Onofrio Tataranni nacque a Matera il 19 ottobre del 1727. Ebbe come padrini di battesimo i nobili Giovan Battista Ferraù e Giovanna Cordova. A quel tempo Matera era il capoluogo della Basilicata, città regia sotto il diretto controllo del re da più di un sessantennio ed era quindi anche sede della Regia Udienza con funzioni giuridiche e fiscali.
Il Tataranni intraprese la via del sacerdozio presso il seminario istituito dal vescovo Lanfranchi. Nel 1751 divenne insegnante dell’Istituto che l’aveva visto alunno e canonico del Capitolo Cattedrale che, all’epoca, rientrava in quella particolare istituzione ecclesiastica (non contemplata nel diritto canonico e civile) propria dell’Italia meridionale e parte integrante del territorio, denominata chiesa ricettizia. Quest’istituzione era un’associazione di preti locali, il cui patrimonio, di natura laica, era costituito da famiglie gentilizie, da famiglie locali benestanti e dalle Università. Essa si caratterizzava per l’indole privata di tali beni, gestiti in massa comune dai preti nativi del luogo, che avevano il privilegio di diventare “partecipanti” o “porzionari”, status che si acquisiva automaticamente per anzianità di servizio e man mano che qualche partecipazione fosse resa vacante. La nomina di partecipanti era di patronato laicale e spettava per titoli antichi di fondazione o ai comuni o a famiglie locali. Solo a decisione avvenuta interveniva l’ordinario diocesano che aveva il compito di accertare l’idoneità dei prescelti sotto il profilo spirituale. La chiesa ricettizia poteva essere: numerata o innumerata (il numero dei partecipanti veniva fissato negli atti di fondazione o in antichi statuti e convenzioni con i rispettivi patroni), semplice o curata (a seconda o meno che avessero la cura delle anime, affidata statutariamente all’intero collegio di sacerdoti e dei chierici); era una corporazione chiusa e gelosa dei propri privilegi e prerogative, ostile ad ogni ingerenza e ad ogni controllo esterno; costituiva l’asse portante ecclesiastico. Il suo status si rifletteva e si coniugava con le esigenze proprie delle comunità locali, dove le vie di comunicazione erano carenti e dalle quali il vescovo rimaneva lontano. Questa istituzione aveva un’altra particolarità: ogni chiesa ricettizia possedeva linee portanti, statuti, indirizzi e forme di governo differenti all’interno dello stesso ambito diocesano, sia negli “organici”che nei tempi e nei modi d’accesso e di conseguimento della partecipazione, nell’espletamento del servizio ed dell’assolvimento della cura delle anime e nella gestione della massa in comune.
Il Tataranni fu chiamato a Napoli da Michele Imperiali, principe di Francavilla, per divenire il direttore della sua Paggeria. Quest’incarico gli permise di approfondire i suoi studi di filosofia e matematica e di conoscere gli esponenti del riformismo illuminato, entrando a far parte dei circuiti culturali cittadini, particolarmente vivaci nel periodo 1770-1790. Siamo nella terza fase del Settecento riformatore in cui si sente la necessità di un ruolo più incisivo della filosofia che va in soccorso dei governi, dando soluzioni ai vari problemi che infliggevano la società. La filosofia divenne la chiave di volta per escogitare delle soluzioni efficaci tramite l’elaborazione di progetti di miglioramento che investirono tutti i campi della conoscenza umana ed anche la stessa monarchia. Si passò dall’azione del progetto alla pratica politica. Gli intellettuali diedero la loro collaborazione attiva affinché potessero davvero essere messe in pratica le riforme per il miglioramento della società, che diventò lo scopo di molti scienziati napoletani. Nacque, per loro, l’impulso ad una nuova scienza, ci si orientava verso il potenziamento delle istituzioni scientifiche e culturali che avessero per l’appunto anche un ritorno pratico-operativo. I maggiori rappresentanti della scuola napoletana furono Antonio Genovesi (1713-69), Francesco Mario Pagano (1748-1799) e Gaetano Filangieri (1752-88).
Il Regno di Napoli divenne la culla dell’economia politica, la prima cattedra universitaria in questa materia fu assegnata a Genovesi nel 1754 che pubblicò Le lezioni di commercio, appunti delle lezioni che svolse a Napoli ed un trattato di diritto intitolato Sul giusto e sull’onesto. Genovesi nei suoi studi cercò una soluzione per poter evitare le crisi e permettere un incremento delle eccellenze dello stato. Per implementare l’economia dello stato bisognava innanzitutto incrementare l’economia agraria, utilizzando la tecnologia e accrescendo i terreni da coltivare, attraverso l’agricoltura estensiva che avrebbe permesso a più persone di godere di un reddito e grazie alla tecnologia si sarebbe evitato il depauperamento del terreno. Egli affermò anche la necessità di sviluppare il commercio mercantile aprendo nuove vie commerciali marittime oltre a Napoli. Anche Filangieri diede il suo contributo all’economia politica con il trattato Della Moneta e con Dialoghi sul commercio dei grani. Filangieri fu importante soprattutto per la sua opera Scienza della legislazione (1780-88), nella quale prospettò una rivoluzione pacifica che portasse ad un miglioramento dello stato, con l’abbattimento delle vecchie strutture tradizionali non più adatte poiché si basavano sul privilegio. Bisognava razionalizzare le amministrazioni, eliminare tutte quelle forze che contrastavano il progresso come il baronaggio e l’istituzione ecclesiastica. I baroni dovevano essere trattati come gli altri sudditi. Affermò che ogni stato doveva avere la propria legislazione la quale doveva essere calibrata sul contesto di riferimento e, per quanto concerne il rapporto fra torto e pena ribadiva la necessità di tener conto dei contesti in cui si opera per l’assegnazione della pena. Avvalorava la necessità di educare i cittadini per trasformarli da sudditi a cittadini per formare un popolo. L’educazione doveva essere pubblica, libera e gratuita con i sovvenzionamenti dello stato e trovando i fondi con l’incameramento dei beni dei baroni e del clero.
Molto importante, come abbiamo già detto in un altro post, fu Mario Pagano, allievo del Genovesi, che contribuì al rinnovamento del processo e della legislazione criminale. Opere di rilievo furono i Saggi politici dei principi, progressi e decadenze della società, nei quali formulò una teoria della storia, sulla scoperta delle dottrine di Vico, interpretandole però alla luce e nello spirito dell’Illuminismo. Fu un esponente attivo per la realizzazione della Repubblica Napoletana, per la quale preparò il disegno di costituzione repubblicana mai messa in atto.
Lo stesso Tataranni non fu da meno e, trascinato da questo gran fervore culturale, partecipò attivamente alla cultura politica riformatrice, fiducioso nella possibilità di trasformazioni interne allo stesso sistema monarchico. Elaborò tracciati culturali e progettuali in base alla nuova politica riformatrice, formulando delle prime opere di profilo teorico, il cui nucleo portante sarebbe stata la base dell’impostazione argomentativa del Catechismo Nazionale pe’l Cittadino. Opere di questo periodo furono: il Saggio d’un filosofo
politico amico dell’uomo,
sempre in linea con l’intento di una proposta progettuale per la società,
costituito da cinque tomi e pubblicato dal 1784 al 1788; un
opuscolo intitolato Ragionamento sul
carattere religioso di Carlo III umiliato a Ferdinando IV re delle Due Sicilie.
Dal fedelissimo ed ossequiosissimo
suddito il canonico Onofrio Tataranni del 1789; Il Ragionamento sulle
sovrane leggi della nascente popolazione di San Lèucio umiliata alla maestà di
Ferdinando IV re delle due Sicilie; Brieve memoria
sull’educazione nazionale della nobile gioventù guerriera umiliata alla maestà
di Ferdinando IV re delle due Sicilie dal fedelissimo ed Ossequiosissimo
Suddito il caninico Onofrio Tataranni (1790).
Il Catechismo fu una sintesi scientifico-culturale del precedente percorso teorico, aggiornato al nuovo contesto politico-istituzionale repubblicano, che ben presto fu soppresso ferocemente dalla stessa monarchia. Il Catechismo Nazionale pe’l Cittadino è l’ultima e la più importante fra tutte le opere redatte dal Tataranni, Catechismo ufficiale della Repubblica napoletana, pubblicato il 12 febbraio 1799 ed ha il compito di educare i sudditi a divenire cittadini.
Con la fine della Repubblica napoletana, avvenuta il 13 giugno del 1799, il Tataranni fu costretto a ritornare a Matera, sua città natale, per sfuggire al pesante regime di repressione messo in atto dal restaurato governo borbonico; Tataranni morì a Matera il 27 marzo del 1803.
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