domenica 26 agosto 2018

Il Mezzogiorno moderno. 5a. La Costituzione del 1820-21 (Antonio Cecere)

Nell'ambito dell'ondata di costituzionalismo di tutta Europa negli anni Venti dell'Ottocento, l'esperienza napoletana rappresenta una importante peculiarità. 
Prima di parlare, però, della carta costituzionale del regno delle Due Sicilie del 1820, è necessario porre alcune premesse ed andare indietro con il calendario di alcuni anni. 
Nel 1812, infatti, in quel di Cadice, venne approvata una carta costituzionale che de facto fu alla base di tutte le costituzioni che imperversarono in Europa nei cosiddetti moti del 1820/21 e che lasciarono trascorrere al garante dell'ordine post congresso 1815, il cancelliere Metternich, notti insonni. Le Cortes, i parlamenti, nel 1812 in Spagna, riunitisi a Cadice, unica terra ancora in mano spagnola durante la occupazione della penisola iberica da parte del regime napoleoCortes ed erano coordinati da un Consiglio di Stato i cui membri erano scelti dal sovrano su proposta delle Cortes. Il potere legislativo era in mano ad un parlamento monocamerale (ovvero le Cortes) e la religione cattolica era l'unica religione dello Stato.  
nico, proclamarono la prima costituzione liberal-democratica della storia. Certo, ci viene da pensare che al tempo vi erano già state delle repubbliche democratiche come Venezia ma, credo che una repubblica democratica oligarchica come la serenissima rappresenti quasi un ossimoro in questi anni di palingenesi. La Costituzione di Cadice riconosceva una monarchia ereditaria in cui il re aveva potere esecutivo, che veniva esercitato attraverso i Segretari (Ministri), i ministri erano di nomina regia, ma il loro numero era stabilito dalle
In aggiunta a questi punti specifici, altri di particolare rilevanza, erano ripresi dalla carta costituzionale francese del 1791. In primo luogo, l re spettava diritto di veto sulle leggi votate dalle Cortes (questo diritto in Francia era molto più rigoroso poiché lo stesso «non può applicarsi né alle leggi costituzionali, né alle leggi fiscali, né alle deliberazioni concernenti la responsabilità dei ministri» che possono essere messi in stato d'accusa dall'Assemblea, alla quale rimaneva invece il controllo sulla condotta degli Affari Esteri del capo dello Stato. Il sovrano non poteva sciogliere l'Assemblea, né dichiarare guerra, né firmare trattati di pace). Inoltre, la sovranità non era più attribuita al re ma alla Nazione. Ancora, il suffragio era ristretto ma non su base censitaria come in Francia (1791) [A Napoli sarà su base censitaria]. 
La costituzione spagnola del 1812 durò poco; con la caduta di Napoleone e la Restaurazione, Ferdinando VII di Borbone riprese il possesso del trono e annullando la costituzione, perseguitò aspramente chi l'aveva concepita.  
L'esperienza costituzionale che durò solo nove mesi nel Regno delle Due Sicilie, fu tutt'altro che una esperienza di poco conto.  A differenza della costituzione di Cadice, che era stata per la prima volta votata e promulgata da un organo parlamentare, di cui è praticamente una copia, la costituzione duo siciliana del 1820, è una costituzione ottriata. Composta da 371 articoli e divisa in 10 titoli, riassume in se tratti del tutto innovativi se applicati in un contesto particolarissimo come quello del Mezzogiorno d'Italia; basti pensare al fatto che per la prima volta è prevista una organizzazione della pubblica istruzione sull'intero territorio del regno attraverso scuole elementari che, istituite in ogni comune, insegnano a leggere, scrivere e conteggiare.  
Art. 353 - In ogni comune del regno ci saranno delle scuole elementari per fanciulli dell'uno e dell'altro sesso; verrà loro insegnato a leggere, scrivere e conteggiare, non che il catechismo de' doveri religiosi e civili, secondo i principii della religione cattolica. Le fanciulle saranno ancora ammaestrate alle arti domestiche.  
Nelle scuole verrà spiegata la costituzione: 
Art. 355 - Il piano generale di insegnamento sarà uniforme in tutto il regno. In tutte le università e stabilimenti di pubblica istruzione, dove s'insegnano le scienze politiche ed ecclesiastiche, si darà il primo luogo allo spiegamento della costituzione politica.  
Ogni cittadino gode della libertà di scrivere e pubblicare le sue idee senza bisogno di autorizzazione preventiva:  
Art. 358 - Ogni nazionale del regno delle Due Sicilie ha la libertà di scrivere, imprimere e pubblicare le sue idee senz'aver bisogni di licenza, revisione i approvazione anteriore, ma sotto la responsabilità che le leggi determineranno.  
A queste novità va aggiunta la ridefinizione del territorio delle Due Sicilie diviso ora in 22 province di cui 15 nel territorio Peninsulare (sotto Carlo di Borbone ne erano 12) e 7 in quello dell'Isola di Sicilia.  Importanti sono gli articoli 3 e 4 che trasferiscono la sovranità dal re al popolo e proteggono la libertà civile: 
Art. 3 - La sovranità risiede essenzialmente nella nazione: e perciò a questa appartiene il diritto esclusivo di stabilir le sue leggi fondamentali  
Art. 4 - La nazione è nell'obbligo di conservare e proteggere con leggi savie e giuste la libertà civile, la proprietà, gli altri legittimi diritti di tutti gli individui che la compongono.  
Vengono in seguito definiti con l'art. 5 i nazionali del regno, tra i quali tutti gli uomini nati e domiciliati nel regno medesimo e figli di essi; gli stranieri che dal parlamento abbiano ottenuto il decreto di nazionalità; coloro che senza questo decreto contino 10 anni di domicilio, a termini della legge, in qualsivoglia luogo appartenente alla monarchia.   
Segue il capitolo II in cui si sancisce la religione di stato riportando testualmente che «la religione della nazione del regno delle Due Sicilie è, e sarà perpetuamente la cattolica apostolica e romana, unica vera, senza permettersene alcun'altra nel regno».  
Per ciò che concerne il governo è stabilito nel capo III con gli articoli:  
Art. 14 - Il governo delle nazione del regno delle Due Sicilie è una moderata monarchia ereditaria  
Art. 15 - La potestà di far le leggi risiede nel parlamento col re (parlamento unicamerale eletto ogni 2 anni con suffragio su base censitaria. Il Parlamento esercita anche funzioni che erano prerogative del Re: decide le contribuzioni e le imposte, stabilisce il valore della moneta, approva i trattati di alleanza offensiva e di commercio e fissa i contingenti militari).  
Art. 16 - La potestà di far eseguire le leggi risiede nel re (è esercitato dal re attraverso Ministri di nomina regia responsabili di fronte al Parlamento per atti contrari alla costituzione e alle leggi).  
Art. 17 - La potestà di applicare le leggi alle cause civili e criminali risiede ne' tribunali fissati dalla legge ( la giustizia è amministrata, in nome del Re, da Magistrati di nomina regia che non possono essere destituiti se non dopo un regolare giudizio ). 
Non deve essere trascurato che con il capitolo VII del Titolo IV viene istituito un Consiglio di Stato composto da «ventiquattro individui» come stabilito dall’articolo 221 e «tutti i consiglieri di Stato saranno nominati dal re in seguito delle proposte che ne farà il parlamento» [art. 223]. Con l’articolo 226 se ne stabilisce il compito: «il consiglio di Stato è l’unico consiglio del re: egli ne udirà il parere in tutti gli oggetti gravi di governo, segnatamente per dare o negar la sanzione alle leggi, per dichiarare la guerra, e per istipulare i trattati». 
Non di minore importanza l’Art . 13 – L’oggetto del governo è la felicità della nazione; non essendo altro lo scopo di ogni politica società, che il ben essere di tutti gli individui che la compongono.  
Il diritto alla felicità non è nuovo in ambito costituzionale. Non può che venirci in mente quello sancito dalla costituzione americana che, se indagato nel suo intimo, ha una matrice napoletana. Questo, infatti, può essere spiegato alla luce della corrispondenza avvenuta tra il giurista e filosofo Gaetano Filangieri ed uno dei padri costituenti della nazione Americana Benjamin Franklin circa l’opera del napoletano “La scienza della legislazione” in cui veniva, per l’appunto, declinato il diritto alla felicità dei popoli. Deve essere tenuto costantemente presente il concetto di Nazione che, in questo periodo, è lo stesso ritrovato già nella carta costituzionale francese del 1791 e nella costituzione di Spagna del 1812 e cioè gruppo di soggetti che sentono di condividere un destino comune per tradizione di vita associata formatasi per una comunanza di elementi, come razza, religione, territorio, lingua.  

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