mercoledì 17 marzo 2021

Centotrent’anni da uno dei più drammatici naufragi della storia: il piroscafo Utopia (Gianni Palumbo)

Il piroscafo Utopia salpò, carico di emigranti italiani, dal porto di Napoli (provenendo da Fiume e Trieste), il 12 marzo del 1891 in direzione New York, per il suo undicesimo viaggio verso Ellis Island e la Statua della Libertà, inaugurata alcuni anni prima.

Tra venti di prua e mare agitato l’Utopia giunse il 17 marzo di centotrenta anni fa, in un pomeriggio tempestoso, a Gibilterra. Appena il piroscafo superò la Punta Europa per cercare un ricovero nella Baia del protettorato inglese, accadde qualcosa di tragico e - forse - di imprevedibile.  Il vento impetuoso da sud-ovest, la pioggia e la foschia densa, condizionarono l’entrata nella rada della Baia, oltre il porto militare. A questo si aggiunga la sorpresa del Capitano, John Mac Keague, che non si aspettava di trovarsi con le navi militari così appresso, in particolare due corazzate, la Anson, molto vicina alla punta del molo e, più distante, la Rodney. Mac Keague pensò di superarle per cercare un approdo dietro la poppa delle navi militari, ma a quel punto, forse anche disturbato dai raggi di luce elettrica, proiettati dalle altre navi, che squarciavano il buio, non si accorse dello sperone sottomarino che sporgeva dalla corazzata Anson. La prua aveva superato lo sperone ma la poppa fu presto squarciata, per alcuni metri, dal rostro metallico e in pochi minuti il piroscafo si sarebbe inclinato tra i 60 e i 70 gradi, inabissandosi rapidamente la poppa. Fu tale la pendenza che coloro che si trovarono sul ponte precipitarono in mare senza possibilità di aggrapparsi a qualcosa.


Forse, in quel momento, il corno da nebbia emise quel cupo, greve e lungo suono, segnalazione di pericolo, che presagiva il peggio. Impossibile calare in mare le scialuppe di salvataggio; la burrasca imperversava. Erano da poco passate le 18.30 e il peggio stava avvenendo senza che i più, quasi tutti passeggeri di terza classe tranne tre, si accorgessero di cosa stesse drammaticamente accadendo perché intrappolati nel ventre oscuro del piroscafo, appena sopra le stive, ma già normalmente sotto il livello del mare durante una normale traversata. Dalle navi ancorate al porto partirono lance di salvataggio per i naufraghi ma, in pochi minuti, i marosi inghiottirono gran parte tra coloro finiti in mare e l’intero piroscafo sprofondò negli abissi lasciando all’esterno soltanto la punta degli alberi dove un tempo, prima del vapore, la stessa Utopia issava le proprie vele!

Furono circa 600 le vittime dimenticate di quel naufragio, quasi tutte dell’Italia meridionale, moltissimi i lucani provenienti da diversi luoghi, in particolare da Pomarico, Calvello, San Paolo Albanese, Rionero, San Fele e alcuni altri. Poco più di 300 i superstiti, immediatamente soccorsi dalle popolazioni spagnole e dalle autorità inglesi.


A centotrent’anni ricordiamo quel suono oscuro, col quale il mare trascinava negli abissi, senza facoltà di ritorno, centinaia di emigranti, tra i quali tanti lucani, che erano partiti per cercare l’America, naufragando con l’Utopia. A Gibilterra esiste un piccolo monumento a memoria della fossa comune nella quale finirono i corpi recuperati dal mare nel corso dei giorni successivi al naufragio.

1 commento:

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