martedì 2 aprile 2013

Storici Lucani. 3. Storiografia e storici a Potenza moderna


Caso significativo di storiografia di prevalente derivazione «feudale» fu quello di Potenza che, significativamente, si espresse all’inizio ed alla fine dell’età moderna, in concomitanza con l’ascesa ed il declino della signoria dei propri feudatari, i conti Loffredo. 
Probabilmente, un primo “abbozzo” storiografico lato sensu fu la perduta orazione del dottore in utroque jure Francesco Teleo. Di tale «orazione latina manuscritta» diede notizia l’arcidiacono potentino Giuseppe Rendina nella sua Istoria della Città di Potenza, affermando che il magnifico Francesco Teleo l’avrebbe recitata nel 1578, in occasione dell’entrata in città del nuovo feudatario Alfonso de Guevara, probabilmente come captatio benevolentiae per ottenere la concessione della Carta cittadina. Un primo esempio, dunque, si potrebbe ipotizzare, di autorappresentazione comunitaria nei confronti del potere feudale, ma che non venne mantenuto nella storiografia ‘ufficiale’. 

Ne è un esempio la già citata Istoria della città di Potenza dell’arcidiacono della Cattedrale, Giuseppe Rendina, composta tra il 1668 e il 1673. Questa sorta di ‘storia ibrida’, in quattro libri, mostra chiaramente la sovrapposizione, visibile, peraltro, anche nella storiografia coeva di Matera e di Venosa, tra agiografia, archeologia e genealogia. Nel libro I, infatti, trattando delle origini della città, il Rendina mostrava di adeguarsi al modello della fondazione ‘mitistorica’ recuperando, come nel caso del Cenna per Venosa, frammenti della ‘grande’ storia e disinvoltamente adattandoli alla città anche tramite il capzioso ricorso alle fonti epigrafiche. Per costruirere un adeguato fondamento all’archeologia cittadina – considerato che il puro ricorso alla storia non poteva dimostrare alcunché -, il Rendina, nell’intento di legare alla Chiesa le virtù civico-morali dei cittadini, si diffondeva, nel secondo libro, sulla leggenda, di origine beneventana, dei Santi dodici fratelli cartaginesi, martirizzati sotto l’imperatore Massimiano e proclamati patroni della città. Passava, poi, a trattare, nel libro III, per meglio dimostrare la continuità del potere ecclesiastico, degli eventi storici riguardanti la locale Chiesa, incentrato sulle vicende della cattedrale e di Gerardo La Porta, vescovo di Potenza e patrono della città, nonché, secondo il consueto modello della cronotassi, sui vescovi suoi successori e sulla loro opera di costruzione degli spazi sacri, tramite la fondazione di chiese, monasteri e luoghi pii. Nel libro IV, infine, l’autore ricuciva storia sacra ‘antica’ e storia recente, dimostrando l’importanza della propria città con la narrazione della rivolta di Potenza contro Carlo d’Angiò, della infeudazione ai Guevara, della venuta, nel 1502, del duca di Nemours, in attesa del Gran Capitano Consalvo de Cordova, chiudendo, come a suggellare la dinamica cittadina, con una vera e propria microgenealogia della famiglia Loffredo, che l’autore, seguendo in questo i dettami dei genealogisti, capziosamente legava al principe longobardo Arechi.
Sostanzialmente invariata, questa autorappresentazione cittadina ritornava, alle soglie del Decennio francese, nell’opera del canonico Emanuele Viggiano che, nel 1805, dedicava le sue Memorie storiche di Potenza alla contessa Ginevra Loffredo. Rappresentazione neutra, fortemente legata ai Loffredo e, come tale, vera e propria storia feudale, che, paradossalmente, rappresentava ancora la città basentana formalmente ripartita secondo l’antico modulo parrocchiale. Le Memorie, tuttavia, risultano utili per evidenziare l’autorappresentazione cittadina, volta ancora verso la tranquilla, «fedele», storia feudale, più rassicurante rispetto alle vicende di un 1799 traumatico per gli sconvolgimenti dello status quo, come il noto affaire Serrao: significativamente, infatti, gli eventi del 1799 venivano taciuti con un semplice riferimento a «quel generale disastro, che tanto scompiglio nel nostro Regno produsse». Restava, dell’autocoscienza cittadina, il tradizionale accento posto sugli «uomini di lettere» della città, di tradizione sei-settecentesca, volto ad evidenziare la volontà di una posizione di maggiore spicco.

Bibliografia
Istoria della Città di Potenza di D. Giuseppe Arcidiacono Rendina de’ Baroni di Campomaggiore, ms. in Biblioteca Provinciale di Potenza.
R. M. ABBONDANZA BLASI, Il manoscritto del canonico Giuseppe Rendina, in Potenza Capoluogo (1806-2006), S. Maria C. V., Spartaco, 2008, I, Storia, Istituzioni, Società, pp. 203-207. 
E. VIGGIANO, Memorie storiche di Potenza, Napoli, Orsini, 1805.

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