Spinazzola, fino al 1806 in Basilicata, sarebbe nata come semplice stazione militare (oppidum) e come parte integrante di una colonia romano-venosina; in seguito divenne un castrum (fino a tutto il XII secolo), quindi rientrò nel novero delle Terre (fino ai primi decenni del XVIII secolo), ed infine nel 1735 – per grazia ricevuta dal re Carlo di Borbone – fu elevata al rango di città, ovvero un soggetto giuridico vero e proprio investito di potestà civili e istituzionali; in questo stesso periodo viene menzionata come «Spina aurea o Spinazzola» dal vescovo Pietro Antonio Corsignani nelle sue costituzioni sinodali del 1728.
La cittadina si trovava in una posizione rilevante, estendendo il suo agro tra il territorio del Tavoliere, quello lucano e la Murgia barese: infatti essa distava 15 miglia da Gravina e da Montepeloso, sei da Minervino e 24 dalla zona adriatica, su una collina che dominava, altresì, la vallata sulla quale si affacciavano Monteserico, l’abbazia di Banzi e Palazzo.
Spinazzola era, inoltre, direttamente collegata a Venosa tramite una strada che, oltrepassando la fiumara venosina, conduceva a Candela, per una lunghezza complessiva di 12 miglia. Tale strada coincideva con parte del «Regio Tratturo» da Melfi a Castellaneta, che «comincia dal territorio di Spinazzola, e finisce sopra le terre di Melfi» e «incominciando dalla strada che viene da Gravina, e proprio dove detta strada si parte in due. Una delle quali rivolta a mano destra a Spinazzola, et a mano sinistra per dirittura di Melfi». Nel reintegro settecentesco da parte del Governatore della Dogana di Foggia Ettore Capecelatro, su questo tratturo fu rinvenuta un’epigrafe del 1631, che testimoniava un tentativo di rifacimento “comunale” da parte dei marchesi di Spinazzola. Sicché, a livello di collegamenti viari,
confina con la Capitanata, et Bari distante dalla città di Napoli m. 96. Distante dalla Regia Audienza di Matera m. 40 da Gravina m. 18 da Montepeloso m. 14 da Gensano m.6 da Palazzo m. 4 da Venosa m. 12 da Montemilone m. 6 da Lavello m. 14 per il curso, e per la strada della carrozza m. 18. Dalla Cerignola dove da le lettere il Procaccio, et va il Procacciuolo a pigliarle m. 14 da Canosa m. 14 da Barletta, dove è la Marina m. 24.
Dominava la Terra spinazzolese un castello, di probabile origine normanna, costruito proprio per dominare la piana, ricostruito verso la fine del XIX secolo dai principi beneventani e andato completamente distrutto nel 1936; sul costone di un piccolo pianoro a mo’ di sella di cavallo che si affaccia su ampi valloni, si ergeva, poco maestosamente, questo castello, che doveva apparire più un «palazzaccio» che un vero castello e che era rapidamente andato in decadenza in quanto non abitato dai locali feudatari.
Ulteriore elemento distintivo della struttura urbana di Spinazzola, similmente alla sede diocesana di Venosa, erano le numerose chiese nel territorio, evidenziate dal sinodo diocesano del 1589, che registrava le cappelle e le chiese visitate dal vescovo tra il 5 e l’8 maggio:
[5 maggio] Confraternitas Corporis Chiristi; postea cappella Sancti Antonij de Padua; deinde cappella Santae Luciae; Cappella Sancti Rocchi; cappella Sanctae Mariae de Costantinopoli; Cappella Sanctissimae Trinitatis; Cappella Sancti Blasij etEligij.
[6 maggio] Ecclesia Sanctae Mariae de la Civita; Cappella Sancti Lucae; Ecclesia Sancti Leonardi.
[7-8 maggio] Ecclesia Sanctissimae Annuntciationis; Cappella Rosarij; Cappella Sanctae Mariae della Coronata; Cappella Sanctae Mariae del carusino; Cappella Sanctae Mariae de li martiri; Cappella Sanctae Mariae della gratia; Ecclesia Sancti Sebastiani; Ecclesia Sancti Jacobi; Ecclesia Sancti Johanni Baptista; Ecclesia Sanctae Caterinae.
Dai Capitoli di Spinazzola, per quanto concerne il territorio dell’hinterland, risulta che Alfonso I d’Aragona avesse concesso l’uso del bosco per il pascolo dei boves aratori, nonché il diritto di legnare e pascolare nei boschi di Banzi, Montemilone, Palazzo previo pagamento di una modica somma di 2 once all’anno. Ma soprattutto va ricordato Ferrante d’Aragona, che cedette nel 1477 il feudo di Muro a Mazzeo Ferrillo, capostipite della casata che nel 1495 sarebbe diventata feudataria anche di Spinazzola, ma, altresì, concesse numerose “grazie” alla locale Università, come quella relativa al procedimento giudiziario e alla pubblicità dei processi, le norme rivolte alla tutela del capitale e dei prodotti agricoli, l’abolizione delle esenzioni tributarie a favore di preti, il principio della equa ripartizione dei tributi in rapporto alla capacità contributiva di ogni cittadino, la soppressione delle immunità e dei privilegi per tutti quei chierici che fossero ammogliati o che comunque non attendessero esclusivamente alle incombenze religiose. Sono pure da menzionare le disposizioni normative riguardanti l’azione di rivendica – da parte delle Università – delle foreste e dei pascoli pubblici usurpati dai baroni, la facoltà di trattare liberamente la compravendita delle proprie derrate, il diritto di cittadinanza concesso a tutti i forestieri che volessero abitare in Spinazzola; infine, le “bollette di viandante”, che permettevano ad ogni lavoratore di spostarsi liberamente da un luogo all’altro. In effetti, a proposito dei boschi, va ricordato come la cittadina sorga su una terrazza circondata da scarpate affacciata sulla valle del torrente Locone. Nelle pendici delle scarpate sgorgano numerose sorgenti che facevano di Spinazzola un paese ricco d’acqua, in contrasto con la generale scarsità tipica della regione murgiana. Ad ovest del centro abitato, inoltre, vi erano proprio dei boschi latifoglie prevalentemente di roverelle: «sta edificata ad un sito piano nel intrare con uno poco di pendentia verso bascio, per la quale si mantiene asciutta d’inverno».
Tale peculiare e fruttuosa posizione, unita, appunto, al suo essere centro di interscambio tra tre subaree regionali comportarono una crescita costante, che mostra che essa partecipava del trend vulturino, come Melfi e, almeno fino a metà Seicento, Venosa. In tutto l’arco della Puglia murgiana, elementi sociali e culturali analoghi e talora equivalenti a quelli dei maggiori centri cittadini
erano tutt’altro che difficili a ritrovarsi, in quanto Spinazzola, sia pure politicamente in Basilicata, partecipava all’espansione di quel «terzo fronte urbano» della riviera barese dopo il litoraneo e il cosiddetto «osso», ossia la realtà della montagna alla quale apparteneva gran parte delle Terre basilicatesi, assai più soggette di Spinazzola a paurosi cali demografici e oscillazioni socio-economiche.
BIBLIOGRAFIA:
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