Parlare di Giustino Fortunato rischia di far cadere chi ne scrive nell’abisso, sempre incombente, dello stereotipo. In effetti, il grande Rionerese è figura troppo nota agli studiosi di storia del Mezzogiorno, eppure, in certo qual modo, incomprensibile nel suo tragico pessimismo, strettamente congiunto alla sua fede nell’Unità nazionale come unico rimedio ai mali meridionali.
Una figura che, a più di ottant’anni dalla morte, non è possibile banalizzare e che non smette di far discutere, sia esaminato nel suo operato politico che nell’opera, accurata e attenta, di storico. Una figura complessa, quella di “Don Giustino”, dunque, che, a partire dal 1978, è stato possibile esaminare anche dal monumentale Carteggio curato magistralmente da Emilio Gentile nei quattro volumi laterziani, dai quali sono emerse più chiaramente le sue diverse anime: il deputato meridionale, tormentato dalla coscienza dei limiti del Mezzogiorno e dello Stato unitario, ma teso a cercare una soluzione, specie nelle lunghe conversazioni con Croce e Salvemini; l’uomo di cultura, che sostenne un’intera generazione di giovani studiosi nella ricostruzione e lettura, senza schemi precostituiti, della storia della Basilicata medievale e moderna, con le prime, acutissime, ricostruzioni del cruciale 1799; l’uomo tout court, dominato da un’acuta etica del lavoro e della famiglia, presente ai suoi affetti fino alle ultime, tragiche lettere, in pieno regime, a Giovanni Ansaldo. Una «civiltà delle lettere», quella fortunatiana, che comprende 100 tra colleghi, amici, conoscenti vari che segnarono, in modi e forme diverse, la storia della Basilicata, del Mezzogiorno, dell’Italia a cavaliere tra Ottocento e Novecento e nelle grandi bufere delle guerre e del fascismo.
L'epistolario curato da Gentile, di esemplare sistematicità, è, di fatto, indispensabile, soprattutto perchè gli interlocutori di Giustino Fortunato furono, via via, Quintino Sella, Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Michele Torraca, Benedetto Croce, Pasquale Turiello, Francesco Saverio Niti, Floriano Dei Secolo, Giovanni Giolitti, Giuseppe Zanardelli, Giuseppe Lombardo Radice, Gioacchino Volpe, Ettore Ciccotti, Gaetano Salvemini, Giuseppe Prezzolini, Renato Fucini, Giovanni Ansaldo, Umberto Zanotti Bianco, Antonio Salandra, Luigi Albertini, Giovanni Amendola, Filippo Turati, Luigi Salvatorelli, Ferdinando Martini e molti altri.
Si tratta di 1.938 lettere, quasi tutte di Fortunato, a storici, uomini politici, scrittori, giornalisti e amici. Un mare magnum di corrispondenti, quello fortunatiano (si vedano i nostri post "La Basilicata contemporanea", capp. 24-28), che ha fatto sì che dall’edizione di Gentile, quasi quarant’anni fa, siano usciti altri carteggi parziali, che giova qui ricordare.
Il ventennio successivo al Carteggio laterziano fu fecondo di integrazioni: infatti il 1983 vide la pubblicazione, a cura di Domenico Sabella, delle Lettere inedite di Giacomo Racioppi a Giustino Fortunato (in «Realtà del Mezzogiorno», 1982-83), seguite, tre anni dopo, dal saggio di F. Cordova, Giustino Fortunato: temi e riflessioni. Lettere ad Elda Dallolio, in «Archivio Storico per la Calabria e la Lucania», LIII (1986), pp. 124-127. Nel 1993, per i tipi di Calice, usciva La civiltà delle lettere - I corrispondenti di Giustino Fortunato, che raccoglie le lettere a Fortunato di Bertaux, Bissolati, Einaudi, tra gli altri, dal 1899 al 1925, quando il grande meridionalista era impegnato nell’organizzazione del consenso. Ancora, del 2001 sono le Sessantaquattro lettere inedite di Giustino Fortunato, con introduzione e note di Manuela Raiola (Napoli: Emeroteca-Biblioteca Tucci, 2001) e, infine, Giustino Fortunato e il Senato. Carteggio, 1909-1930, a cura di Emila Campochiaro, Anna Boldrini e Lucia Pasquini (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003).
Per non citare i carteggi parziali a personaggi di primo piano, tra i quali merita di essere ricordato il bel volume di Calice di Rionero in Vulture, il paese lucano che ha dato i natali a Fortunato: esso offre un'interessante documentazione costituita da un gruppo di lettere inedite, tra cui alcune della amata sorella Anna, relative all'ultimo decennio di vita del grande studioso che scoprì «le due Italie». Il volumetto (Giustino e Anna Fortunato, Delle private lettere (da Napoli 1923-1932), prefazione di Giuseppe Galasso e introduzione di Vito Claps e Antonietta Tarricone) trae origine dal fortunoso ritrovamento di un fascicolo che era finito tra i rifiuti di Muro Lucano e che Claps ha potuto visionare per primo e subito recuperare riconoscendolo come autentico.
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