V. MARSICO, Medici lucani. Saggio bio-bibliografico, Matera, Montemurro, 1962.
Un blog sulle "microstorie" della Basilicata e sulla Storia che ad esse si intreccia.
venerdì 31 gennaio 2014
giovedì 30 gennaio 2014
Paesi lucani. 14. Il governo della città di Melfi in età moderna
Il governo della città di Melfi era affidato ad un sindaco e dieci eletti. Com’è noto, nelle università meridionali la figura del sindaco fu creata inizialmente per svolgere funzioni specifiche e, quindi, eletta solo in particolari circostanze, determinate di volta in volta dalle esigenze della comunità; solo col tempo tale magistratura divenne carica stabile, fissando le sue funzioni prevalentemente in ambito finanziario: vigilanza sulle spese e sugli introiti, compilazione dei bilanci, vendita delle cose pubbliche. A Melfi, inoltre, sindaco ed eletti si occupavano «del commestibile e dell’abbondanza». Uno dei compiti del sindaco era quello di presentare annualmente i conti dell’Università al razionale appositamente eletto tra i componenti del Consiglio Generale per un controllo incrociato, così come nelle altre università dello Stato. In realtà, il governatore supervisionava l’attività del razionale di Melfi e indirizzava su soggetti a lui graditi la scelta del razionale nei parlamenti delle altre terre. I due organi elettivi della città di Melfi erano il Consiglio dei Quaranta e il Consiglio Generale. Di quest’ultimo facevano parte tutti i cittadini nativi di Melfi senza distinzione di ceto, mentre nel Consiglio dei Quaranta, come si è detto, dovevano entrare solo uomini «idonei», uno per casa. Il criterio dell’“idoneità” non è specificato, ma è naturale dedurre che vi facessero parte solo i rappresentanti di quaranta delle famiglie eminenti della città, considerato anche il fatto che nell’ambito
del Consiglio dei Quaranta il Sindaco sceglieva gli ufficiali che dovevano affiancarlo nel Governo. Ma far parte di questo Consiglio significava anche avere diritto di veto sui quattro soggetti proposti da sindaco ed eletti uscenti per l’elezione del nuovo «capo dell’Università». Se i Quaranta approvavano i candidati selezionati, questi ultimi venivano presentati al Consiglio Generale che ne eleggeva uno per sindaco. Questo appuntamento annuale era fissato per il 10 agosto ed avveniva nel castello con la supervisione del governatore; nelle altre università dello Stato, invece, l’elezione del sindaco avveniva in coincidenza con la visita annuale del governatore. In particolare a Melfi, più che in altri centri del feudo, l’elezione del primo cittadino era spesso occasione di scontri e “brogli” che testimoniano un’animata e non disinteressata vita politica locale.
Il Consiglio dei Quaranta non aveva solo diritto di veto sulle candidature a sindaco, ma anche sui quattro soggetti proposti dal Governo come giudici della Bagliva, uno dei quali era scelto dal governatore, l’altro dal Consiglio Generale; inoltre, ai Quaranta spettava approvare i candidati scelti per esercitare le cariche di camerlengo e di avvocato della Città, la cui nomine erano di competenza del governatore.
I giudici della Bagliva amministravano la giustizia civile soprattutto in materia di affitti o prestiti; essi avevano un proprio mastro d’atti, la cui carica, però, era data in affitto dal Principe «ad estinzione di candela», tra i buoni cittadini. La loro Corte aveva giurisdizione sulle cause minori, tanto che per quelle di valore superiore a 30 carlini non si poteva deliberare senza un consultore nominato dal governatore. I giudici della Bagliva erano ufficiali presenti in tutte le altre Terre del feudo, affiancati da altri due giudici scelti rispettivamente dal sindaco e dall’erario. Solo ad Avigliano anche le funzioni della Corte della Bagliva erano assolte dal capitano, che rivestiva, dunque, un ruolo ancora più forte. Il capitano, infatti, aveva il compito di vigilare sull’ordine pubblico, sull’applicazione delle leggi e di riscuotere pene pecuniarie. Mentre nelle altre università dello Stato era figura di riferimento e di più ampia responsabilità, a Melfi, invece - dove risiedeva stabilmente il governatore - le sue funzioni erano più frequentemente limitate all’esercizio della giurisdizione civile e penale coadiuvato da un proprio mastro d’atti, la cui carica era assegnata in appalto dal Principe. È risaputo come le cariche di mastro d’atti (a Melfi l’Università, la Corte della bagliva e quella del capitano avevano ciascuna il proprio) fossero molto ambite, dato che percepivano diritti in denaro sulla stesura degli innumerevoli decreti e pratiche giudiziarie effettuati dalle varie istituzioni.
lunedì 27 gennaio 2014
La Basilicata napoleonica. 7. La prima seduta del Consiglio Provinciale (1808)
La prima sessione del Consiglio generale della provincia di Basilicata venne convocata il 12 settembre 1808, con un decreto nel quale «i Signori Sotto-Intendenti e Sindaci e Decurioni della Provincia» erano invitati a partecipare dal ministro dell’Interno: la circolare, diffusa tramite il «Giornale degli Atti dell’Intendenza di Basilicata» dall’Intendente Vito Lauria, evidenziava come l’argomento di maggior rilievo, almeno nella fase iniziale, fosse la delineazione «delle funzioni loro attribuite dalla Legge degli 8 Agosto 1806». In tale convocazione, inoltre, veniva precisato che «l’assemblea del Consiglio Generale deve tenersi in codesta città ovvero Potenza, e se possibile nella casa dell’Intendenza, ovvero in un Edifizio il più prossimo, e consono. Egualmente i Consigli Distrettuali debbono riunirsi nel Capoluogo del Distretto, e se si può nella medesima della Sotto-intendenza, o in un Edifizio il più contiguo e conveniente».
Il Consiglio Generale della Basilicata si svolse dal 15 al 26 ottobre 1808 a Potenza, nei locali del complesso strutturale di san Francesco, che, solo dopo uno specifico decreto di Gioacchino Murat del 13 febbraio 1809, sarebbe stato destinato a sede dell’Intendenza, dei tribunali civili e criminali della provincia, con annesso carcere criminale e civile. I lavori di ristrutturazione e di adeguamento, che furono non poco condizionati negli anni da revisioni progettuali, procedure di appalto e limitate disponibilità finanziarie, sarebbero stati portati a termine solo nel 1817, ovvero dieci anni dopo l’iniziale decisione di trasformare l’antico complesso religioso nella struttura urbana più rappresentativa dell’assetto istituzionale-amministrativo dell’età napoleonica.
giovedì 23 gennaio 2014
Paesi lucani. 13. Avigliano nel XVI secolo, tra feudo e università
Avigliano dal 1528 in poi passò nel giro di pochi anni sotto la giurisdizione di molti signori e solo a metà del Cinquecento tornò in possesso dei Caracciolo, ma di un ramo cadetto della famiglia dei primi grandi feudatari. Antonio Caracciolo, dunque, risulta essere il sestogenito di Bernabò Caracciolo, conte di Brienza, duca di Caggiano e Signore di Sicignano. Il primogenito di Antonio, dunque, era quel Giovan Battista che concordò le capitolazioni del 1579 con l’Università. Antonio Caracciolo e i suoi successori legavano, quindi, il titolo di barone al solo possesso di Avigliano, frutto di manovre speculativo-finanziarie, ma anche di strategie familiari interne al clan; era naturale, quindi, che su quella terra esercitassero uno stretto controllo, forti della reiterata formula medievale. Le congiunture storiche mutate (si ricordi che i Caracciolo appartenevano alla vecchio gruppo nobiliare il cui potere i Sovrani spagnoli cercavano di arginare), i numerosi ricorsi dell’Università al Sacro Regio Consiglio per denunciare gli abusi baronali già a partire dal 1551, avevano fatto sì che il potere feudale venisse limitato e i nuovi diritti degli uomini di Avigliano ufficializzati nei capitoli del 1579.
Con l’articolo 46, ad esempio, si ridusse il potere politico del barone rivendicando la libertà per Sindaco, Eletti ed uomini di Avigliano di riunirsi in Consiglio senza l’intervento del Signore o del Capitano, qualora si fossero trattati argomenti contro di essi. Maggiormente significativo il capitolo 47 nel quale venne, addirittura, fatta richiesta al Signore di non intromettersi «in atto di iurisdittione», ma di lasciarne l’esercizio al Capitano o al Luogotenente da lui nominati. Vennero, inoltre, regolamentati qualitativamente e quantitativamente anche i servizi da rendere al barone: dovevano essere effettuati solo dalle persone designate e se ne fossero state utilizzate altre sarebbe stato necessario stipendiarle.
Ma, come in altre realtà del Mezzogiorno, la norma scritta non fu sufficiente a garantire le tutele ottenute nel 1579 contro la preponderanza baronale, tanto che, dopo un ulteriore ricorso al Saro Regio Consiglio, si pervenne ad una nuova convenzione integrativa della prima. Tra i Nuovi Capitoli del 1595 spicca, dunque, a ulteriore conferma di quanto detto finora, l’articolo 13, nel quale veniva intimato al Capitano di «osservare tutti capitoli, decreti, statuti et consuetudini di essa Università, quali se li presenteranno et notificheranno. Et non observandoli o rompendono qualsivoglia di essi, sia esso Magnifico Officiale, tenuto all’Università predetta pagar ducati mille di pena»; ma le multe non erano previste solo per il rappresentante del barone: infatti «detto Illustrissimo Signore promette osservare detti capitoli, statuti, decreti et consuetudini d’ essa Università et rompendoli in tutto, o vero, in parte, o qualsivoglia di essi sia tenuto a detti ducati sei millia, et seicento, una con tutti li danni, spese, et interesse dal dì della controventione».
L'antica Lucania. 10. La Storia della Lucania di Luigi Pareti
L. PARETI, Storia della regione lucano-bruzzia nell'antichità, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1997.
lunedì 20 gennaio 2014
L'antica Lucania. 11. Spartaco da Capua in Lucania
XCV. Settantaquattro gladiatori fuggiti dalla scuola di Lentulo a Capua, raccolto un gran numero di schiavi e prigionieri operai, iniziarono una guerra sotto il comando di Crisso e Spartaco e sconfissero l'esercito del pretore Publio Vareno e il suo vice Claudio Pulcher.
XCVI. 1. Il pretore Quinto Arrio schiacciò Crisso, il capo degli schiavi fuggiaschi, e 20.000 uomini. [72 aC] Il console Gneo Lentulo, però, inutilmente combattè contro Spartaco. Il console Lucio Gellio e il pretore Quinto Arrio furono sconfitti dallo stesso capo.
6. Il proconsole Gaio Cassio e il pretore Gneo Manlio invano combatterono contro Spartaco, e la guerra venne limitata al pretore Marco Crasso.
XCVII. 1. Il pretore Marco Crasso prima combatté vittoriosamente contro una parte dei fuggitivi, soprattutto Galli e Germani, e uccise 35.000 di loro, tra cui i loro capi Casto e Gannico. Poi sconfisse completamente Spartaco, che venne ucciso con 60.000 persone.
Floro, Epitoma, II, 8:
Spartaco, Crisso ed Enomao, scappando dalla scuola gladiatoria di Lentulo con trenta o più uomini della stessa professione, fuggirono da Capua. Quando, convocando gli schiavi al loro livello, ebbero rapidamente raccolto più di 10.000 aderenti, questi uomini, che inizialmente si accontentavano di essere sfuggiti, ben presto cominciarono a desiderare di prendersi anche la loro rivincita.
La prima posizione che li attirò era fu il monte Vesuvio. Qui assediati da Clodio Glabro, scivolavano per mezzo di funi fatte di viti attraverso un passaggio nella cavità della montagna, fuggiti da una uscita nascosta, sequestrarono il campo di quel generale che non aveva previsto l'attacco. Poi attaccarono altri campi, quello di Varenio e poi quello di Thorano, e si sparsero su tutta la Campania. Non contenti del saccheggio delle case di campagna e villaggi, devastarono Nola, Nuceria, Thurii e Metaponto con una distruzione terribile.
Diventarono un esercito regolare con l'arrivo giornaliero di forze fresche, con rozzi scudi di vimini e pelli di animali, e spade e altre armi di ferro fuso. Non mancava alcuna cosa che era propria di un esercito regolare, la cavalleria si era procurata mandrie di cavalli e i suoi uomini portarono al loro capo le insegne e fasci catturati dai pretori, né erano rifiutato dall'uomo che, dall'essere un mercenario di Tracia, era diventato un soldato, e da soldato disertore, poi un bandito e, infine, grazie alla sua forza, un gladiatore.
Egli celebrò anche le esequie dei suoi ufficiali caduti in battaglia con i funerali come quelli dei generali romani, e ordinò ai suoi prigionieri di combattere al loro roghi, come se volesse spazzare via tutto il suo disonore passato, divenuto, invece che gladiatore, un donatore di spettacoli gladiatori .
Quindi, in realtà attaccando generali di rango consolare, infliggeva la sconfitta all'esercito di Lentulo sull'Appennino e distrusse il campo di Gaio Cassio a Mutina. Esaltato da queste vittorie, si trattenne dal progetto di una disgrazia sufficiente per noi - attaccare la città di Roma.
Finalmente fu fatto uno sforzo congiunto, sostenuto da tutte le risorse dell'impero, contro questo gladiatore e Licinio Crasso rivendicò l'onore di Roma. Instradato e messo a combattere contro di lui, i nostri nemici - mi vergogno di dare loro questo titolo - si rifugiarono nelle estremità più lontane d'Italia. Qui, essendo tagliata la via del Bruzio, si preparava a fuggire in Sicilia ma, non essendo in grado di ottenere le navi, cercarono di lanciare zattere di travi e botti legati insieme con vimini per le veloci acque dello stretto.
Non riuscendo in questo tentativo, finalmente fecero una sortita e incontrarono una morte degna di uomini, combattendo fino alla morte. Spartaco stesso cadde da generale, combattendo coraggiosamente in prima fila (in Lucania).
domenica 19 gennaio 2014
Pasquale Locuratolo: la speranza oltre il reticolato
Sabato 18 gennaio, alle ore 11,00 nella Sala convegni del Castello ducale del Balzo di Venosa (PZ), alla presenza del Vice Ministro dell’Interno, senatore Filippo Bubbico, si è tenuto un incontro seminariale in margine al volume di Pasquale Locuratolo dal titolo La speranza oltre il reticolato.
Il testo si inquadra in quella memorialistica di guerra molto nota a livello nazionale, ma che in Basilicata ha prodotto pochi testi, il più compiuto ed ampio dei quali è questo, scritto da Pasquale Locuratolo (Melfi 1923-Potenza 2006), che nel dopoguerra, per molti anni, fu Commissario Straordinario, tra l'altro, dei comuni di Maschito (1962-63), Venosa e Lavello (1965), Rionero in Vulture (1965-1966) e promotore di notevoli iniziative socio-culturali. Tra l'altro, l'Amministrazione Comunale di Venosa aveva già omaggiato il Locuratolo intitolandogli una strada.
Il testo si inquadra in quella memorialistica di guerra molto nota a livello nazionale, ma che in Basilicata ha prodotto pochi testi, il più compiuto ed ampio dei quali è questo, scritto da Pasquale Locuratolo (Melfi 1923-Potenza 2006), che nel dopoguerra, per molti anni, fu Commissario Straordinario, tra l'altro, dei comuni di Maschito (1962-63), Venosa e Lavello (1965), Rionero in Vulture (1965-1966) e promotore di notevoli iniziative socio-culturali. Tra l'altro, l'Amministrazione Comunale di Venosa aveva già omaggiato il Locuratolo intitolandogli una strada.
Si tratta, per quanto riguarda La speranza oltre il reticolato, di una narrazione in forma di diario scritta dall’autore durante il suo non breve periodo di prigionia e internamento dopo l’8 settembre del 1943, quando il suo reparto, di stanza nel Nord Italia, fu disarmato dalla Wermacht e trasferito prima in Polonia e poi in Germania. In pratica, la testimonianza diretta di un protagonista della tragica sorte che ha colpito molte unità del nostro esercito dopo l’Armistizio di Cassibile.
Alla presentazione, organizzata dal Comune di Venosa, articolata in chiave didattica, hanno preso parte gli allievi delle ultime classi del Liceo Classico Quinto Orazio Flacco di Venosa con gli interventi del Prefetto della Provincia di Potenza, dottoressa Rosaria Cicala, il Commissario Straordinario del Comune di Venosa, dottoressa Rosa Correale e il dirigente scolastico del Liceo, dottoressa Mimma Carlomagno. La relazione storica è stata svolta da Antonio D’Andria dell’Università degli Studi della Basilicata.
Come recita la quarta di copertina, "Diario di prigionia, La speranza oltre il reticolato di Pasquale Locuratolo presenta i temi universali che circolano in tutta la letteratura diaristica che riguarda in particolare vicende d'internamento durante la Seconda guerra mondiale: le parole semplici che sono le uniche degne d'esser dette o, forse ancor meglio, le uniche davvero dicibili davanti alla schiacciante imponenza della vita e della morte; l'aiuto di Dio e il supplizio dell'uomo che diventa servizio a Dio; i campi di prigionia che sembrano dover ricoprire il mondo intero e coinvolgere tutti, in quanto nessuno può chiamarsi fuori dall'abominio; la rassegnazione di chi decide di sottomettersi a questo passaggio doloroso, dopo aver compreso che attraversarlo (e, nel contempo, farsene attraversare) è l'unico modo per poterne un giorno uscire veramente, mantenendo la propria umanità":
Che cosa fosse la vera guerra in realtà non l'avevo immaginato perchè non avevo ancora provato il fuoco. Avevo letto libri che parlavano di eroismo (...) Ed è in questo groviglio di terrore, orrore e pietà che incomincia la trasformazione lenta ma sistematica del nostro carattere, una volta tanto sensibile anche ad una goccia di sangue ed ora indifferente a tanta carneficina (pp. 76-77).
Come recita la quarta di copertina, "Diario di prigionia, La speranza oltre il reticolato di Pasquale Locuratolo presenta i temi universali che circolano in tutta la letteratura diaristica che riguarda in particolare vicende d'internamento durante la Seconda guerra mondiale: le parole semplici che sono le uniche degne d'esser dette o, forse ancor meglio, le uniche davvero dicibili davanti alla schiacciante imponenza della vita e della morte; l'aiuto di Dio e il supplizio dell'uomo che diventa servizio a Dio; i campi di prigionia che sembrano dover ricoprire il mondo intero e coinvolgere tutti, in quanto nessuno può chiamarsi fuori dall'abominio; la rassegnazione di chi decide di sottomettersi a questo passaggio doloroso, dopo aver compreso che attraversarlo (e, nel contempo, farsene attraversare) è l'unico modo per poterne un giorno uscire veramente, mantenendo la propria umanità":
Che cosa fosse la vera guerra in realtà non l'avevo immaginato perchè non avevo ancora provato il fuoco. Avevo letto libri che parlavano di eroismo (...) Ed è in questo groviglio di terrore, orrore e pietà che incomincia la trasformazione lenta ma sistematica del nostro carattere, una volta tanto sensibile anche ad una goccia di sangue ed ora indifferente a tanta carneficina (pp. 76-77).
giovedì 16 gennaio 2014
La Basilicata napoleonica. 6. I Consiglieri Provinciali napoleonici
COMUNE
|
COGNOME
|
PROFILO
SOCIO-ISTITUZIONALE
|
RUOLO NEL 1799
|
RUOLI ANNI
SUCCESSIVI
|
Acerenza
|
Cappetta
Onofrio
|
Galantuomo
|
Municipalità Repubblicana
|
1809 Lista eleggibili
1816 Consigliere Provinciale |
Avigliano
|
Corbo
Carlo
Maria Vincenzo
|
Avvocato
|
Aderisce al governo
provvisorio
Costituisce la Municipalità Repubblicana |
1811 Consiglio Generale
Provinciale;
1818 Preside consiglio Distrettuale della Provincia; 1820 Presidente Senato Carbonaro Lucania orientale deputato Parlamento nazionale delle Due Sicilie |
Vaccaro
Domenico
Michele Arcangelo
|
Studente
di diritto
|
Partecipa al 1799
In esilio in Francia
|
1809 Lista eleggibili
1810 componente del Collegio Elettorale dei Possidenti di Basilicata 1818-1821Decurione 1820 aderisce alla carboneria |
|
Barile
|
De Falco
Giovanni
Battista
|
Dottore
in utroque iure
|
Partecipa al 1799
|
1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio Possidenti
1810 componente del Collegio Elettorale dei Possidenti di Basilicata 1816 Cassiere comunale 1818 Consigliere provinciale |
Craco
|
De Cesare
Innnocenzo
|
Avvocato,
letterato e poeta
|
Partecipa al 1799
|
1820 carbonaro, Deputato
al Parlamento Napoletano, componente Commissione legislativa, vice presidente
della Camera, componente Tribunale Parlamento
1821 Presidente della Camera 1848 consigliere Corte Suprema 1850 Deputato Parlamento napoletano 1860 consigliere di Cassazione e vice presidente della corte di Cassazione a Napoli |
Genzano
|
Dell'Aglio
Girolamo
|
Commissario dipartimentale
|
1809 Lista eleggibili
Parlamento Nazionale Seggio Possidenti
1810 Decurione 1815 Sindaco |
|
Grottole
|
Cecere
Gerardo
Maria
|
Dottore
in utroque iure
|
Presidente Municipalità
esiliato in Francia
|
1807 Sindaco
1808 componente primo Consiglio Provinciale di Basilicata 1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio Possidenti 1810 componente collegio elettorale Possidenti Basilicata e componente Commissione provinciale |
Montepeloso
|
Orlando
Domenico
|
Giudice
di pace
|
Componente Municipalità
|
Sindaco durante decennio
francese, 1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio Possidenti, 1810
componente collegio elettorale Possidenti Basilicata e componente Commissione
provinciale 1816 consigliere provinciale
|
Muro
|
Lordi
Decio
|
Avvocato
|
Promotore Municipalità
Esiliato in Francia
|
Durante Decennio Francese
Percettore demaniale
1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio Possidenti 1810 componente collegio elettorale Possidenti Basilicata 1812 Decurione |
Lordi
Francesco
|
Promotore Municipalità
Esiliato in Francia
|
Partecipa a Marengo
1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio Possidenti 1848 presidente Comitato per costituzione del Circolo Costituzionale |
||
Marolda
Francesco
Maria
|
Giudice
di pace
|
Aderisce al movimento
repubblicano, resiste Armata Cristiana
Esiliato in Francia
|
1818 Consigliere
provinciale; 1830 Decurione
|
|
Pepe
Giuseppe
|
Notaio
|
Promotore, sostenitore
Municipalità
Esiliato in Francia
|
1806-16 Sindaco
1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio 1810 componente collegio elettorale dei Possidenti Basilicata |
|
Picerno
|
Capece
Benedetto
|
Dottore
in utroque iure
|
Resiste Armata Cristiana
Esiliato in Francia
|
1809 Lista eleggibili
Parlamento Nazionale Seggio
1810 componente collegio elettorale dei Possidenti Basilicata 1818 consigliere provinciale |
Carelli
Giuseppe
Angelo Gaetano
|
Famiglia
gentilizia
|
Promotore, sostenitore
Municipalità e resiste Armata Cristiana
|
1806-16 Ricevitore
Distrettuale
1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio 1810 componente collegio elettorale dei Possidenti Basilicata 1818 consigliere provinciale 1821 carbonaro |
|
Carelli
Saverio
|
Dottore
in utroque iure
|
Promotore Municipalità e
resiste Armata Cristiana
|
1806-16 Segretario
Generale Intendenza Basilicata
1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio 11/03/1811 eletto componente Sedile Possidenti in Parlamento Nazionale 1820 Affiliato Carboneria e consigliere Intendenza |
|
Pietrafesa(Satriano)
|
Cavallo
Donato
Giovanni
|
Dottore
in utroque iure
|
Partecipante Municipalità
|
1809 Lista eleggibili
Parlamento Nazionale Seggio Possidenti
|
Cavallo
Francesco
Saverio
|
Proprietario
terriero
|
Promotore Municipalità
|
1818 Consigliere
provinciale e Decurione
1820Carbonaro 11/08/1820 componente 'Grande Assemblea del Popolo Carbonaro della Lucania Orientale' |
|
Potenza
|
Addone
Nicola
Maria Francesco
|
Dottore
in utroque iure
|
Aderisce e sostiene
attivamente forze repubblicane, resiste Armata Cristiana
Esiliato in Francia
|
1808-1817 Ricevitore
Generale di Basilicata
1809 Lista eleggibili Parlamento Nazionale Seggio 1810 componente collegio elettorale dei Possidenti Basilicata 1815 organizza forze liberali basilicatesi per rivolta democratica 1820 tra Maggiori esponenti Carboneria Lucana; |
Biscotti
Gerardo
|
Avvocato
|
Aderisce movimento
repubblicano
|
1806 Consigliere
distrettuale
1808 Decurione |
|
Cortese
Nicolò
Maria Giovanni
|
Dottore
in utroque iure (famiglia di governatori feudali)
|
Aderisce movimento
repubblicano
|
1818 Consigliere
provinciale
|
|
Scafarelli
Giuseppe
Gerardo Antonio
|
Ricca
famiglia gentilizia
|
Aderisce e difende
movimento repubblicano
|
1813 Decurione
1814-1820 Cassiere comunale 1816 Consigliere provinciale e Cassiere de 'Commissione per la esecuzione dei lavori della strada Potenza-Napoli' 1821 Decurione |
|
Viggiani
Giuseppe
Francesco Paolo
|
Medico
|
Partecipa, difende
Municipalità
Esiliato in Francia e
Lombardia
|
1806-16 Decurione
1808 capo Eletto 1815 componente delegazione omaggio a Ferdinando di Borbone 1818 Consigliere Provinciale 1821 Decurione |
|
Rionero
|
Martinis
Luigi
|
Ricca
famiglia
|
Aderisce e partecipa
movimento repubblicano
|
1816 nominato da Consiglio
Provinciale di Basilicata componente della 'Commissione di controllo dei
lavori della strada Potenza-Atella'
|
Martinis
Mauro
|
Legale
|
Aderisce e partecipa
movimento repubblicano
|
1809 Lista eleggibili
Parlamento Nazionale Seggio Possidenti
1818 Consigliere provinciale 1829 Eleggibile alle cariche municipali |
|
San Chirico
Raparo
|
Magaldi
Giuseppe
Maria
|
Dottore
in utroque iure
|
Incaricato da Governo
Provvisorio di costituire Municipalità Repubblicana
|
1818 Consigliere
Provinciale
Carbonaro 1848 aderisce movimento liberale |
Senise
|
Marcone
Antonio
|
Dottore
in utroque iure
|
Promotore Municipalità
|
1809 Lista eleggibili
Parlamento Nazionale Seggio Possidenti
1810 componente collegio elettorale dei Possidenti Basilicata 1816 Consigliere Provinciale 1816-18 Componente "Commissione di Controllo dei lavori delle strade del distretto di Lagonegro Carbonaro 10/08/1820 Componente il "Senato carbonaro della regione Lucana" |
Tolve
|
Mattia
Rocco
Gennaro
|
Proprietario
|
Partecipa alla
Municipalità
|
1818 Decurione e
Consigliere Provinciale
1829 Eleggibile cariche comunali |
Trecchina
|
Marotta
Ferdinando
Giovanni
|
Dottore
in utroque iure
|
Promotore municipalità
|
1818 Consigliere
Distrettuale e Provinciale
|
Vaglio
|
Danzi
Matteo
Vincenzo
|
Dottore
in utroque iure
|
Presidente Muncipalità
Resiste all'Armata Cristiana |
1809 Lista eleggibili
Parlamento Nazionale Seggio Possidenti
1818 Proposto Consigliere Provinciale |
Lacapra
Nicola
|
Dottore
fisico
|
Aderisce alla Municipalità
Esule in Francia |
1816-16 Decurione e
Cassiere Comunale
1818 Consigliere Provinciale Carbonaro Componente il "Santo Carbonaro della Lucania Orientale" |
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