giovedì 8 luglio 2021

La Basilicata moderna. 40. Ruolo e incidenza dei Benedettini - La SS. Trinità di Venosa

Nel corso dell’Età moderna, anche in Basilicata notevole, se non quasi “monocratica”, fu la rilevanza assunta dalla Chiesa, che assunse una posizione tutt’altro che statica nei confronti della società, adoperandosi per stabilire rapporti solidi con il mondo laico, conformando la propria azione in vita di un reale, incisivo, inserimento all’interno dei quadri dirigenti locali . In effetti, la Chiesa seppe garantirsi una rilevante base patrimoniale, tanto più in coincidenza con il difficile periodo attraversato negli anni della Controriforma, soprattutto perché essa gestiva gran parte dell’agro lucano. 
Se, in effetti, l’«azienda clerale» ricettizia fu il perno socio-economico della provincia, anche in Basilicata gli ordini religiosi ebbero notevole rilevanza nella “riconquista” delle anime e, in realtà, la tenuta del clero sul territorio lucano fu garantita proprio da monasteri e grancie, tra le quali spiccano quelle dei Benedettini, che vi lasciarono una traccia profonda. 
Notevoli sono, infatti, le testimonianze e i dati.  
La presenza di monasteri, italogreci e benedettini, è attestata in Basilicata a partire dall'VIII secolo con la diffusione di monasteri, chiese, grancie, prova evidente del contributo della regione ad una forte identità culturale del Mezzogiorno. L'insediamento e la diffusione capillare di quelle comunità monastiche, inoltre, testimonia non solo la forte religiosità delle popolazioni lucane, ma anche la capacità di quegli ordini di organizzare il territorio, determinarne l'assetto degli abitati e dare un apporto significativo allo sviluppo dell'agricoltura, del commercio e dell'industria del territorio. Gran parte degli edifici e delle fabbriche monastiche sono ormai ridotti a ruderi, e di alcuni non vi è più traccia, distrutti da eventi naturali o dall'azione dell'uomo, anche se le fabbriche più importanti, come la Santissima Trinità di Venosa e Monticchio, hanno conservato parti significative degli edifici.

  
Il monastero della SS. Trinità di Venosa sarebbe stato istituito nel 942, per iniziativa di Gisulfo I principe di Salerno, su richiesta di un suo parente, il nobile Indulfo, che ivi successivamente divenne monaco . La maggioranza degli studiosi ritiene che a questo testo, certamente frutto di una falsificazione o di una interpolazione nella forma in cui ci è pervenuto, debba essere ugualmente riconosciuta una sostanziale attendibilità, soprattutto in base all’analisi architettonica, che ha rivelato e rivela nel monumento una complessa stratificazione strutturale, con riconoscibili frasi prenormanne. Tuttavia le scoperte più recenti, come pure il reimpiego nella costruzione di parti murarie impostate ad una quota che sembra essere pertinente a strutturare tardoantiche, inducono a ritenere che l’impianto chiesastico sia precedente al X secolo e danno credito alla tradizione, raccolta anche dell’Ughelli , secondo la quale la chiesa della Ss. Trinità sarebbe stata, per un certo periodo, la cattedrale cittadina, rimettendo in discussione la fondazione abbaziale del 942. Comunque, sia stata preesistente soltanto la chiesa o la stessa comunità benedettina, l’interessamento del normanno Drogone verso quest’ultima, testimoniato dalla bolla di Niccolò II del 25 agosto 1059, non sembra limitato all’intervento di carattere edilizio in essa esplicitamente ricordato, monasterium Sancte Trinitatis de veteri civitate Venusia labore extructum a Dregone comite, restaurari ceptum per te [abate Ingilberto], ma assume il carattere di una vera e propria fondazione de novo, in quanto la conferma pontificale non solo definisce le grandi linee della disciplina religiosa e la condizione del monastero, ma stabilisce anche la misura stessa dei censi dovuti alla Santa Sede.  
Sono notevoli gli edifici conservatisi dall’abbazia medioevale, cioè la «chiesa anteriore», la «foresteria» e la grandiosa «chiesa incompiuta» . Un accurato bilancio di queste ricerche storico-artistiche e delle loro proposte, spesso contrastanti, per la datazione delle fasi costruttive è stato tracciato da Corrado Bozzoni  che attribuiva la «chiesa anteriore» all’epoca dei primi Normanni (1043/6-1085), indicando come inizio della costruzione della grande «chiesa incompiuta» il decennio tra il 1170 e il 1180, quando l’abbazia venosina, sotto l’abate Egidio, avrebbe raggiunto «nuovamente un’eccezionale potenza e prestigio» . Questa tesi è, però, stata contrastata recentemente, quando si è ipotizzato che la «chiesa incompiuta» fosse stata progettata e iniziata già sotto l’abate normanno Berengario, cioè nella seconda metà del secolo XI o al più tardi all’inizio del secolo successivo, cioè all’epoca di Ruggero Borsa (1085-1111). 
Anche per quanto riguarda la cosiddetta «foresteria», le cui origini erano state attribuite all’epoca longobarda , recentemente sono state avanzate nuove proposte di interpretazione: sulla base della funzione della S.S. Trinità come chiesa sepolcrale dei primi Altavilla, la «foresteria» dovrebbe risalire, nella sua forma odierna, a due fasi costruttive. Nella prima fase, attribuibile all’epoca di Roberto il Guiscardo (1085), sarebbe stato costruito il nucleo dell’edificio destinato a ospitare gli Altavilla quando si recavano in visita all’abbazia. Nella seconda fase costruttiva, attribuita al XIII secolo, l’edificio sarebbe stato modificato e allargato, e solo allora esso avrebbe assunto la funzione di foresteria, nel senso di «ospizio» per i pellegrini. Le recenti indagini archeologiche hanno messo in evidenza come la chiesa (anteriore) della SS. Trinità di Venosa, poi trasferita in altro luogo (cioè in corrispondenza dell’odierno castello allora non ancora esistente), fu oggetto di numerosi restauri promossi da Drogone di Altavilla alla metà dell’XI secolo .  
Il primo importante contributo descrittivo e critico sull’abbazia della Trinità deve essere indicato nell’opera di Heinrich W. Schulz, che accanto ad una sintesi delle vicende storiche del monumento, derivate dalla letteratura precedente e dalle fonti epigrafiche, pubblicò per primo una planimetria del complesso (tuttavia incompleta e imprecisa) ed alcuni notevoli disegni di capitelli e di uno dei portali. Secondo lo studioso tedesco, le residue strutture della chiesa incompiuta, cioè l’impianto planimetrico con deambulatorio e cappelle radiali, di chiara derivazione francese, dovevano essere ritenute il frutto di una ricostruzione progettata alla fine del XIII secolo; mentre la chiesa anteriore rappresenterebbe ancora l’edificio innalzato dai primi normanni.  

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