I fatti della lotta al brigantaggio a Pietragalla partono da una lettera del 7 novembre 1861, indirizzata dal sindaco di Vaglio a quello di Pietragalla, descrivendogli l’attacco dei briganti a Trivigno e il successivo massacro, per poi proseguire con una lettera del Prefetto di Potenza del 15 novembre, contenente l’informativa della sconfitta, a Grassano, dei briganti, diretti verso i boschi di Lagopesole, che dovevano essere presidiati dalla Guardia Nazionale pietragallese. L’assedio di Pietragalla era, ormai, inevitabile: a Borjes, non pratico dei luoghi, si affiancò il brigante Carmine Crocco, incontrato proprio nel bosco di Lagopesole. Gli abitanti di Pietragalla, il 16 novembre, si rifugiarono nel Palazzo Ducale e, quando la vedetta della Guardia Nazionale annunciò l'imminente arrivo dei briganti, tutto era già predisposto per sostenere l'assalto della colonna di 400 briganti, che invase il paese, dandosi al saccheggio su comando di Crocco, mentre Borjes studiava il piano di attacco al Palazzo Ducale. Come avrebbe raccontato Saverio De Bonis: «Prima dell’attacco Borjés invitò il comandante della Guardia nazionale ad arrendersi; la risposta negativa fu accompagnata da una bandiera tricolore issata sul punto più alto del palazzo ducale. L’attacco ebbe inizio e la battaglia fu cruenta. Solo durante la notte il luogotenente Marginet riuscì a trovate un varco, in breve tempo l’intero paese fu occupato, tranne che il palazzo ducale, somigliante ad una vera fortezza da cui si domina tutto il paese. Il mattino dopo la battaglia si acuì nuovamente e tutti i tentativi di assalto al palazzo ducale risultarono vani, da lì i cittadini opposero una valida resistenza, fulminando qualsiasi dei briganti si fosse spinto innanzi o fosse passato a tiro di fucile». Anche la Guardia Nazionale di Acerenza, comandata da Canio Giuseppe Vosa, intervenne all’assedio, il 17 novembre, dando un contributo fondamentale alla cacciata delle bande Borjes e Crocco.
Quattro giorni dopo, sventato l’assedio, il Consiglio Comunale, su richiesta del Prefetto, avrebbe stilato un elenco di 81 cittadini distintisi nella lotta al brigantaggio: l’elenco comprende 8 civili ( il sindaco, un calzolaio, un cantiniere, uno studente, un sarto, un falegname, un contadino e un barbiere); 17 esponenti del clero secolare (13 sacerdoti, un vicario foraneo, un seminarista, un accolito, un cantore); un esponente del clero regolare; 62 esponenti della Guardia nazionale di Pietragalla (2 capitani, 10 sergenti, 4 luogotenenti, 10 caporali, 3 sottotenenti, 20 militi, 13 riserve).
Menzione onorevole ai pietragallesi sarebbe stata, il 18 novembre, conferita dal prefetto Giulio De Rolland, la cui lettera (conservata in copia in un archivio privato ed esposta nella mostra) sarebbe stata apposta come epigrafe sul Palazzo Ducale: «Abitanti di Pietragalla, l'eroica resistenza da voi opposta ad un'orda di assassini che scorrazza per una parte di questa provincia, è degna di ogni elogio. Voi avete dimostrato una volta di più che liberi cittadini, quando vogliano, non possano e non debbano temere un'accozzaglia di furfanti reclutati fra i galeotti ed il rifiuto delle altre nazioni. Usi sempre a fuggire innanzi le milizie italiane, che l’inseguono ed a sorprendere, aggredire e saccheggiare le tranquille popolazioni, han dovuto per ben tre volte retrocedere dalle vostre mura e partirne insanguinati lasciando sul terreno quarantadue cadaveri, e seco trasportando il doppio forse dei feriti. Voi potrete alta tener la fronte innanzi agli abitanti degli altri municipi della Basilicata […]».
L’11 gennaio 1862, in seduta straordinaria del Consiglio Provinciale di Basilicata, i cittadini di Pietragalla sarebbero stati nominati «benemeriti della patria», per aver «arrestato la marcia di Borjes» contro Potenza. Conseguentemente, i pietragallesi più noti sarebbero stati insigniti con medaglia d’argento o menzione onorevole dal Prefetto.
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