La tragedia euripidea Melanippe desmotis (incatenata) ci è nota da numerosi frammenti, tra i quali spicca un ampio brano papiraceo (ben 49 versi).
Una sorta di traccia per ricostruire la trama del dramma è offerto da Igino (Fab. CLXXXVI). Innanzitutto, come spesso accade, il riassunto di Igino fa molte confusioni: dai frammenti del dramma sembra che fosse Siris, e non Teano, la moglie di Metaponto (eroe fondatore dell'omonima città ionica). Inoltre, sembra che non i figli, ma i fratelli della regina cadessero in lotta contro i figli di Melanippe, che sappiamo tra l'altro fondatori delle città nelle isole Eolie, diretto e importantissimo punto strategico per il dominio sul Tirreno. Dai frammenti sembra anche che Metaponto mandasse in esilio la regina a fondare la città che fu, appunto, chiamata Siris.
Dai frammenti, riportati quasi tutti da Stobeo, non si evince molto dell'intreccio, che doveva comunque mantenersi sulle linee della trama di Igino.
Doveva essere notevole il prologo, un lamento di Melanippe incatenata, che raccontava la sua sorte e deplorava le sventure ed i mali delle donne.
Episodio centrale era l'istigazione di Siris ai fratelli ed il conseguente duello, mentre le frequenti considerazioni dei frammenti sulle nozze sbagliate sembrano appartenere al coro, che di frequente deplorava le trame della regina.
La catastrofe, il rovesciamento della tragedia avveniva con la falsa accusa di Siris ai gemelli, presunti omicidi dei congiunti, che fuggivano, apprendendo da Poseidone la verità sulla mare e sulle origini.
Di fronte al re, infine, doveva svolgersi l'esodo, con la discolpa dei gemelli che avevano liberato la madre: tale ampio agone oratorio doveva articolarsi in una prima parte, basata sulla condanna della donna, vero tormento per il marito, e in una seconda sezione che - come nel perduto Alessandro - svolgeva il tema della vera nobiltà.
Infine, ex machina, doveva apparire Poseidone che aveva già rivelato ai gemelli la verità e che ora imponeva a Metaponto di punire la regina, sposare Melanippe ed ai gemelli di partire per fondare colonie, unendo la trama mitica all'attualità, come avviene nel finale "eziologico" della Medea o delle Baccanti.
Il dramma euripideo fu scritto nel periodo in cui gli Ateniesi si accingevano ad assediare Siracusa: con questa tragedia Euripide, quindi, probabilmente introduceva il mito per avallare il problema magnogreco della spartizione del territorio ionico dopo la distruzione di Siris (575).
Turi, che aveva sostituito Sibari (distrutta nel 510), a sua volta distruttrice di Siris, era una colonia periclea e, quindi, la tradizione raccolta da Euripide sarebbe una leggenda atticizzata con cui Atene interviene in queste dispute territoriali, lega Metaponto alla Siritide, onde evitare intrusioni della dorica Taranto (colonia della nemica Sparta), ma nello stesso tempo rivendica anche a turi un ruolo primario nella spartizione del ricco territorio della Siritide.
Il dramma di Euripide fu molto noto presso i mitografi e gli storici che si occupavano dell'Occidente magnogreco, e fu inoltre antologizzato per il ricorrente tema misogino, del resto comune a gran parte della produzione euripidea, in cui ritorna il tema della donna malvagia, di cui Siris doveva essere un esempio, accostabile alla Fedra dell'Ippolito.
NB La traduzione si basa sul testo greco pubblicato da A. Nauck nei Tragicorum Graecorum fragmenta (pp. 516-524).
PERSONAGGI DEL DRAMMA:
- Melanippe (prologo?)
- Metaponto (?)
- Siris
- Eolo e Beoto
- Fratelli di Siris
- Poseidone ex machina
- Coro di donne di Icaria (?)
SCENA: Icaria (?)
492
(Forse dal prologo. Melanippe si scaglia contro le donne e i loro delitti)
Molti uomini, a causa del riso,
producono gioie illusorie: ma io
odio i buffoni che per mancanza dei saggi
hanno bocche senza freno, e non
vanno verso armonia d'uomini, ma nel riso degne
case abitano, e dalle navigazioni
giungon salvi a casa
493
E' dolorosissima l'odiosa stirpe femminile:
ché quelle corrotte a quelle non abbattute
hanno accomunato infamia e biasimo, e
le malvagie alle non malvagie: peraltro, quanto alle nozze,
non sembrano ragionar sanamente verso gli uomini.
494
Niente è più maligno di una donna
maligna, e neanche di una donna nobile nulla
giunge ad una vetta minore: ma le due nature sono diverse.
495
(Ampio brano papiraceo, in cui un messo racconta come, in una battuta di caccia, i due fratelli di Siris, legittimi eredi al trono di Metaponto, abbiano cercato di uccidere i figli di Melanippe su istigazione della sorella e siano stati da loro sconfitti)
MESSO:
Chi era colui che ha lanciato contro di me tali ciechi dardi?
Poiché non venivano fuori, ma mantenevano il silenzio,
e rivolti i silenziosi passi indietro, lontano dal cinghiale,
va via correndo, pronto a cacciare le fiere,
ma urla: e in ciò noi ci mostravamo,
stando in piedi con le lance e affrettando l'uccisione.
I due che, voltate le teste ambedue verso gli zii,
stavano fermi, dissero: "Su, prendete parte alla caccia,
ché giungete al momento giusto!". Né sospettavano inganni,
guardando i loro cari.
Quelli, affrettando l'impeto delle lance contro il cinghiale,
lanciavano anche pietre su pietre dalla loro parte,
di là, e gli altri dall'altra parte: mentre c'era la lotta
ed il silenzio da parte nostra, i due gemelli, avendo capito tutto,
dicono: "Fratelli dell'amata madre,
che fate? Uccidendo quelli che non bisogna assolutamente
sarete scoperti: in nome degli dei, no, non lo fate!"
Ma i tuoi fratelli lanciavano dei massi,
dicono che un giorno nacquero da una schiava
e che non potranno ricevere scettri e seggi regali,
loro che sono di umili natali, avendo però privilegi di nobili.
E dopo che furon dette queste cose
…
…
…
(sono caduti alcuni versi in cui il messo descriveva la lotta mortale tra i figli di Melanippe e i fratelli di Siris, il maggiore dei quali era caduto colpito da un dardo di Beoto)
Lo buttò a terra e gli portò via la vita:
dardi silenziosi lo allontanavano da noi, a terra.
Beoto, lo stesso che uccise il più grande, dopo averlo ferito,
cacciata nel ventre al più giovane dei tuoi due fratelli
la grande lancia assassina di cinghiali, diede agli inferi
un illustre morto.
Quindi noi, i servi che rimanevano,
fuggimmo muti di qua e di là,
vedemmo uno nascosto nel fogliame erboso
del monte, l'altro tra i rami dei pini;
alcuni si misero in un crepaccio, altri sotto ombrosi
cespugli: a quei due che ci videro non parve degno
uccidere degli schiavi con spade libere.
Tale sorte dei tuoi fratelli tu ascolti.
Io, dunque, non so come vada considerata
la nobiltà: infatti i valorosi ed i giusti
nascono dalle vuote opinioni,
e dico che ci sono più nobili quanti schiavi.
CORO:
Ahimè, mali terribili si sono aggiunti ai mali,
e non ci rallegriamo per le case sventurate della morte,
durante la lotta, dei due fratelli che t'hanno ascoltata!
SIRIS:
Ohimé, è crollata, sì, ogni speranza!
… grande
…
496
Siris prese il suo nome, come dicono Timeo ed Euripide nella Melanippe incatenata, da un donna di nome Siris.
497
(Poseidone, apparso ex machina, elogia Eolo e Beoto vendicatori contro le trame di Siris)
L'avete punita: e infatti lì giaccion malate
le cose delle donne; essi per i ragazzi
o per la discendenza non morirono
ritenendola malvagia: inoltre, quest'ingiustizia
a molte cadde addosso e continua ad avanzare,
sicché la virtù svanisce.
498
(Eolo e Beoto si discolpano di fronte a Metaponto, accusando la malvagità delle donne?)
A parte mia madre, io odio tutto il genere femminile!
499
Dunque invano verso le donne il biasimo maschile
punge, vano scoccar di freccia, e parla male:
che esse siano inferiori ai maschi, lo dico io.
500
Qualsiasi giovane ha un padre scorbutico
ed odioso in casa, acquista grandi mali.
501
Quanti s'occupano di nozze che non furono fissate
faticano invano: bisogna che per un marito
colei che è migliore ed irreprensibile venga in casa.
502
Quanti si sposano o per la razza di grandi nozze
o per molti soldi, non sanno cosa sia sposarsi:
ché i poteri della donna in casa
schiavizzano l'uomo, e non ce n'è uno libero.
Ricchezza importata nelle nozze femminili
è senza guadagno: ché i divorzi non son facili.
503
(Canto corale sulla moderazione nelle nozze, forse diretto dal coro contro Siris, colpevole di cospirare contro Metaponto per i figli legittimi)
Di giusti letti, di giuste nozze
con saggezza
godere per i mortali è l'ottimo.
504
Figliolo, per certi uomini che hanno una vita
breve essa è conforto, per altri un malo carico.
505
Qualsiasi mortale sopporti bene le cose che accadono,
mi sembra esser il migliore in saggezza.
506
Vi sembra giusto far balzare i peccati verso gli dei
con ali, e poi nei fogli del libro di Zeus
scrivere queste cose, e Zeus che li vede
punire i mortali? Né il gran cielo
di Zeus che scrive i peccati dei mortali
basterebbe, né chi osservi di
mandare a ciascuno la punizione: ma Giustizia
è più vicino se volete vedere.
507
(Forse ammonizione all'eccessivo dolore di Siris che meditava vendette contro i figliastri)
Perché non lasci che i morti sian morti
e raccogli dolori troppo rapidi?
508
(In questo e nei seguenti frammenti si svolge un discorso sulla nobiltà d'animo, che è quella vera, opposta alla legittimità dei natali. Probabilmente Eolo o Beoto dovevano esporre questa giustificazione, che ritorna anche in altre tragedie euripidee, per giustificare la loro nomina ad eredi di Metaponto)
C'è un antico proverbio: hanno potere le azioni dei più giovani,
mentre dei più vecchi lo hanno i voleri.
509
E che altro? E' voce ed ombra uom vecchio.
510
Ahimè, quant'è giovane e stolto l'uomo!
511
Ché il nome di schiavo illustre non muore,
e molti dei liberi sono minori.
512
Quello è tanto illustre cittadino, quanto malo uomo.
513
Forse non avrebbe osato uccidere i vendicatori.
514
Giardini di Adone: termine che si riferisce a cose immature, di breve durata e senza radici. Ne fa menzione anche Euripide nella Melanippe.
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