Il 18 agosto 1860 una guarnigione borbonica composta da quattrocento soldati, comandata dal capitano Salvatore Castagna, si accampò sulla collina di Montereale per presidiare le vie di accesso dal fronte occidentale alla città di Potenza, bloccandone, altresì, gli ingressi. All’avvistamento dei primi drappelli, le truppe rientrarono in città dall’ingresso meridionale, concentrandosi in piazza del Sedile, sede del Comune e delle milizie cittadine e unico spazio disponibile all’adunanza, dato che la centrale piazza dell’Intendenza era occupata dalle baracche installate dopo il terremoto del 1857.
Il contrasto con la popolazione, accorsa ad osservare l’entrata della guarnigione, era inevitabile e, secondo i cronisti, voluto dal capitano Castagna per soffocare qualsiasi movimento popolare . Oltre alla carica della Gendarmeria, i saccheggi e l’ovvia reazione popolare - coordinata dalla Guardia Nazionale e da un drappello comandato dal laurenzanese Domenico Asselta - avrebbero provocato la morte di quattro cittadini, oltre a molti feriti nelle operazioni di ritirata della guarnigione, che a sera lasciavano Potenza in mano agli insorti.
Alle tre del pomeriggio, infatti, erano arrivate a Potenza le prime colonne insurrezionali, da Avigliano, Genzano, dal Melfese, dal Materano, capitanate dal sacerdote aviglianese Nicola Mancusi, da Davide Mennuni e da Francesco Paolo Lavecchia, mentre intorno alle otto arrivarono le colonne capitanate da Boldoni, per un totale di circa mille militi. I drappelli giunsero a Potenza secondo una triplice direttrice convergente: quelli del Mancusi e del Mennuni giunsero a Potenza lungo la via Appia, attraversando i Piani del Mattino, mentre il Lavecchia, giunto da Tricarico sempre lungo la via Appia, aveva attraversato il versante opposto della città, lungo il borgo San Rocco. I drappelli comandati dal Boldoni, che avevano seguito il percorso attraverso Anzi e Pignola, si erano riunite, sulla Tiera, con i drappelli di Pignola, Tito, Picerno e Baragiano, schierandosi a Poggio Cavallo e sulle rive del Basento per aspettare l’uscita definitiva della gendarmeria e delle autorità borboniche.
Il 19 agosto 1860, in contemporanea al proclama di Mignogna e Albini sulla costituzione del Governo Prodittatoriale, l’Intendente Nitti, che pur aveva cercato di evitare ulteriori feriti dopo gli scontri del 18, raccomandando al Lavanga ed al Consiglio comunale di mantenere i propri posti, rassegnava le proprie dimissioni al Decurionato potentino che, riunitosi, cedette a sua volta i poteri al Governo. Lo stesso 19 agosto, comunque, le maggiori personalità del Decurionato entravano con decisione nel Comitato di sicurezza pubblica per barricare la città contro eventuali attacchi borbonici: vi entravano Domenico Montesano, Michele Luciano, Leopoldo Viggiani. Nella deputazione per vettovaglie e vetture, invece, fu incluso Angelo Maria Addone . Veniva, altresì, creato un Comitato di ingegneri preposti all’innalzamento delle barricate, composto da Alfonso Giambrocono, Francesco Pagliuca, Giuseppe Pippa, Antonio Ferrara, Gerardo Grippo, mentre Giuseppe Grippo, Giovanni Corrado e Federico Addone vennero preposti al comando della Guardia Nazionale cittadina.
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