L’idea di Nazione è un leitmotiv che ha attraversato tutte le celebrazioni, più o meno calibrate, del centocinquantenario dell’Unità d’Italia. Eppure, pochi sono stati gli incontri che hanno ricostruito e letto il contributo delle “piccole patrie“ locali dal punto di vista culturale. Si potrebbe, anzi, dire, che nel più generale contesto nazionale dell’«italianità» - citando il titolo di un interessante volume di Silvana Patriarca -, il contributo culturale dell’associazionismo storico locale postunitario è stato poco esplorato. Eppure, partendo dalla Deputazione di storia patria sabauda, voluta da Carlo Alberto nel 1833, alla Giunta centrale per gli studi storici del 1934, passando per l’Istituto storico italiano creato nel 1883, varie istituzioni storiche furono preposte dallo Stato alla raccolta, interpretazione e tutela delle fonti e dell’identità storica locale. Esse hanno svolto un ruolo centrale nel processo di unificazione culturale del Paese, costantemente animati, come sottolinea il curatore del volume, dalla tensione tra libera ricerca ed uso politico della storia.
Il volume in esame (A. Bistarelli (a cura di), La
storia della storia patria. Società, Deputazioni e Istituti storici nazionali
nella costruzione dell’Italia, Roma, Viella, 2012, pp. 324) in queste riflessioni riflette proprio, da vari punti di vista, su queste vicende, a partire dal saggio introduttivo di Paolo Prodi (Le ragioni di un convegno, pp. 9-14), che introduce il convegno del 17-19 maggio 2011 tenutosi alla Venaria Reale di Torino, seguito da Andrea Merlotti (Sfide e difficoltà di una celebrazione, pp. 15-21).
Il corpo del volume comprende saggi di buon calibro, volti a ricostruire le vicende di fondazione, evoluzione e ricerca degli Istituti storici nazionali nel corso di centocinquant’anni di storia unitaria. Nella prima sezione, “Istituti nazionali e primo cinquantenario” (pp. 23-114), sono compresi i contributi di Massimo Miglio (Dall’unificazione alla fondazione dell’Istituto storico italiano, pp. 25-44), Romano Ugolini (Il Risorgimento diventa storia. La genesi dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, pp. 45-58), Gian Maria Varanini (L’Istituto storico italiano tra Ottocento e Novecento. Cronache 1885-1913, pp. 59-102), Edoardo Tortarolo (I convegni degli storici italiani 1879-1895. Qualche nota documentaria, pp. 103-114).
La seconda sezione esplora le vicende de “Le Deputazioni pre-unitarie” (pp. 115-186), partendo dalla Deputazione tori-nese, la cui evoluzione è esaminata da Gian Savino Pene Vidari (pp. 117-144), alla Società Ligure di Storia Patria, og-getto dell’analisi dell’infaticabile Dino Puncuh (Dal mito patrio alla “storia patria”. Genova 1857, pp. 145-166), all’analisi di Fulvio De Giorgi sull’organizzazione degli studi storici tra centralizzazione e autonomie tra Otto e Novecento (pp. 167-186).
Notevole è la sezione nella quale vengono ricostruiti assetti e vicende delle Deputazioni dopo l’unità (pp. 187-264): Renata De Lorenzo ha ripercorso la storia delle Deputazioni e Società di storia patria dell’Italia meridionale; Gilberto Piccinini, La Deputazione di storia patria per le Marche nei primi centocinquant’anni di attività e, infine, Carlo Capra si è occupato de La Società storica lombarda: origini e vicende (1873-1915). Purtroppo, questa sezione appare la meno sviluppata per informazioni ed approfondimento, nonostante nello stesso convegno di Venaria presidenti e soci delle diverse Deputazioni avessero portato i loro contributi, spesso di notevole rilievo (nonostante il curatore li citi in nota nelle sue considerazioni conclusive). Un’apposita sezione con i contributi della tavola rotonda avrebbe di certo approfondito il ruolo di Deputazioni e Società Storiche, specie quelle meridionali, comunque ben delineato nelle sue linee essenziali da Renata De Lorenzo, Presidente della Società Napoletana di Storia Patria. Se ne ricava un quadro appiattito sulle grandi Società Storiche napoletana e lombarda, tralasciando, nella mole di informazioni, che le Deputazioni e le Società locali hanno contribuito con studiosi ed opere di notevole rilievo.
La sezione conclusiva del volume, “Gli Istituti storici stranieri a Roma” (pp. 265-300), comprende i contributi di Rudolf Lill (Gli Istituti storici austriaco e prussiano a Roma, pp. 267-284) e di Jorge García Sánchez (La Real Academia, la Escuela Española e Rafael Altamira: esempi della rappresentazione culturale della Spagna in Italia, pp. 285-300). In realtà, essa risulta di peculiare interesse nel ricostruire l’intreccio tra storia nazionale e storia “globale” sul territorio del nostro Paese, con “epicentro” nella capitale.
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