A differenza di altre regioni , in Basilicata l'emigrazione rappresentò sicuramente il fenomeno che, più di ogni altro, ne cambiò il volto, spopolandola ampiamente e privandola delle sue forze più importanti. Cause molteplici e concomitanti l'avevano fatta nascere e prosperarein Basilicata: dalla miseria di larga parte della popolazione alle condizioni dell'agricoltura, dalla distruzione quasi completa dell'attività di allevamento al disboscamento, dalle pessime condizioni idrogeologiche a quelle igieniche, dalla cattiva amministrazione locale alla pressione fiscale. Data la vastità del fenomeno, a cominciare dall'unità d'Italia, su di esso si incentrarono subito gli studi del tempo in concomitanza con l'attenzione nascente della classe politica per una provincia giudicata, a ragione, tra le più povere del Regno.
Solo all'inizio del nuovo secolo, dopo la visita di Zanardelli, allora presidente del Consiglio, nel 1902, si diede vita ad un primo intervento legislativo teso a sollevare le tristi condizioni della provincia. Quasi in concomitanza con tali iniziative l'emigrazione era stata studiata, innanzitutto con taglio di ricerca sociale, proprio da coloro che dovevano fornire un quadro attendibile alle autorità di governo. È il caso di Ausonio Franzoni (Tavernola 1859-Roma 1934), inviato da Zanardelli in Basilicata, che in una sua relazione documenta lo spopolamento del territorio e la povertà dei ceti rurali. Dalle statistiche allegate risulta, infatti, che la popolazione lucana passa da 539.197 abitanti, secondo il censimento del 1881, a 491.558 nel censimento del 1901.
Questi studi sull'emigrazione lucana, pur nella loro diversità, sono indubbiamente condizionati da finalità pratiche e da richieste della "committenza" ed avvengono in un momento spesso caratterizzato da specifici ambiti sociali e politici. Così il lavoro del Franzoni, condotto tra il 12 novembre e il 14 dicembre 1902, non può non risentire della natura dell'incarico affidatogli dal Governo, all'interno di una iniziativa promossa dal Commissariato per l'Emigrazione al fine di porre un freno ad un fenomeno che cominciava a fare preoccupare per le sue vaste dimensioni.
L'impostazione metodologica di molti lavori divergeva profondamente da quella utilizzata in campo nazionale, più generale e prevalentemente statistica, concentrandosi su "un approccio di micro analisi in cui l'osservazione del minuscolo, l'analisi di singoli casi, la descrizione di vicende locali apparentemente insignificanti e talvolta aneddotiche" si erano mostrate, in realtà, "laddove comparate con processi più generali, di grande importanza sul piano della comprensione". Di qui la consapevolezza, "non sempre formalizzata o esplicitata", di indagare le cause e gli effetti dell'emigrazione non basandosi soltanto sugli approcci statistici e sui dati ufficiali ma recandosi direttamente nelle località interessate.
Da vent'anni a questa parte, numerosi lavori scandagliano il fenomeno migratorio dalla Basilicata collegandolo a tematiche storiche più ampie, nazionali ed internazionali. Insieme a questa impostazione più generale stanno aumentando le ricerche sulle aree di arrivo dei flussi e su quelle di partenza. Lavori come quelli di Maria Schirone, di Felice Lafranceschina, di Ugo Calabrese e di Lucia Coviello aprono, infatti, un discorso non solo sui processi di integrazione nelle diverse nazioni, ma anche sui flussi migratori della seconda metà del Novecento. Un tentativo di fare il punto della situazione degli studi è stato fatto nel 1998 con la pubblicazione del numero monografico della rivista del Consiglio regionale della Basilicata dal titolo Lucani nel mondo, che ha ospitato il contributo di numerosi studiosi ed ha acceso i riflettori sulla vita delle comunità lucane all'estero. Proprio su quest'ultimo punto le istituzioni regionali, con la costituzione nel 1990 della Commissione regionale di lucani all'estero, hanno intrapreso numerose iniziative per collegare le diverse realtà e promuovere le ricerche sulla loro storia.
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