//157r// Dell’ Accademie della citta di Venosa
La nobiltà medesima(en)te di detta città se può conietturare dall’accademie erette in essa.
E quantunque questo nome d’accademia traha origine da una villa presso Athene, nominata cosi, dove Platone insegnava la sua filosofia, e perche questa scola fu la più celebre dell’antique, quindi e che le radunanze di molte persone di buon lettere han preso questo nome d’accademia, a somiglianza di quella. Non per questo non douemo confessare che l’accademie non sieno state erette, et hoggidi si erigano nelle più nobili e famose città che fussero al mondo, come Napoli, Roma, Siena et altre. E se nei tempi antiqui, per difetto di scrittori, non si legge che nella città di Venosa fussero erette alcune accademie, mentre
erano in essa tanti eccelsi et eleuati spiriti, pure a tempo nostro nell’anno 1592 l’Ill.mo Scipione de Monti, retrouandosi con sua moglie e famiglia in detta città, capitanio della nova militia a cauallo, homo in tutte le littere, latine, vulgari, greche e spagnole perfettissimo, uedendo alcuni elevati spiriti giornalmente poetizzare, anzi istigato un giorno dal dottor Ascanio Cenna mentre l’invio l’infrascritto epigramma:
Ad Ill.mum D.
Scipionem de Montibus
Ascanius Cenna Venusinus
Mons pie, musarum requies, mons floride, cujus
mirtum et laurum grande cacumen habet:
Unde emanant fonts, quorum dulcedine vates
Sacra canunt, priscis abdita temporibus.
Sic te divorum pietas divertat ab omni
Fulgure, et optatos praestet ab inde dies!
Fac ego montano praecingar tempora mirto,
Delibemque sacras fontis angelus aquas,
Ut ualeam postac tecum traducere vitam,
Chaonidumque sacras tollere ad astra deas.// 157v//
Nam sine te, quemque dehiscare musa poetam
Abnegat. In te uno spem tenet omnibus amans.
Ergo age, neu praecibus desis, neu iusta petenti
Obsistas: ius est hic honor atque labor.
Fu di parere erigere un giorno in detta citta di Venosa un’accademia delli piu eleuati spiriti che se ritrouauano in essa instrutti nella poesia.Et hauendo comunicato questo suo desiderio con il signor Gio. Antonio Rossano che all’hora era accasato in detta citta e con molti altri diede principio a detta accademia e la intitulo l’Accademia delli Piacevoli Venusini e con esso aggrego l’infrascritti:
L’Ill.mo D. Scipione de Monti- Prencipe dell’Accademia
L’Ill.mo D. Camillo de Monti, detto l’accademico Cortese
Il signor Gio. Antonio Rossano, detto l’accademico Risvegliato
Il signor Marco Aurelio Giustiniano, detto l’accademico Amoroso
Il dottore di legge Ascanio Cenna, detto l’accademico Grave
Il dottore di legge Gio. Battista Maranta, detto l’accademico Pensoso
Il dottore di legge Gio. Cesare de Marinariis, detto l’accademico Infiammato
D. Loyggi Maranta, Theologo, detto l’accademico Consante
Il dottor medico Vincenzo Bruno, detto l’accademico Tirinculo
D. Achille Cappellano, Primicerio, detto l’accademico Sottile
Il signor Horatio Caputi, detto l’accademico Bidello
Il signor Manilio Cappellano, detto l’accademico Incognito.
Il signor Giustiniano d’Altruda, prof. in legge, detto l’accademico[…]
Leone Barone, detto l’accademico Indegno
Horatio de Gervasijs, detto l’accademico Povero
Pompilio Russo, detto l’accademico Esercitato
Gaspare Ciliberto, detto l’accademico Faceto.
//158r//
Questi signori accademici per molti mesi e giorni se intertennero con questo honorato esercitio, e faceuano ogni di congregatione nel studio del suddetto signor Primicerio D. Achille Cappellano: nientedimeno un giorno nel principio di detta loro Accademia se ritoua sotto uno scacchiero sopra una Boffetta l’infrascritto sonetto
Spirti gentil, che le labbra auete
Umide, sempre nel diuin liquore
Per cui uita retien uom, siben muore,
E non li fa temer orma di Lete,
Vorria smorzar tra uoi l’ardente sete
Ch’accende in se desio di farui onore,
E sacrarui quest’alma e questo cuore,
Per palesare al mondo quel che sete.
Ma in me raggion via piu ch’el desir puote,
Che, pria che lingua per lodarui sciolga,
La man refrena et il mio dir percuote.
Si ch’a forza conuien ch’a dietro uolga
Accio l’indegnita delle mie note
L’onor ch’a voi si deve, non ui tolga.
Questo sonetto cossi nascostamente ritrouato fu letto in presenza di tutti li signori dell’accademia e causo in essi marauiglia assai per non potersi saper l’autor chi fosse. Doue che leggendosi e perleggendosi piu uolte quello, non se potè scoprire mai che fosse stato tanto desso a ponere detto sonetto senza loro saputa. Anzi giuiuano del desiderio di quello, mentre nel suo poema se dimostraua desideroso di uoler tra essi loro aggregarsi in detta accademia. Doue che, poco di poi, auendolo posto nell’istesso loco l’infrascritto poema dedicato all’accademico nominato il Bidello
//158v//
Cossi ui cinga l’oronata fronte
L’arbor d’Apollo e „l petto col sen u’ infonde
L’acque che d’Ippocrene orna le sponde
E fa fiorire di Parnasso il monte.
Cossi le rime nostre, ornate e pronte,
Vadin mai sempre a i bei sospir seconde,
E doue Febo scopre, e doue asconde
Il raggio suo, sian manifeste e conte.
Come io uorrei, Bidello, a gl’amorosi
Comenti uostri, almeno in proue, al segno
Che di stupor fanno tanti animi il ciglio.
Prega per me tu, di Latona il figlio,
Che infonda al petto mio, quantunque indegno,
L’alti secreti tuoi a me nascosi.
Fu scouerto dalla spia e chiamato in presentia di tutti i signori accademici, il signor Manilio Cappellano. Non puote tanto scusarsi ch’alla fine non confessarsi il tutto auer fatto inuidioso molto d’esser aggregato con essi loro in cossi nobile esercitio, offerendosi d’allora in poi esercitarsi con essi loro, a quanti dall’ill.mo Principe di essa accademia li richiede. Per la qual cosa, fu da quelli si riceuto carissimamente, e darli il nome dell’accademico Incognito, et aggregato nel numero di essi, ne fu imposto all’accademico Bidello che rispondesse all’ultimo poema scritto da detto accademico Incognito. Doue che da quello, per l’istesse conoscenze, fu inuiato l’infrascritto poema che segue
//f.159r//
Risposta
Ridendo, a che piu preghi con man gionte?
Mi disse Apollo, ch’el dir uago infonde.
Colui le sue uirtu con uoi nasconde
Per farle in altro tempo al mondo conte.
Tutte le uie sa ben del sacro monte,
Conosce e tratta le chiare acque e monde
Del celebrato fonte oue s’infonde
Per dar corona all’onorato fronte.
Con atti, poi soggiunse, men festosi:
Che non preghi per te, Bidello, degno
Non d’un sol cippo, ma di lungo esiglio?
Egli ha passato, e tu non giungi al segno.
Cio detto sparue, e con occhi sdegnosi
fe’ tremar, ond’ho turbato il ciglio.
Fu lodato molto il sopradetto poema da tutti signori accademici, e lodorno infinitamente l’accademico Bidello che s’era fatigato in quello. E mentre l’uno, inuidioso dell’altro, pensaua giorno e notte qualche strauagante soggetto col quale potesse comparere in cossi ornata compagnia, ecco che repentinamente un giorno furno tutti congregati nel loro solito loco e dettoli che per corriere, da poeti della citta di Bari, erano stati inuiati ad essi signori accademici molti poemi, quali furono letti e reletti in presentia loro e furno lodati di molta scienza. Et fu imposto dal Principe dell’accademia in farsi alcuna bella e dotta risposta co<n>forme si speraua in essi.
//159v//
Alla molto eccellente e uirtosa accademia de’ Piaceuoli di Venosa
Donna, che in Cipro, in mare, in terra e in cielo
Regni fra stelle, ninfe, onde e uiole,
Qual stella in ciel, che sorgi innanzi al sole,
Diurna luce e dietro oscuro uelo
Qual figlia in mar, Dea in Cipro, Apollo in Delo,
Paueggi con trofei d’eterna mole,
E focosi pensieri, atti e parole,
Qual ninfa in terra accendi, opposta al gelo
Ecco ch’una leggiadra e dotta schiera
Di piaceuoli poeti, ordendo, al segno
Del tuo nome gentil, girlande e fiori,
Or uenga in terra i pargoletti amori.
Or i lumi del ciel alza il disegno
Or a Cipro, or al mar, la mente altiera.
Quiui spiegar si uede occulti ardori
Sotto incognit stil. Quiui andature
Liete, sotto color di sorti oscure,
Tra purpuree rose e uerdi allori.
Quiui sotto pensier di nuoui amori
Antique fiamme,e sotto aspre figure
Viole dolci, amorose alte testure,
Tra piaceuoli fronde e bei lauori.
//160r//
Vanne Venosa ormai, ricca e gioiosa
Di nuouo onor, di nuoue imprese, ardente,
Cangia, diua gentil, l’antico seggio,
Che del suo mal presaga, il uecchio freggio
Sospira, e se ne ua mesta e dolente,
Tratto ha uiuo ualor Cipro, in Venosa.
Venusinae accademiae quae Placidi inscribitur
Quos italis nuper libuit mihi uisere metris
His ego nunc elogiis, Cypria diua loquor.
Pauca prius retuli Veneris sub numina blandae
Et modo sub Veneris, numina pauca feram
Quam bene res gessit Venusini nominis ortus.
Inclitus ex Veneris nomine nomen habenda ars
Hic Albi feriunt eleuato uertice montes
Sydera, et arbori bus florida membra gerunt
Ima petra, gelidae ualles, mirteta uirescunt,
Aurea mala uigent, punica grana iubent.
Hic quadri casum, referens philomela dolentem.
Hic plorat lacerum, Daulias alas Itym.
Hic aliae modulantur aues, caua saxa loquunt,
Vernat ager, resonant flumina, prata uirent.
Hic solitae Nymphae, uarios decerpere flores,
Et uaria nitidum cingere fronda caput.
Puniceo crocas redimere papauere uestes,
Et laetos, laeta ducere fonte, choros.
Hic liquido placido labentes murmure fontes,
Undique frondiferis rupe tegente comis.
// 160v//
Moenia prisca fouent urbem patriosque penates,
Moenibus auxilio delubra prisca foris,
Denique, cum Cypriae Veneris ter grata uoluptas
Hic dent Veneri ter locus aptus erat
Insuper ardenti ueneranda Venusia classis
Ferre tibi poterat stegmata sola Venus.
Hinc rutilans tanti praefers insignia ducis
Et puer in quo sit, hac duce, ludit amor.
Perge hilaris coeptis adsit fortuna secundas,
Ad superos actus, euehat usque tuos.
Hac placide placidum ueneranti carmine coetum
Bis placidos placido pectore redde sonos.
Furno molte le risposte in Vulgare et in Latino che se rimandarno in lode dell’authore che s’era degnato scriuere in lode di questa honorata Accademia, ma perché all’hora mi ritrouai nella citta di Salerno per li studii de legge e sacri canoni non hebbi persona che hauesse hauuto pensiere di raccogliere tali belli poemi gia che non sauo alcuno mai che di essi, se ni hauesse hauuto da far accoglienza: si bene m’e capitata nelle mani un esortatione fatta dal Principe dell’Accademia a tutti s.ri Accademici che uogliano attendere giorno e notte alli studii della Poesia esortandoli a quella caldamente giache il perfetto poeta ha in se tutte altre scienze che sono nel mondo come per l’esperienza se puo uidere e l’Esortazione fu questa che segue
// 161//
Conoscendo in uoi, molti eccellenti signori, quanto sia ardentissimo il desiderio di poetare, mentre uniti ui uedo tutti in questa nostra accademia, non ad altro effetto, per questo li dico che il poeta che ueramente e tale, in nome e in fatti, deue essere capace di tutte arte e scienze, percioche con quelle abonda di tanto merito e di tanta eccellenza che ingombra il mondo di altissimo stupore. Percioche non e materia umile, uaga o deletteuole o rara e graue che non sia dalla leggiadra sua penna con parole geniale uestita. Il poeta, alle cose morte, da co’suoi uersi finta uoce e uita. Nell’elegia fa sentire le querele e uedere le lacrime dell’afflitti.
Ne i suoi poemi non si legge, ma si uede, il foco dell’arse citta, il sangue dell’uccisi, il filo dell’armi, l’ali de i uenti e de i caualli. Il poeta, molti anni innanzi di Platone et Aristotele et d’altri filosofi, tutti l’ammaestramenti filosofici insegno sotto alcuni uelami. Con la fauola di severissimi che nell’Inferno giudicano l’anime di tutti i morti e danno a i maluagi supplicii grauissimi, cerco il poeta destorre da i uitii le persone universalmente. Con la sete di Tantalo, dall’auaritia procuro leuare l’animo altrui. Con la fauola di Licaone, ritrarre l’omini dalle scelerate opinioni. Con la calamita di Bellerofonte, abbassare la temerita. Con la pena d’Issione, spaventare i mortali dall’inonesta operazione. Con la fauola di Febo che sia stato pastore delli armenti di Ameto, manifesta l’incostantia dell’anima. Col raccontare che i Ciclopi fabbricassero le saette a Gioue, e che Febo li uccidesse, e che Venere fusse di spume generata, scoperse i secreti della Natura. Con le fatighe di Ercole, ad eccelse imprese infiammo. Con la ineffabilità de i campi Elisi, all’integrita della uita, alla fede, all’equita, alla religione et a tutte le uirtu alletto la merauigliosa forza del poeta1.
[…]
Quanto ha scritto Omero, poeta greco, Virgilio, poeta comico, Oratio uostro, poeta lirico, e molti altri che sarria assai lungo a raccontarli tutti, è pieno di moralita e di documenti filosofici. Per la qual cosa, conoscendo quanto sia ardente il uostro desiderio di poetare, mentre ui scorgo riuniti insieme in questa nobile accademia, non ad altro effetto percio l’esorto tutti a perseverare in questo incominciato studio. Percioche e cosa degna d’ammirazione, uedere in questa uostra citta li nobili et ignobili, litterati et plebei, nella citta et boschi e uille, giornalmente, poetare, come che in Venosa se ritrovasse l’abitatione delle Muse e non piu nel loro Libetro. Finita dell’Ill.mo principe questa ouazione, li sopradetti signori dell’accademia se leuorno tutti in piedi e facendoli umile riuerenza, lo ringratiarno infinitamente. Dopoi, il signor Giouanni Antonio Rossano, scriuano dotato di bellissime leettere, della //163r//cui persona al spesso la fedelissima citta di Napoli se seruiua in tutte le sue occorrenze, si per la Regia Maesta in Spagna, si anco in tutti altri potentati, ringratiandolo cossi in nome di tutti, cossi brevemente comincio:
Illustrissimo signore, di cui degni meriti per le sue rare e uirtuose qualita sono non solo degne da essere celebrate da tutti uiuenti, ma di singulare stupore e consolazione presso tutti i populi d’Italia, doue che non senza causa sparso e il grido per il mondo tutto dell’eroiche gesta di questa ill.ma famiglia de i Monti, onde si puo, anco senza errore, affirmare che, sincome i monti sono un principale ornamento et una speciale bellezza del
mondo, cossi e non altrimenti si scorge nella famiglia di V.S. Ill.ma2.
[…]
//165r//
Ch’in Venosa signor, come ognun uede,
Vadino li poeti a schiera a schiera
Marauiglia non e, poiche la uera
Delle antique sorelle e qui la sede.
Qui nacque il Flacco delle Muse erede,
Qui l’Eustachio Diuin che con sincera
Nota descrisse il mondo e si non era
Dal Frezza occulta, l’opra, farria fede.
Qui nacque il buon Tansillo, siben Nola,
Priui di mirti e uerdigianti allori,
Non senza inuidia la sua gloria inuola.
Qui nacquero i Maranta, i duoi scrittori,
L’un della legge e l’altro della scola
D’Esculapio: ambi duoi canori://165v//
Molti altri auria da dir ma mi consiglio
Lasciarli, giache l’opre son si pronte
Che li dara perpetua uita, e conte
Andran col tempo, a par senza periglio.
Ma, a che la fronte increspi e inarchi il ciglio,
A che fauelli del Vulturio monte,
che del Albo e Trichitinio fonte
Due alberga finor Latona e il figlio?
Ma, a cio non resti pur marauigliati
Senti quiui cantar uillani e putti
Dirrai che metri fanno alla sicura.
Cio per arte non e, ma di natura,
Ch’auendo gia le Muse cosecrato
Il loco, poetando parlam tutti.
FONTE: G. Cenna, Cronica Antica della Città di Venosa, cc. 157r-165v.
La nobiltà medesima(en)te di detta città se può conietturare dall’accademie erette in essa.
E quantunque questo nome d’accademia traha origine da una villa presso Athene, nominata cosi, dove Platone insegnava la sua filosofia, e perche questa scola fu la più celebre dell’antique, quindi e che le radunanze di molte persone di buon lettere han preso questo nome d’accademia, a somiglianza di quella. Non per questo non douemo confessare che l’accademie non sieno state erette, et hoggidi si erigano nelle più nobili e famose città che fussero al mondo, come Napoli, Roma, Siena et altre. E se nei tempi antiqui, per difetto di scrittori, non si legge che nella città di Venosa fussero erette alcune accademie, mentre
erano in essa tanti eccelsi et eleuati spiriti, pure a tempo nostro nell’anno 1592 l’Ill.mo Scipione de Monti, retrouandosi con sua moglie e famiglia in detta città, capitanio della nova militia a cauallo, homo in tutte le littere, latine, vulgari, greche e spagnole perfettissimo, uedendo alcuni elevati spiriti giornalmente poetizzare, anzi istigato un giorno dal dottor Ascanio Cenna mentre l’invio l’infrascritto epigramma:
Ad Ill.mum D.
Scipionem de Montibus
Ascanius Cenna Venusinus
Mons pie, musarum requies, mons floride, cujus
mirtum et laurum grande cacumen habet:
Unde emanant fonts, quorum dulcedine vates
Sacra canunt, priscis abdita temporibus.
Sic te divorum pietas divertat ab omni
Fulgure, et optatos praestet ab inde dies!
Fac ego montano praecingar tempora mirto,
Delibemque sacras fontis angelus aquas,
Ut ualeam postac tecum traducere vitam,
Chaonidumque sacras tollere ad astra deas.// 157v//
Nam sine te, quemque dehiscare musa poetam
Abnegat. In te uno spem tenet omnibus amans.
Ergo age, neu praecibus desis, neu iusta petenti
Obsistas: ius est hic honor atque labor.
Fu di parere erigere un giorno in detta citta di Venosa un’accademia delli piu eleuati spiriti che se ritrouauano in essa instrutti nella poesia.Et hauendo comunicato questo suo desiderio con il signor Gio. Antonio Rossano che all’hora era accasato in detta citta e con molti altri diede principio a detta accademia e la intitulo l’Accademia delli Piacevoli Venusini e con esso aggrego l’infrascritti:
L’Ill.mo D. Scipione de Monti- Prencipe dell’Accademia
L’Ill.mo D. Camillo de Monti, detto l’accademico Cortese
Il signor Gio. Antonio Rossano, detto l’accademico Risvegliato
Il signor Marco Aurelio Giustiniano, detto l’accademico Amoroso
Il dottore di legge Ascanio Cenna, detto l’accademico Grave
Il dottore di legge Gio. Battista Maranta, detto l’accademico Pensoso
Il dottore di legge Gio. Cesare de Marinariis, detto l’accademico Infiammato
D. Loyggi Maranta, Theologo, detto l’accademico Consante
Il dottor medico Vincenzo Bruno, detto l’accademico Tirinculo
D. Achille Cappellano, Primicerio, detto l’accademico Sottile
Il signor Horatio Caputi, detto l’accademico Bidello
Il signor Manilio Cappellano, detto l’accademico Incognito.
Il signor Giustiniano d’Altruda, prof. in legge, detto l’accademico[…]
Leone Barone, detto l’accademico Indegno
Horatio de Gervasijs, detto l’accademico Povero
Pompilio Russo, detto l’accademico Esercitato
Gaspare Ciliberto, detto l’accademico Faceto.
//158r//
Questi signori accademici per molti mesi e giorni se intertennero con questo honorato esercitio, e faceuano ogni di congregatione nel studio del suddetto signor Primicerio D. Achille Cappellano: nientedimeno un giorno nel principio di detta loro Accademia se ritoua sotto uno scacchiero sopra una Boffetta l’infrascritto sonetto
Spirti gentil, che le labbra auete
Umide, sempre nel diuin liquore
Per cui uita retien uom, siben muore,
E non li fa temer orma di Lete,
Vorria smorzar tra uoi l’ardente sete
Ch’accende in se desio di farui onore,
E sacrarui quest’alma e questo cuore,
Per palesare al mondo quel che sete.
Ma in me raggion via piu ch’el desir puote,
Che, pria che lingua per lodarui sciolga,
La man refrena et il mio dir percuote.
Si ch’a forza conuien ch’a dietro uolga
Accio l’indegnita delle mie note
L’onor ch’a voi si deve, non ui tolga.
Questo sonetto cossi nascostamente ritrouato fu letto in presenza di tutti li signori dell’accademia e causo in essi marauiglia assai per non potersi saper l’autor chi fosse. Doue che leggendosi e perleggendosi piu uolte quello, non se potè scoprire mai che fosse stato tanto desso a ponere detto sonetto senza loro saputa. Anzi giuiuano del desiderio di quello, mentre nel suo poema se dimostraua desideroso di uoler tra essi loro aggregarsi in detta accademia. Doue che, poco di poi, auendolo posto nell’istesso loco l’infrascritto poema dedicato all’accademico nominato il Bidello
//158v//
Cossi ui cinga l’oronata fronte
L’arbor d’Apollo e „l petto col sen u’ infonde
L’acque che d’Ippocrene orna le sponde
E fa fiorire di Parnasso il monte.
Cossi le rime nostre, ornate e pronte,
Vadin mai sempre a i bei sospir seconde,
E doue Febo scopre, e doue asconde
Il raggio suo, sian manifeste e conte.
Come io uorrei, Bidello, a gl’amorosi
Comenti uostri, almeno in proue, al segno
Che di stupor fanno tanti animi il ciglio.
Prega per me tu, di Latona il figlio,
Che infonda al petto mio, quantunque indegno,
L’alti secreti tuoi a me nascosi.
Fu scouerto dalla spia e chiamato in presentia di tutti i signori accademici, il signor Manilio Cappellano. Non puote tanto scusarsi ch’alla fine non confessarsi il tutto auer fatto inuidioso molto d’esser aggregato con essi loro in cossi nobile esercitio, offerendosi d’allora in poi esercitarsi con essi loro, a quanti dall’ill.mo Principe di essa accademia li richiede. Per la qual cosa, fu da quelli si riceuto carissimamente, e darli il nome dell’accademico Incognito, et aggregato nel numero di essi, ne fu imposto all’accademico Bidello che rispondesse all’ultimo poema scritto da detto accademico Incognito. Doue che da quello, per l’istesse conoscenze, fu inuiato l’infrascritto poema che segue
//f.159r//
Risposta
Ridendo, a che piu preghi con man gionte?
Mi disse Apollo, ch’el dir uago infonde.
Colui le sue uirtu con uoi nasconde
Per farle in altro tempo al mondo conte.
Tutte le uie sa ben del sacro monte,
Conosce e tratta le chiare acque e monde
Del celebrato fonte oue s’infonde
Per dar corona all’onorato fronte.
Con atti, poi soggiunse, men festosi:
Che non preghi per te, Bidello, degno
Non d’un sol cippo, ma di lungo esiglio?
Egli ha passato, e tu non giungi al segno.
Cio detto sparue, e con occhi sdegnosi
fe’ tremar, ond’ho turbato il ciglio.
Fu lodato molto il sopradetto poema da tutti signori accademici, e lodorno infinitamente l’accademico Bidello che s’era fatigato in quello. E mentre l’uno, inuidioso dell’altro, pensaua giorno e notte qualche strauagante soggetto col quale potesse comparere in cossi ornata compagnia, ecco che repentinamente un giorno furno tutti congregati nel loro solito loco e dettoli che per corriere, da poeti della citta di Bari, erano stati inuiati ad essi signori accademici molti poemi, quali furono letti e reletti in presentia loro e furno lodati di molta scienza. Et fu imposto dal Principe dell’accademia in farsi alcuna bella e dotta risposta co<n>forme si speraua in essi.
//159v//
Alla molto eccellente e uirtosa accademia de’ Piaceuoli di Venosa
Donna, che in Cipro, in mare, in terra e in cielo
Regni fra stelle, ninfe, onde e uiole,
Qual stella in ciel, che sorgi innanzi al sole,
Diurna luce e dietro oscuro uelo
Qual figlia in mar, Dea in Cipro, Apollo in Delo,
Paueggi con trofei d’eterna mole,
E focosi pensieri, atti e parole,
Qual ninfa in terra accendi, opposta al gelo
Ecco ch’una leggiadra e dotta schiera
Di piaceuoli poeti, ordendo, al segno
Del tuo nome gentil, girlande e fiori,
Or uenga in terra i pargoletti amori.
Or i lumi del ciel alza il disegno
Or a Cipro, or al mar, la mente altiera.
Quiui spiegar si uede occulti ardori
Sotto incognit stil. Quiui andature
Liete, sotto color di sorti oscure,
Tra purpuree rose e uerdi allori.
Quiui sotto pensier di nuoui amori
Antique fiamme,e sotto aspre figure
Viole dolci, amorose alte testure,
Tra piaceuoli fronde e bei lauori.
//160r//
Vanne Venosa ormai, ricca e gioiosa
Di nuouo onor, di nuoue imprese, ardente,
Cangia, diua gentil, l’antico seggio,
Che del suo mal presaga, il uecchio freggio
Sospira, e se ne ua mesta e dolente,
Tratto ha uiuo ualor Cipro, in Venosa.
Venusinae accademiae quae Placidi inscribitur
Quos italis nuper libuit mihi uisere metris
His ego nunc elogiis, Cypria diua loquor.
Pauca prius retuli Veneris sub numina blandae
Et modo sub Veneris, numina pauca feram
Quam bene res gessit Venusini nominis ortus.
Inclitus ex Veneris nomine nomen habenda ars
Hic Albi feriunt eleuato uertice montes
Sydera, et arbori bus florida membra gerunt
Ima petra, gelidae ualles, mirteta uirescunt,
Aurea mala uigent, punica grana iubent.
Hic quadri casum, referens philomela dolentem.
Hic plorat lacerum, Daulias alas Itym.
Hic aliae modulantur aues, caua saxa loquunt,
Vernat ager, resonant flumina, prata uirent.
Hic solitae Nymphae, uarios decerpere flores,
Et uaria nitidum cingere fronda caput.
Puniceo crocas redimere papauere uestes,
Et laetos, laeta ducere fonte, choros.
Hic liquido placido labentes murmure fontes,
Undique frondiferis rupe tegente comis.
// 160v//
Moenia prisca fouent urbem patriosque penates,
Moenibus auxilio delubra prisca foris,
Denique, cum Cypriae Veneris ter grata uoluptas
Hic dent Veneri ter locus aptus erat
Insuper ardenti ueneranda Venusia classis
Ferre tibi poterat stegmata sola Venus.
Hinc rutilans tanti praefers insignia ducis
Et puer in quo sit, hac duce, ludit amor.
Perge hilaris coeptis adsit fortuna secundas,
Ad superos actus, euehat usque tuos.
Hac placide placidum ueneranti carmine coetum
Bis placidos placido pectore redde sonos.
Furno molte le risposte in Vulgare et in Latino che se rimandarno in lode dell’authore che s’era degnato scriuere in lode di questa honorata Accademia, ma perché all’hora mi ritrouai nella citta di Salerno per li studii de legge e sacri canoni non hebbi persona che hauesse hauuto pensiere di raccogliere tali belli poemi gia che non sauo alcuno mai che di essi, se ni hauesse hauuto da far accoglienza: si bene m’e capitata nelle mani un esortatione fatta dal Principe dell’Accademia a tutti s.ri Accademici che uogliano attendere giorno e notte alli studii della Poesia esortandoli a quella caldamente giache il perfetto poeta ha in se tutte altre scienze che sono nel mondo come per l’esperienza se puo uidere e l’Esortazione fu questa che segue
// 161//
Conoscendo in uoi, molti eccellenti signori, quanto sia ardentissimo il desiderio di poetare, mentre uniti ui uedo tutti in questa nostra accademia, non ad altro effetto, per questo li dico che il poeta che ueramente e tale, in nome e in fatti, deue essere capace di tutte arte e scienze, percioche con quelle abonda di tanto merito e di tanta eccellenza che ingombra il mondo di altissimo stupore. Percioche non e materia umile, uaga o deletteuole o rara e graue che non sia dalla leggiadra sua penna con parole geniale uestita. Il poeta, alle cose morte, da co’suoi uersi finta uoce e uita. Nell’elegia fa sentire le querele e uedere le lacrime dell’afflitti.
Ne i suoi poemi non si legge, ma si uede, il foco dell’arse citta, il sangue dell’uccisi, il filo dell’armi, l’ali de i uenti e de i caualli. Il poeta, molti anni innanzi di Platone et Aristotele et d’altri filosofi, tutti l’ammaestramenti filosofici insegno sotto alcuni uelami. Con la fauola di severissimi che nell’Inferno giudicano l’anime di tutti i morti e danno a i maluagi supplicii grauissimi, cerco il poeta destorre da i uitii le persone universalmente. Con la sete di Tantalo, dall’auaritia procuro leuare l’animo altrui. Con la fauola di Licaone, ritrarre l’omini dalle scelerate opinioni. Con la calamita di Bellerofonte, abbassare la temerita. Con la pena d’Issione, spaventare i mortali dall’inonesta operazione. Con la fauola di Febo che sia stato pastore delli armenti di Ameto, manifesta l’incostantia dell’anima. Col raccontare che i Ciclopi fabbricassero le saette a Gioue, e che Febo li uccidesse, e che Venere fusse di spume generata, scoperse i secreti della Natura. Con le fatighe di Ercole, ad eccelse imprese infiammo. Con la ineffabilità de i campi Elisi, all’integrita della uita, alla fede, all’equita, alla religione et a tutte le uirtu alletto la merauigliosa forza del poeta1.
[…]
Quanto ha scritto Omero, poeta greco, Virgilio, poeta comico, Oratio uostro, poeta lirico, e molti altri che sarria assai lungo a raccontarli tutti, è pieno di moralita e di documenti filosofici. Per la qual cosa, conoscendo quanto sia ardente il uostro desiderio di poetare, mentre ui scorgo riuniti insieme in questa nobile accademia, non ad altro effetto percio l’esorto tutti a perseverare in questo incominciato studio. Percioche e cosa degna d’ammirazione, uedere in questa uostra citta li nobili et ignobili, litterati et plebei, nella citta et boschi e uille, giornalmente, poetare, come che in Venosa se ritrovasse l’abitatione delle Muse e non piu nel loro Libetro. Finita dell’Ill.mo principe questa ouazione, li sopradetti signori dell’accademia se leuorno tutti in piedi e facendoli umile riuerenza, lo ringratiarno infinitamente. Dopoi, il signor Giouanni Antonio Rossano, scriuano dotato di bellissime leettere, della //163r//cui persona al spesso la fedelissima citta di Napoli se seruiua in tutte le sue occorrenze, si per la Regia Maesta in Spagna, si anco in tutti altri potentati, ringratiandolo cossi in nome di tutti, cossi brevemente comincio:
Illustrissimo signore, di cui degni meriti per le sue rare e uirtuose qualita sono non solo degne da essere celebrate da tutti uiuenti, ma di singulare stupore e consolazione presso tutti i populi d’Italia, doue che non senza causa sparso e il grido per il mondo tutto dell’eroiche gesta di questa ill.ma famiglia de i Monti, onde si puo, anco senza errore, affirmare che, sincome i monti sono un principale ornamento et una speciale bellezza del
mondo, cossi e non altrimenti si scorge nella famiglia di V.S. Ill.ma2.
[…]
//165r//
Ch’in Venosa signor, come ognun uede,
Vadino li poeti a schiera a schiera
Marauiglia non e, poiche la uera
Delle antique sorelle e qui la sede.
Qui nacque il Flacco delle Muse erede,
Qui l’Eustachio Diuin che con sincera
Nota descrisse il mondo e si non era
Dal Frezza occulta, l’opra, farria fede.
Qui nacque il buon Tansillo, siben Nola,
Priui di mirti e uerdigianti allori,
Non senza inuidia la sua gloria inuola.
Qui nacquero i Maranta, i duoi scrittori,
L’un della legge e l’altro della scola
D’Esculapio: ambi duoi canori://165v//
Molti altri auria da dir ma mi consiglio
Lasciarli, giache l’opre son si pronte
Che li dara perpetua uita, e conte
Andran col tempo, a par senza periglio.
Ma, a che la fronte increspi e inarchi il ciglio,
A che fauelli del Vulturio monte,
che del Albo e Trichitinio fonte
Due alberga finor Latona e il figlio?
Ma, a cio non resti pur marauigliati
Senti quiui cantar uillani e putti
Dirrai che metri fanno alla sicura.
Cio per arte non e, ma di natura,
Ch’auendo gia le Muse cosecrato
Il loco, poetando parlam tutti.
FONTE: G. Cenna, Cronica Antica della Città di Venosa, cc. 157r-165v.
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