giovedì 27 febbraio 2020

Il Mezzogiorno moderno. 10. Dalla campagna romana all'anarchia militare

Nel febbraio 1798 un incidente diplomatico provocò l’occupazione dello Stato pontificio e la successiva proclamazione della Repubblica romana (15 febbraio 1798). Il papa Pio VI fu arrestato ed esiliato in Francia, mentre a Roma veniva promulgata una costituzione che, sul modello di quella francese del 1795, affidava il potere esecutivo a cinque consoli e il potere legislativo a due assemblee, il Senato e il Tribunato. La crisi di Bonaparte in Egitto, lo scarso numero di contingenti francesi nel territorio italiano, la pressione dell’Inghilterra e soprattutto l’istituzione della Repubblica romana, ai confini del Regno, indussero Ferdinando IV a sferrare un attacco contro l’esercito francese stanziato nel Lazio . 
In novembre truppe del Regno di Napoli comandate dal generale austriaco Mack occuparono la città, ma nel mese successivo i francesi, al comando del generale Championnet, la riconquistarono. Si trattava dell’ultimo “colpo di coda” borbonico alla rivoluzione, che determinò un rapido innescarsi di eventi che avrebbe portato alla proclamazione della Repubblica napoletana: una serie di eventi, dunque, rapida e imprevista, che fu avvertita come rapido ed incisivo prodromo alla rivoluzione già dagli stessi “patrioti” che, del resto, avevano coscienza di quale rapido sviluppo avesse avuto la rivoluzione nel Regno fin dal cruciale 1789.
Luigi Blanch, di parte moderata, forse il più acuto degli storici napoletani della prima metà del secolo XIX, descrisse l'impatto delle idee sovversive sugli abitanti del Regno di Napoli, che, quando conobbero «la morte del re e le persecuzioni alla religione e ai suoi ministri, acquistarono una profonda antipatia, che si poteva senza esagerazione denominare odio, per le nuove massime e pei suoi partigiani» . Agiva in loro un radicato sentimento di “nazionalità”, che «rappresentava il proprio modo di essere, le abitudini, i costumi e le credenze. Conservarle era indipendenza e libertà, perderle schiavitù. [...] Perciò l'invasione dei Francesi della rivoluzione dava al governo un appoggio che esso non avrebbe trovato forse contro i Francesi di Luigi XVI né contro gli Austriaci o gli Spagnuoli, che avessero invaso il regno e cambiato la dinastia» .
Quando, nel novembre del 1798, dopo aver conquistato Roma e lo Stato Pontificio, l'esercito rivoluzionario invase il Regno di Napoli, la «monarchia napoletana - scrisse Croce -, senza che se lo aspettasse, senza che l'avesse messo nei suoi calcoli, vide da ogni parte levarsi difenditrici in suo favore le plebi di campagna e di città, che si gettarono nella guerra animose a combattere e morire per la religione e pel re, e furono denominate, allora per la prima volta, “bande della Santa Fede”» .
In seguito al ritiro delle truppe napoletane, guidate da Mack, il 21 dicembre 1798 la famiglia reale abbandonò la città di Napoli per fuggire verso la Sicilia: il Regno, affidato a Francesco Pignatelli in qualità di Vicario generale, rimase privo di risorse finanziarie in quanto il re, prima della fuga, aveva saccheggiato i Banchi pubblici , mentre gli stessi poteri del Vicario venivano contestati dagli Eletti della Città, i quali, sostenendo di essere i soli rappresentanti legittimi del Regno in assenza del sovrano, nominarono il 30 dicembre una “deputazione del buon governo” alla quale, tuttavia, il Vicario riconobbe soltanto la funzione di organizzare una milizia urbana . 
Il 12 gennaio 1799, intanto, Francesco Pignatelli sottoscriveva con il generale francese Championnet l’armistizio di Sparanise, con il quale cedeva la fortezza di Capua e si impegnava a donare agli avversari la somma di due milioni e mezzo di ducati: il popolo considerò troppo oneroso il peso dell’armistizio e insorse, nominando come comandanti Girolamo Pignatelli, principe di Moliterno e Lucio Caracciolo, duca di Roccaromana, mentre il Vicario, il 16 gennaio, fuggiva a sua volta verso la Sicilia. Durante la rivolta popolare furono aperte le carceri e, oltre ai detenuti comuni, furono liberati anche i “patrioti”, che subito costituirono un comitato che si mise in contatto con gli esuli al seguito di Championnet guidati da Carlo Lauberg e, contemporaneamente, riuscì a concordare un’azione congiunta con i generali del popolo Moliterno e Roccaromana . 
Il generale Championnet, per aggirare le resistenze del Direttorio nei confronti di un inaspettato trionfo, aveva dichiarato che il suo ingresso a Napoli dovesse essere necessariamente preceduto dalla creazione di un governo repubblicano. Il Mezzogiorno d’Italia non rientrava nei piani del Direttorio, che invece preferiva lasciare al loro posto i sovrani vinti per poterli sfruttare finanziariamente, piuttosto che incentivare la nascita di Repubbliche con progetti di indipendenza . 
I rivoltosi si impadronirono di Castel Sant’Elmo e, il 21 gennaio 1799, proclamarono la Repubblica, fornendo così il “pretesto” richiesto da Championnet: il 23 gennaio le truppe francesi entravano a Napoli e dovettero impegnarsi a fondo per domare la resistenza; soltanto dopo tre sanguinose giornate il generale Championnet potè annunciare la vittoria al Direttorio, elogiando il comportamento valoroso dei napoletani: 

nessun combattimento fu mai così ostinato, nessun quadro così orribile. I lazzaroni, questi uomini meravigliosi, quei reggimenti stranieri e napoletani scampati dall'esercito, che era fuggito innanzi a noi, chiusi in Napoli, sono degli eroi. Si combatte in tutte le strade, il terreno è disputato palmo a palmo, i lazzaroni sono comandati da capi intrepidi. Il forte di Sant'Elmo li fulmina, la terribile baionetta li atterra, essi ripiegano in ordine, tornano alla carica .

Tra le cause del crollo della monarchia borbonica, oltre all’incidenza degli esuli, che avevano accumulato un patrimonio di esperienze rivoluzionarie in Francia e nell’Italia settentrionale, ci fu innanzitutto un crollo militare dei Borbone: la leva obbligatoria, infatti, aveva incontrato molte resistenze, soprattutto tra le popolazioni già colpite da carestie e, inoltre, il peso della guerra gravava soprattutto sui contadini e gli artigiani, in quanto era possibile essere esentati dalla leva dietro versamento di denaro. Le truppe avevano, d’altra parte, scarsità di armi e servizi e la cavalleria non era stata ancora organizzata ai primi di ottobre del 1798, cioè all’indomani della guerra . 

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