componenti, la loro età, l’attività svolta ed il rapporto di parentela con il capofamiglia.
Per la realizzazione del catasto tutte le Università, eccettuati Napoli e i suoi casali, ed alcune province della Calabria Ultra, esentate da imposte, dovettero eleggere dei deputati e degli estimatori, incaricati della compilazione degli “atti preliminari” e, rispettivamente, della valutazione ("apprezzo") dei beni. I cittadini e coloro che possedevano beni erano invece tenuti alla redazione delle "rivele", vere e proprie autocertificazioni nelle quali, oltre ad elencare i componenti della famiglia con le relative attività, dovevano riportare i redditi e gli eventuali pesi deducibili ai fini del calcolo dell’imponibile. Al compimento della raccolta delle rivele, sostituite, in mancanza di esse, dalle valutazioni degli estimatori, veniva redatto il libro del catasto, nel quale era riportato il calcolo della tassa a carico di ciascun nucleo familiare.
Per un preciso censimento della popolazione del Regno, fu richiesta anche l’opera dei Parroci, che, mediante il cosiddetto Stato delle Anime , nel quale si registravano battesimi, matrimoni e morti, erano i soli ad avere un quadro preciso della popolazione residente.
Il Catasto Onciario costituì un importante antecedente dell’introduzione dello Stato Civile, poi voluto da Gioacchino Murat a partire dal 1809, e rappresenta un documento importante ai fini della ricostruzione delle condizioni economiche e sociali dei nostri antenati nel secolo XVIII, dal momento che elenca analiticamente le singole famiglie , con indicazione dei nomi dei componenti, della loro età, dei rapporti di parentela, e i relativi possedimenti.
Per complessità, resistenze incontrate e ritardi nella stesura - poche Università riuscirono a redigere i catasti entro il termine stabilito di quattro mesi e la maggior parte li portarono a compimento in ritardo - il catasto onciario si rivelò un sostanziale fallimento, almeno dal punto di vista della modernizzazione del sistema fiscale del regno.