giovedì 31 dicembre 2020

Lo "scarabattolo" del Palazzo Sanseverino a Saponara in Val d'Agri del XVII secolo (Maddalena Albano)

Gli spazi geografici che hanno subito sconvolgimenti naturali, con trasformazioni su un piano geologico, ma ancor di più su quello antropico, conservano sempre una relazione tra passato e presente, tra visibile e invisibile, per cui tracce del vissuto a cui hanno fatto da sfondo e che sembrano svanite nel nulla, prima o poi riemergono come fantasmi dalla forte valenza emozionale e con cui porsi in atteggiamento dialogante. 

È questo il caso di alcuni centri della Val d’Agri, in provincia di Potenza, devastati dal violentissimo terremoto del 1857, che a fatica ma lentamente restituiscono qualche traccia importante di un passato più o meno lontano. In quest’ottica, è interessante, ad esempio, percorrere quelle tracce che consentono di ricostruire caratteristiche generali e particolari del leggendario palazzo Sanseverino di Saponara, oggi Grumento Nova, di cui sono sopravvissute solo poche evidenze materiali, ma che rappresenta un campo di ricerca inesplorato e di grande interesse per molteplici punti di vista, soprattutto per la ristrutturazione che ne venne fatta a fine Seicento, per gli eventi che ospitò in tale epoca e per alcuni oggetti da collezione che vi si conservavano. 

È proprio in relazione a quest’ultimo aspetto che proponiamo un flash storico, per suggerire percorsi di ricerca in relazione ad un interessante oggetto tra quelli presenti nell’antico castello in epoca seicentesca. In una delle stanze private del palazzo, come documentato in testi originali del 1686, era conservato uno “scarabatto”, ovvero un prezioso oggetto religioso dalla forma particolare, quella di un carro trionfale dell’altezza e lunghezza di un palmo, di corallo, con due cavalli d’argento dorato, guidati da due puttini anch’essi di corallo, con l’immagine di Santa Rosalia fatta anch’essa dello stesso materiale marino. 


L’oggetto desta particolare interesse per vari motivi. In primo luogo il raffinato “scarabatto” rappresenta un collegamento con il mondo siciliano da cui proveniva la principessa di Paceco Maria Fardella (1680-1709), moglie del principe Carlo Maria Sanseverino (1644-1704). La città di Trapani, nella cui area si pone il principato di Paceco, di cui era signora Maria Fardella, era nel 1600 uno dei centri più rinomati per la lavorazione del corallo. La liberazione del mare dai Turchi, grazie alle vittorie di Carlo V, permise dal 1500 una più ampia circolazione di materiali e oggetti d’arte nel Mediterraneo, tra Italia e Spagna in particolare, e consentì “l’individuazione e la pesca di nuovi banchi di corallo, tanto che non a caso il sovrano riceveva dalla città di Trapani […] simbolici doni”. 

Una sostanziale certezza sulla fattura siciliana del carro viene data da diversi elementi. Il culto di Santa Rosalia si era fortemente radicato nell’isola proprio nel XVII secolo. “A seguito del rinvenimento dei resti mortali di Santa Rosalia nel luglio 1624, in una grotta del Monte Pellegrino, si ebbe a Palermo un fiorire di opere realizzate nei più svariati materiali dedicate alla Vergine eremita. Attraverso i secoli si è così tramandato un significativo corpus di immagini che trovano, oltre che nella tela e nel marmo, anche nel legno, nell’alabastro, nell’avorio, nella madreperla, nella tartaruga, nella ceramica, nell’argento e nel corallo un mezzo espressivo assai congeniale”. La forma particolare della preziosa suppellettile si accorda inoltre perfettamente con la tradizione dei festeggiamenti della santa.

Ancora troviamo validazione all’ipotesi della provenienza siciliana, da notizie su casa Paceco Fardella, nella tradizione della famiglia da cui discendeva la principessa Maria. Non si può non ricordare la nonna della principessa stessa, Maria Pacheco y Mendoza che, rimasta vedova di Placido Fardella nel 1629, si ritirò, con il nome di Maria della Santissima Trinidad, nel monastero de las Descalzas Reales di Madrid, raccogliendovi una vera e propria collezione di oggetti sacri di corallo realizzati a Trapani. Potremmo quindi addirittura ipotizzare che quello di Saponara fosse un ricordo di famiglia che la principessa aveva portato con sé dalla sua casa siciliana e che forse trasferiva ogni volta che si spostava da un palazzo all’altro in cui era solita risiedere. 

Il riferimento della Relatione nozze allo scarabatto consente ancora di chiarire forse un passaggio del Pacichelli del suo famoso testo sul Regno di Napoli in cui l’autore, descrivendo la cavallerizza del Palazzo Sanseverino a Saponara, parla di una carrozza e seggia di raccamo, co’rapporti di coralli. Pur non potendo escludere che nella cavallerizza del palazzo fosse presente una vera carrozza con le caratteristiche sottolineate dal Pacichelli o, magari, con del corallo usato anche solo come elemento di decorazione, resta comunque difficile pensare ad un uso del corallo per la realizzazione dei rapporti di una carrozza vera e propria. Il corallo era un materiale prezioso, utilizzato per gioielli o oggetti da collezione, per cui lo scrittore può aver equivocato, sentendo favoleggiare del famoso scarabattolo di corallo a forma di carro posseduto dal principe Carlo Maria, cosa che attesterebbe anche una sua mancanza di conoscenza diretta della casa dei principi. 

Il gusto per oggetti sacri e preziosi è tipico di un’epoca investita dallo spirito controriformistico che intensificò pratiche preesistenti come la conservazione di reliquie e di immagini religiose. La Chiesa favoriva il diffondersi di queste consuetudini che permettevano la circolazione di esempi morali di beati particolarmente edificanti e le famiglie aristocratiche, con una maggior disponibilità economica, trovavano anche in questo tipo di oggetti elementi di prestigio sociale, nonché di cura della propria religiosità e spiritualità, divenendo tra i committenti più importanti di questi prodotti. L’oro e l’argento si accostavano ad altri materiali come l’avorio, l’alabastro, l’ambra, le conchiglie, le perle e in particolare il corallo, apprezzato sia per il suo valore apotropaico, che per quello artistico in sé, espresso nella realizzazione di veri mirabilia, che dovevano destare lo stupore di chi aveva la fortuna di ammirarli e comunicare ricchezza e prestigio del proprietario. Pur non avendo, ad oggi, alcuna traccia per individuare lo scarabattolo di Saponara, possiamo immaginarne la fattura, sulla base di esempi di opere preziose delle maestranze trapanesi e comunque avanzare un’ipotesi suggestiva, tutta da verificare. 

BIBLIOGRAFIA

  • Relatione delle nozze celebrate nella città della Saponara ...  28 d’aprile 1686, in Napoli, presso Salvatore  Castaldi, 1686.

1 commento:

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