«Lo stile somiglia a quello di Castel del Monte presso Andria, ma tranne pochi ornamenti alle finestre, archi di porta e cornicioni non esiste altro di quell’epoca. […] Un tempo il castello era collocato nel mezzo del bosco, nel punto in cui si riconoscono chiaramente le zone disboscate.
Da monte Carmine d’Avigliano, M. Caruso, M. Pierno fin oltre verso l’Agromonte si estendeva la riserva di caccia imperiale.
In una buona mezz’ora si giunge da qui al lago di Pesole dal quale nasce il Bradano, uno dei più grandi fiumi della Basilicata. Le rive del fiume, che solo al lato nord sono ancora ricoperte di boschi, offrono poche bellezze e ovunque è profonda melma. […] Il lago è ricco di anguille e di ottime tinche. Le isole galleggianti di questo lago erano un tempo famosissime, ed un bosco che natava di qua e di là deve infatti aver offerto una incredibile veduta. Da 25 anni tuttavia queste isole hanno messo in gran parte radici e soltanto alcune superfici senza bosco galleggiano su e giù»
(K. W. Schnars, La terra incognita. Diario di un viaggiatore tedesco in Basilicata, trad. it. di S. Fornaro e M. P. Masturzo, Osanna, Venosa 1991, pp. 51-52).
«Lagopesole, castello di circa 1.000 abitanti, già prima aggregato alla città di Atella, oggidì è unito al comune di Avigliano dal quale è distante 16 chilometri. Molto interessante è questo magnifico e bel castello, edificato al più tardi dai principi Normanni signori della città non lontana di Melfi. Gradito luogo di delizia e di trattenimento per le loro cacce, su di una delle colline del monte Carmine, in bellissimo sito quasi a due miglia dal bel lago del medesimo nome, era centro a quell’epoca di boschi interminabili abbondantissimi di cacciagione.
L’edifizio di architettura gotica, attualmente può dirsi ancora ben conservato in paragone di molti altri, e lo deve certamente al sito appartato nel quale trovasi lontano da centri popolosi. Vi sono grandissime sale, adorne di sculture, con porte e finestre gotiche in buono stato; la sola porta principale è nella parte superiore nascosta da una moderna costruzione […]. Il castello ha una sola torre quadrata grande e solida, la quale non manca nel suo fondo di cupi sotterranei incavati nel granito ad uso di prigioni.
Poco discosto è il lago che prendeva il nome da un’isoletta natante, che oggi è ferma ed attaccata alla sponda, laonde perduta la forma ellittica, il laghetto è divenuto irregolare e poco profondo; in esso ha la principale sorgente il fiume Bradano. Vasto è ancora il bosco di Lagopesole, e nella parte più prossima al castello, osservasi una grande spianata di figura ellittica, quasi tutta circondata di alberi secolari, la quale probabilmente adopera vasi agli armeggiamenti ed alle giostre»
(A. Bozza, Il Vulture ovvero Brevi notizie di Barile e delle sue colonie con alcuni cenni dei vicini paesi, Tipografia di Torquato Ercolani, Rionero in Vulture 1889, pp. 98-99).
«Grandi selve su per il dòsso di un gran valico tra il Vulture, a settentrione, e le valli del Bradano e del Basento, a scirocco: questa la topografia di Lagopesole, sentinella avanzata or del piano contro il monte e or del monte verso il piano, che per tempo decise delle sue sorti medievali, durante i molti secoli di lotte fra bizantini di Puglia e Longobardi di Acerenza. […] Il casale di Lagopesole sorgeva al sommo del valico, lungo il versante di un colle isolato, alto 830 metri sul mare, e in cima a cui oggi siede il castello: due rivoli, originati dal “Carmine” di Avigliano, ne cingono i fianchi e vi confondono le acque a Isca Lunga, dando inizio al Triepi, la odierna fiumana di Atella.
Ad oriente, su la china superiore di Mont’Alto, che si eleva tra le sorgenti del Bradano a mezzogiorno e quelle del Bradanello – provenienti dal lago – a settentrione, stendevasi il casale di Monte Marcone, tuttora non così raso al suolo che non riesca possibile rinvenirne le tracce: una capanna, quando io vi fui, era piantata su la stessa “terra santa” dell’antica chiesa parrocchiale, già vòlta con le spalle al lago, il quale, non più artificialmente chiuso alla foce, è oggi poco meno che un padule, ricoperto di canne; il margine del lago è di trenta metri inferiore alla spianata del castello, l’uno e l’altro interamente staccati per via di un’aperta, profonda vallea. […]
Il castello di Lagopesole [è…] un edificio, soggiungo io, i cui immensi dormitorii non contraddicono, anzi convalidano il carattere storico del luogo: quello, cioè, di essere stato, per tanti secoli, un grande alloggiamento di soldati. È un vasto rettangolo, con un cortile centrale, fiancheggiato dagli angoli sporgenti da torri quadrate. Nessuna mostra, nessuno sfoggio di arte; e in molte cose lo stile non è sempre puro. […] L’opera fu certo concepita e menata innanzi di getto, ab imis fundamentis: forse, non interamente compiuta. Da chi, e quando? Se nulla si sa dell’artefice, essendo affatto immaginario quel Fuccio fiorentino, di cui parla il Vasari nella vita di Niccolò Pisano, sicurissima ne è la data: Lagopesole è coevo di Castel del Monte. […] C’è qualcosa nell’edifizio, per chi si faccia a visitarlo con diligenza, che tradisce, in più parti, una brusca, improvvisa sospensione de’ lavori: su quelle mènsole, su quelle tante bellissime mènsole che sono incastrate nelle pareti interne delle sale, e che si fanno riscontro da un lato all’altro, non poggiaron mai le grandi arcate a sesto acuto, le quali avrebbero poi dovuto sostenere le lunghe travi del tetto. L’ala della morte, non quella del tempo, passò triste per Lagopesole. Il disegno rimase a mezzo, né il grande imperatore vide terminata questa ultima tra le maggiori sue opere!»
(G. Fortunato, Il Castello di Lagopesole, V. Vecchi Tipografo-Editore, Trani 1902, pp. 11, 40-41, 47-48, 50-51).
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