La lettera è scritta il 25 giugno del 1713 dal Giacomo Antonio del Monaco a Matteo Egizio, erudito vissuto tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento. Essa è considerata "di pregio" per la Biblioteca Nazionale di Potenza e racconta la storia dell'antica colonia di Grumento.
Il manoscritto si apre con una prefazione, in forma epistolare, indirizzata al Signor Abate Vincenzo Minutoli, nobile lucchese, da parte di padre Sebastiano Pauli, incaricato di informare il Signore riguardo a "notizie d'antichità". Quest'ultimo racconta di avere notizie sulla colonia di Grumento e che tali informazioni le ha apprese da una lettera di Matteo Egizio, da lui considerato " uomo colto, che oramai sa tutto il mondo".
Da qui in poi, si ha il contenuto della lettera citata nel titolo.
Nella parte iniziale, il mittente della lettera scrive di essere andato di persona sul territorio per visitare le antichità scoperte dall'arciprete Carlo Danio, riguardanti l'antica colonia di Grumento, allora conosciuta come la Saponara; decide di raccontare al meglio ciò che vede per soddisfare la dotta curiosità del suo destinatario, Matteo Egizio. Interessante sottolineare la precisione con cui Del Monaco descrive la città, partendo dalla sua collocazione, analizzando il suo passato, citando anche le diverse fonti, per arrivare a descrivere ciò che ne rimaneva.
La Saponara, per ragioni territoriali, doveva essere compresa nella provincia di Basilicata, ma sin dal tempo di Roberto il Guiscardo fu congiunta all'altra di Principato Citra. Per quanto riguarda le sue origini, la Saponara è ciò che resta dell'antica colonia di Grumento. Come testimonia uno dei marmi conservati dall'arciprete, si intende che Grumento era stata una colonia romana, che fiorì con Tiberio, ma già esistente quando Cornelio e Cecilio erano consoli nel 674 di Roma.
La sua distruzione avvenne per mano dei Saraceni e gli abitanti vissero nelle rovine della loro patria fino al pontificato di Leone VIII, quando l'arciprete Donato Leopardo trasferì il popolo in un colle, distante mezzo miglio dall'antica città, che fortificò e cosi fu fondata la Saponara.
Il nome deriverebbe da un altare di Serapide che vi era e che dal volgo viene chiamato Sapon.
Importante aspetto è la grande testimonianza archeologica data dalle rovine dell'antica città: un acquedotto, due anfiteatri, uno di forma più grande e l'altro più piccolo. Già al tempo in cui la lettera fu scritta, nel territorio, grazie alla continua coltivazione, si trovò una grande quantità di medaglie di bronzo e di argento e una volta furono ritrovati antichi cucchiai di argento. Invece, nei pressi della città, furono scoperti dei sepolcri. Di valore furono anche alcune statue e iscrizioni che fecero pensare a Grumento non solo come una colonia romana, ma una colonia militare.
Giacomo Antonio Del Monaco, infine, racconta che grazie all'arciprete dedicatosi agli scavi, si scoprì un'ampia strada che conduceva fino alle porte della città, considerata come la strada reale, maestra; essa fu costruita in modo tale che l'acqua piovana non si raccogliesse, ma scorresse lungo le estremità.
Il manoscritto si apre con una prefazione, in forma epistolare, indirizzata al Signor Abate Vincenzo Minutoli, nobile lucchese, da parte di padre Sebastiano Pauli, incaricato di informare il Signore riguardo a "notizie d'antichità". Quest'ultimo racconta di avere notizie sulla colonia di Grumento e che tali informazioni le ha apprese da una lettera di Matteo Egizio, da lui considerato " uomo colto, che oramai sa tutto il mondo".
Da qui in poi, si ha il contenuto della lettera citata nel titolo.
Nella parte iniziale, il mittente della lettera scrive di essere andato di persona sul territorio per visitare le antichità scoperte dall'arciprete Carlo Danio, riguardanti l'antica colonia di Grumento, allora conosciuta come la Saponara; decide di raccontare al meglio ciò che vede per soddisfare la dotta curiosità del suo destinatario, Matteo Egizio. Interessante sottolineare la precisione con cui Del Monaco descrive la città, partendo dalla sua collocazione, analizzando il suo passato, citando anche le diverse fonti, per arrivare a descrivere ciò che ne rimaneva.
La Saponara, per ragioni territoriali, doveva essere compresa nella provincia di Basilicata, ma sin dal tempo di Roberto il Guiscardo fu congiunta all'altra di Principato Citra. Per quanto riguarda le sue origini, la Saponara è ciò che resta dell'antica colonia di Grumento. Come testimonia uno dei marmi conservati dall'arciprete, si intende che Grumento era stata una colonia romana, che fiorì con Tiberio, ma già esistente quando Cornelio e Cecilio erano consoli nel 674 di Roma.
La sua distruzione avvenne per mano dei Saraceni e gli abitanti vissero nelle rovine della loro patria fino al pontificato di Leone VIII, quando l'arciprete Donato Leopardo trasferì il popolo in un colle, distante mezzo miglio dall'antica città, che fortificò e cosi fu fondata la Saponara.
Il nome deriverebbe da un altare di Serapide che vi era e che dal volgo viene chiamato Sapon.
Importante aspetto è la grande testimonianza archeologica data dalle rovine dell'antica città: un acquedotto, due anfiteatri, uno di forma più grande e l'altro più piccolo. Già al tempo in cui la lettera fu scritta, nel territorio, grazie alla continua coltivazione, si trovò una grande quantità di medaglie di bronzo e di argento e una volta furono ritrovati antichi cucchiai di argento. Invece, nei pressi della città, furono scoperti dei sepolcri. Di valore furono anche alcune statue e iscrizioni che fecero pensare a Grumento non solo come una colonia romana, ma una colonia militare.
Giacomo Antonio Del Monaco, infine, racconta che grazie all'arciprete dedicatosi agli scavi, si scoprì un'ampia strada che conduceva fino alle porte della città, considerata come la strada reale, maestra; essa fu costruita in modo tale che l'acqua piovana non si raccogliesse, ma scorresse lungo le estremità.
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