L’analisi di taluni aspetti e problemi relativi agli assetti di governo ed alle trasformazioni del tessuto socio-economico e urbano della Terra di Pisticci in Età napoleonica consente di cogliere in uno sguardo d’insieme le principali innovazioni apportate dall’età napoleonica nelle realtà più periferiche del Mezzogiorno d’Italia, oltre che di approfondire, appunto, più dettagliatamente le dinamiche alla base delle notevoli trasformazioni vissute in quegli anni dall’assetto socio-politico locale.
Cardine delle innovazioni apportate nel Regno di Napoli dai due Napoleonidi fu l’eversione della feudalità, alla quale seguirono la riorganizzazione del territorio in Province, Distretti e Comuni, la riduzione quasi completa della tassazione alla sola imposta fondiaria e l’istituzione di un sistema di governo di tipo piramidale che, da un lato, consentì un rigido controllo del territorio e dall’altro permise, attraverso l’inserimento nelle nuove istituzioni d’impronta francese di politici provenienti da zone periferiche, un significativo protagonismo di un nuovo personale politico-amministrativo locale.
Per la Basilicata l’Età napoleonica rappresentò la prima concreta esperienza di organizzazione di una classe dirigente, anche locale, in grado di favorire i processi di modernizzazione delle strutture istituzionali in termini di diritto, abolizione dei privilegi, riorganizzazione dello Stato e razionalizzazione del prelievo fiscale; anche l’eversione dell’asse ecclesiastico e l’abolizione della feudalità, dei fidecommessi, delle decime e di ogni altro vincolo dovevano contribuire alla nascita di una società nuova.
In considerazione delle riforme economiche, giuridiche, politiche e sociali, la vera portata riformista del periodo napoleonico va valutata nel corso della lunga fase di governo: la riorganizzazione dello Stato e dell’economia passavano anche per la Basilicata, che, più delle altre province del Regno, necessitava di ampie riforme e di nuove amministrazioni.
Il nuovo assetto territoriale del regno si attuò con l’istituzione di 14 province, amministrate da altrettante intendenze preposte al controllo della vita locale, commercio, finanze, leva militare e della sicurezza pubblica. In ogni capoluogo di provincia si insediarono consigli provinciali, nominati in ambito territoriale e in base a nuovi criteri di elettorali, mentre i comuni erano retti da un sindaco, da un Decurionato e da una giunta. Anche nel campo giudiziario le riforme furono improntate sul modello francese. Nei principali centri furono istituiti tribunali civili e penali e corti di appello, mentre nei piccoli centri furono insediati giudici monocratici che amministrarono la giustizia soltanto per i reati minori. La codificazione napoleonica, estesa in Italia, contribuì allo sviluppo della società in senso moderno. Furono dunque introdotti il registro di Stato Civile e il codice civile, il codice penale, i codici di procedura civile e penale e il codice di commercio.
Anche la Chiesa pisticcese fu colpita dai provvedimenti di eversione delle proprietà ecclesiastiche, che crearono le premesse per la nascita della grande borghesia fondiaria, con il trasferimento di ingenti quantità di terre a pochi beneficiari. Le famiglie contadine, invece, che versavano in condizioni di indigenza e di precarietà, si trovarono nella condizione di svendere spesso le terre ricevute ai ricchi proprietari che così incrementavano il loro patrimonio. Le già precarie condizioni di vita e di lavoro dei piccoli proprietari, dei mezzadri e coloni peggiorarono ulteriormente con la concentrazione della piccola proprietà nelle mani della borghesia fondiaria.
Nel settore dell’ambiente furono conseguiti significativi risultati con il recupero di quei territori interessati da equilibri ambientali sconvolti. Vi furono preposti i tecnici e gli ingegneri «dell’Amministrazione di ponti e strade e delle acque foreste e cacce», un organismo già istituito dai Borbone e ereditato dai francesi.
Anche per Pisticci l’Età napoleonica rappresentò, anche se in chiaroscuro, un importante spartiacque politico-istituzionale-amministrativo. La costituzione di un comitato antifrancese, sostenuto anche da briganti e religiosi, ma anche da parte della popolazione, attesta che le nuove linee politiche e amministrative volute dai francesi non trovarono sempre il consenso unanime della comunità. La scelta degli amministratori e di persone capaci e idonee ad alcuni compiti e responsabilità creò non poche difficoltà. La viabilità carente e inadeguata per una popolazione concentrata in prevalenza su un’altura, lontano dai grandi centri e con una pianura malarica, era uno dei problemi più sentiti, che il nuovo decurionato risolse solo in minima parte. Gli interventi a favore dell’industria delle manifatture domestiche furono invece più proficui anche con l’adozione del progetto di “plurattività”, che consisteva nell’affiancare alle attività agricole lavori di filatura e tessitura a mano, lavori casalinghi realizzati su lino, seta, canapa, lana, cotone.
In questo campo la politica dei Napoleonidi tracciò precise linee di intervento per sostenere e incoraggiare le sorti delle manifatture locali, con l’istituzione nel 1808 del Reale Istituto d’incoraggiamento e la Giunta delle arti manifatture ed industrie del Regno e l’adozione di una politica di protezione doganale.
Nonostante la sua abolizione ufficiale, i Cardenas per un certo periodo continuarono ad esercitare a Pisticci un ruolo dominante nella società attraverso forme di forza sociale in grado di condizionare i rapporti produttivi e di conservare, soprattutto nelle campagne, quei modelli tipici del mondo feudale; anche i ceti borghesi emergenti in molti casi ereditarono culture e comportamenti feudali mentre, tra gli esponenti della nuova borghesia agraria, non si creò mai una vera e propria coesione.
Nel settore religioso, poi, l’applicazione delle leggi eversive dell’asse ecclesiastico incontrò molte resistenze nella popolazione, quando fu abolita la dignità della secolare abbazia di S. Maria La Sanità del Casale con beni e proprietà trasferiti altrove. La soppressione di monastero e ordini religiosi ridussero notevolmente il potere degli enti ecclesiastici locali.
La comunità trasse molti benefici quando, nell’ambito della riforma della Magistratura, venne istituito l’importante Ufficio del Giudice di Pace, che risolveva finalmente molti problemi in un territorio dove la domanda di Giustizia era sempre più pressante.
Un periodo, dunque, notevolissimo anche per Pisticci e che, ovviamente, necessità di scavi ulteriori volti a ricostruire e rileggere le dinamiche socio-economiche e politico-istituzionali che proiettarono la cittadina, come molte altre della fascia ionica, nel lungo e complesso Ottocento.
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