Ma in questa l’onda fremente del popolo giunge e recinge le case di lui (del conte Gattini, ndr), si odono gagliardi colpi di scure ad atterrare l’uscio da via. A calmare le briache ciurme fu chi riversa dalla finestra una zanellina di monete spicciole, ma la industria, non che di frenarle le accende; traggono colpi di pietra e di moschetto, cresce l’urto e il furore, l’uscio cede e si sfonda e l’onda mugghiante si riversa e allaga il palazzo. Rovesciano, infrangono, fiutano per covi e solai: - il padrone è fuggito! - un urlo di rabbia scoppia dalle fauci affamate. Ma non guari di poi un urlo di gioia selvaggia annunzia che la caccia è scovata, un antico familiare di casa Gattini volle il plauso di aver scovato il covo, ove quegli erasi trafugato. Ghermito, or trascinato or sospinto, arriva in sulla piazza che già gronda sangue da quattro ferite: disfatto in volto e nella persona boccheggia e chiede un gotto d’acqua. Uno, tra i tristi men tristo, va e ne reca, ma un manigoldo il rovescia e - Cristo ebbe veleno - urla e la ciurma briaca applaude.
Non vo’continuare di queste ignobili quanto nefande manifestazioni non dell’umana, ma della ferina natura dell’uomo. Non dirò come assisero la vittima disfatta su un alto poggio a dileggio delle turbe, come ripetutamente gli chieggono in sul viso le carte del demanio ed un libro di cinquanta rotoli, urlavano, dove era scritta a loro giudizio la pruova dei comunali diritti, come una parte tornasse a frugare per carte e scritture in casa Gattina e come, indugiando a comparire il famoso libro e le aspettate carte, la impazienza riavvampa il furore, le belve si lanciano sulla preda cui di ulteriori strazii giunge liberatrice al morte. E non fu solo!
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