
In questo senso pragmatico, cercando una strada alternativa all’erudizione di vecchio stampo, portata alla frammentazione localistica degli studi, Ciccotti reagì tentando di dare, nei suoi contributi, uno spaccato storico con un suo giudizio indipendente, volto a superare la pura enunciazione filologica grazie alla metodologia della scuola tedesca. Studiando il diritto antico, Ciccotti cercò di applicare le categorie interpretative del materialismo storico di tipo marxista all’analisi degli eventi politici ed economici, secondo quanto era andato sostenendo nella sua esperienza diretta delle lotte politiche contemporanee.
Nacquero, così, scritti fondamentali quali quelli sul processo di Verre, sulla schiavitù nel mondo antico, che gli attirarono gli strali dei vecchi “eruditi”, meno inclini ad uno stile serrato e lucido quale quello dello storico potentino, maturato nella concitazione politica del periodo in cui fu attivo protagonista del dibattito sulla questione meridionale e sul problema del socialismo: conseguenza di questa polemica, unitamente al boicottaggio del Ciccotti per le sue idee politiche, «un “caso” nella torpida Italia umbertina di fine secolo», fu una notevole diminuzione dell’attività nel periodo tra il 1901 ed il 1920, nel quale Ciccotti si limitò a scrivere le introduzioni ai volumi della “Biblioteca di Storia Economica” di Vilfredo Pareto. L’ultimo lavoro di Ciccotti fu, non a caso, su Orazio: Le origini di Orazio, in «Nuova Rivista Storica» XXVII (1943), n. 27, p. 203 ss., pubblicato quattro anni dopo la morte del grande potentino per la tesi “scandalosa” di una presunta origine giudaica di Orazio. Della sua esperienza di storico dell’antichità sono insigne testimonianza la Storia greca del 1922 e l’Epitome storica dell’antichità classica del 1926.
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