Benchè l'ipotesi più accreditata dell'origine di Atella risalga al 1300, ve ne sono altre che identificano la sua origine addirittura a prima della nascita di Cristo.
In particolare si dice che sia stata fondata da alcuni profughi provenienti da Atella (città campana) nel III secolo a.C. o addirittura si pensa che sia nata sulle rovine della città di Celenna, citata persino dal poeta latino Virgilio nella sua Eneide.
Ma passiamo all'ipotesi più accreditata. La cittadina nacque tra il 1320 ed il 1330, a seguito di una riorganizzazione economico-sociale voluta dagli angioini. In quel periodo Giovanni d’Angiò, sestogenito di re Carlo II, conte di Gravina e signore di San Fele, Vitalba ed Armaterra, promise l’esenzione dalle imposte per dieci anni a coloro che si sarebbero trasferiti nella città che stava facendo edificare. Fu così che gli abitanti dei casali Rionero, Caldane, S. Marco, Balvano, S. Sofia e S. Andrea e dei castelli Masona, Armaterra, Lagopesole, Agromonte, Montemarcone, Monticchio dei Normanni, oppressi dalle prepotenze dei feudatari, decisero di trasferirsi nella nuova città degli angioini.
Fu così che, sotto il governo angioino, Atella divenne un centro economico e militare molto importante, tanto da essere, a quel tempo, una delle città più ricche dell'intera Basilicata e, proprio per il suo crescente sviluppo, subì un notevole incremento demografico. La città venne dotata di mura e di un castello, e il suo accesso era assicurato da due porte di cui oggi è rimasta solamente una, quella di San Michele. I prodotti atellani, come cereali, formaggi e salumi, venivano esportati nelle città più importanti del Mezzogiorno e diversi atellani strinsero rapporti con alcune corti principesche italiane.
Quest'epoca di pace e prosperità durò circa un secolo e per Atella si prospettò un progressivo declino, causato da ripetuti saccheggi, da continui passaggi da un feudatario all'altro e da violente scosse sismiche. Nel 1423, la città divenne feudo di Giovanni Caracciolo, mentre nel 1496 fu saccheggiata dall'esercito francese di Gilberto di Montpensier e conquistata nel 1502 dal generale aragonese Gonzalo Fernández de Córdoba, dopo un assedio di circa 30 giorni. In seguito, numerosi nobili ebbero in dote Atella, come Filippo Chalon nel 1530, Antonio de Leyva nel 1532 e altre famiglie come i Capua, i Gesualdo e i Filomarino.
Quest'epoca di pace e prosperità durò circa un secolo e per Atella si prospettò un progressivo declino, causato da ripetuti saccheggi, da continui passaggi da un feudatario all'altro e da violente scosse sismiche. Nel 1423, la città divenne feudo di Giovanni Caracciolo, mentre nel 1496 fu saccheggiata dall'esercito francese di Gilberto di Montpensier e conquistata nel 1502 dal generale aragonese Gonzalo Fernández de Córdoba, dopo un assedio di circa 30 giorni. In seguito, numerosi nobili ebbero in dote Atella, come Filippo Chalon nel 1530, Antonio de Leyva nel 1532 e altre famiglie come i Capua, i Gesualdo e i Filomarino.
Il paese venne seriamente danneggiato da una scossa di terremoto avvenuta nel 1694, che rovinò gran parte del patrimonio urbano, soprattutto il castello. Quest’ultimo era formato da quattro torri laterali di guardia e circondato da un profondo fossato; fu oggetto di due lunghi e sanguinosi assedi avvenuti nel 1361 e nel 1496; la Torre Angioina è l'unico elemento rimanente del castello costruito dagli angioini. Il sisma costrinse anche molti abitanti della cittadina a trasferirsi a Melfi che, seppur danneggiata, presentava migliori condizioni di vivibilità.
Nel 1851 ci fu un altro sisma che quasi distrusse il paese.
Nel periodo dell'Unità d'Italia, Atella partecipò attivamente al brigantaggio post-unitario che interessò gran parte della Basilicata. Circa un centinaio furono gli atellani coinvolti nelle rivolte brigantesche successive al 1861. Il maggior rappresentante del brigantaggio atellano fu Giuseppe Caruso, soprannominato Zi' Beppe: nato ad Atella, il 18 dicembre 1820, e morto nella stessa cittadina nel 1892, è stato un brigante italiano, tra i più distintivi del brigantaggio lucano. Assieme a Giovanni "Coppa" Fortunato e a Ninco Nanco fu uno dei più spietati luogotenenti di Carmine Crocco ma, dopo essersi consegnato alle autorità sabaude nel 1863, fu anche uno dei responsabili della repressione del brigantaggio nel Vulture. Stando a quanto affermato da Crocco, Caruso uccise 124 persone in quattro anni di latitanza.
Si ringrazia lo studente Angelo Carriero, classe 4G, dell'IIS "Giustino Fortunato" di Rionero in Vulture (PZ), per il contributo.