Del VII secolo, un periodo abbastanza oscuro per la Basilicata, è un documento epigrafico notevole, venuto alla luce dai ruderi di quello che una volta era il tempio religioso più importante della comunità di Pescopagano. Si tratta di una pietra squadrata di favaccino locale, collocata all'interno della Chiesa Madre di Santa Maria de Serris, subito dopo l'ingresso principale, sulla sinistra, murata nella parete portante e scampata alla demolizione effettuata dopo il terremoto del 1980.
I caratteri sono ancora leggibili e la iscrizione è abbastanza ben conservata. Essa ha un valore notevole sul piano storico, perchè conferma da una parte che il sito di Santa Maria a Pescopagano ospitava da tempi abbastanza antichi attività di culto e certifica, altresì, anche che nella zona a cavaliere tra Basilicata e Irpinia il culto cristiano era già ampiamente diffuso prima della elevazione a sede vescovile di Conza, nell'VIII secolo.
Inoltre, si confermano le ipotesi dei medievisti che vogliono Pescopagano come luogo dell'ultimo riparo dei goti nella guerra con i bizantini, che qui, sotto la guida del tartaro Ragnari, trovarono riparo nel 554\555 e vennero assediati dalle truppe di Narsete che, con l’uccisione del condottiero goto, mise termine alla dominazione gotica in Italia (Agatia, Storie, II 13, 1 ss.); nel periodo gotico-bizantino esisteva, quindi, nella zona già un centro urbano importante, con luoghi di culto ornati da iscrizioni in pietra e, quindi, già sufficientemente evoluto ed articolato.
L’iscrizione è senz'altro di epoca bizantina. Il testo è il seguente:
+ Enesi + Phestesi
+ theos + pater + is-
+ schyros +
Si tratta, comunque, di un'iscrizione greca traslitterata in carattere latino:
+ ainesis + apheseos “sia lode e ringraziamento per la liberazione (dai peccati)
+ theos + pater a dio padre
+ ischyros + santo, forte ed immortale”
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