Quando nella notte del 16 dicembre 1857 uno dei più disastrosi terremoti della storia sismica italiana devastò e portò la morte in un’ampia area del Vallo di Diano e dell’alta Val d’Agri, probabilmente anche Alfonse Bernoud a Napoli sentì violentemente il terremoto. Giusto il tempo che si sapesse, dalle prime frammentarie notizie, la drammatica gravità dell’evento e Bernoud senza indugio si preparò a intraprendere la prima campagna fotografica di un terremoto mai realizzata al mondo. Fra la fine di dicembre 1857 e gennaio 1858 compì tre spedizioni per documentare le distruzioni causate dal terremoto.
Con la liberalizzazione della dagherrotipia da parte di François Arago, annunciata a Parigi il 19 agosto 1839, nacque l’arte della fotografia, la tecnica per dipingere con la luce. Un gran numero di operatori muniti di tutti gli strumenti necessari varcò le Alpi per cercare di diffondere nelle città italiane non solo la “divina scoperta”, ma anche per avere un’affermazione economica e commerciale, sfruttando tempestivamente i grandi entusiasmi suscitati dallo “specchio dotato di memoria” come lo aveva definito, con molta proprietà e con espressione quanto mai felice, Oliver Wendel Holmes. D’altra parte le fotografie delle città d’arte e dei monumenti italiani avrebbero rappresentato una fonte sicura di guadagno fuori dall’Italia. Nato nel 1820 a Meximieux (Lione), Jean Baptiste (in arte Alphonse) Bernoud verso il 1845 giunse in Italia per intraprendere il “mestier nuovo” e raggiunse ben presto una fama tale da divenire il fotografo della corte reale borbonica e poi del re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia. Dopo aver operato per anni in diverse città tra cui Genova, Firenze, Livorno, Siena e Roma, dal luglio 1858 Bernoud si stabilì a Napoli. In quel periodo egli mise a punto un nuovo metodo per colorare i dagherrotipi così reclamizzato: “Ritratti fotogenici all’acquerello. Metodo nuovo e tutto speciale di Alphonse Bernoud professore di fotografia”. Le prove fino a ora rintracciate (un dagherrotipo stupendo è conservato nella collezione Malandrini degli archivi Alinari) sono sempre di altissimo livello. In questi anni Bernoud raggiunse una grande qualità tecnica e partecipò ad alcune esposizioni in Italia (Toscana 1854) e all’estero Parigi (1855 e 1857) dove venne premiato con due ambitissimi riconoscimenti. Sull’onda di questa giusta notorietà Bernoud si portò prima a Roma dove quasi sicuramente scattò molte fotografie, anche in formato stereoscopico, dei monumenti più importanti di questa città e poi a Napoli, che divenne la sua sede operativa più importante, dove aprì due atelier. A seguito della fama raggiunta per la sua abilità tecnica e artistica esplicata nell’esecuzione di ritratti e di vedute, ebbe un’affermazione ampia e incondizionata nel pubblico napoletano e soprattutto nell’ambiente assai vivace e internazionale della corte borbonica. A Napoli Bernoud rivelò tutta la sua complessa personalità. Oltre a una straordinaria dinamica di spostamenti, da un luogo a un altro per essere al posto giusto nel momento giusto, Bernoud ebbe la sottile capacità di intuire i fatti salienti del suo tempo dei quali fu spettatore e cronista. Egli non conobbe ostacoli: aiutato da una robusta salute e da una prestanza fisica eccezionale poté affrontare con relativa facilità i disagi dei viaggi lungo tutta la penisola o recarsi all’estero. Per questo suo contatto frequente con l’estero, Bernoud fu tra i primi in Italia ad introdurre le novità fotografiche e tutti i miglioramenti apportati alla tecnica fotografica, in quegli anni di grande evoluzione. Nel campo della stereoscopia Bernoud fu un vero pioniere, come testimoniano le sue vedute effettuate con questo mezzo. Come tutti gli stereoscopisti di quel periodo, egli in un primo momento impiegò una sola macchina scattando prima un’immagine e, dopo uno spostamento di pochi centimetri, pressappoco come a distanza pupillare, la seconda immagine.
Appresa la notizia del terremoto del 16 dicembre, fra il 21 e il 22 dicembre, Bernoud partì per una prima ricognizione, come testimoniato da una lettera di raccomandazione al Ministro della Polizia borbonica:
“recasi in cotesta Provincia il fotografo Signor Alfonso Bernoud, al fine di ritrarre delle vedute su’ luoghi di disastri che hanno testé desolato le contrade della Basilicata. […] la prego che a quest’ultimo Signor Bernoud vengano usate tutte le agevolazioni” (Lettera di Trojano Folgori al direttore del Ministero della Polizia generale, Napoli 20 dicembre 1857).
Partire per una campagna fotografica a quel tempo era molto impegnativo sia dal punto di vista tecnico e logistico sia dal punto di vista delle autorizzazioni e della sicurezza personale. Le fotografie venivano realizzate su lastre fotografiche con l’uso di ingombranti e pesanti macchine fotografiche di legno, metallo e vetro ottico. Le operazioni di inserimento delle lastre fotografiche negli appositi caricatori (chassis) dovevano avvenire al riparo della luce sotto apposite tende. Per questo Bernoud aveva con sé un aiutante con uno zaino che riportava la scritta “A. Bernoud Photographe”. Questo zaino figurava spesso nelle fotografie e rappresenta una sorta di firma anti-pirateria, come diremmo oggi.
Muoversi con questa attrezzatura era già complicato in condizioni normali, figuriamoci in zone impervie dell’entroterra lucano devastato dal terremoto e insicuro per non rari episodi di brigantaggio. Nonostante ciò, Bernoud fu in grado in pochi giorni di spingersi fino ai paesi più colpiti del Vallo di Diano (Lucania occidentale o interna) e rientrare il 28 di dicembre a Napoli.
Le prime immagini divennero famose soprattutto attraverso il settimanale parigino L’Illustration, che le pubblicò il 9 gennaio 1858 in una corrispondenza inviata da Napoli dal giornalista e scrittore Marc Monnier, con notizie dettagliate della grave calamità. Per poterle pubblicare, le fotografie dovettero essere trasformate in incisioni. Così Monnier ricorda la prima missione di Bernoud:
“Un fotografo di grande abilità, il Signor Bernoud […] è accorso immediatamente nella città distrutta. È ritornato ieri (28 dicembre) con parecchie fotografie stereoscopiche sviluppate in gran fretta: vi invio le più caratteristiche.” (L’llustration, Journal Universel 9 gennaio 1858).
Fra la fine di dicembre 1857 e la seconda metà di gennaio 1858 Bernoud completò le sua campagna fotografica, spingendosi ad Auletta, Atena Lucana, Tito, Vignola (Pignola), Paterno, Marsico Nuovo e Potenza. Alcune di queste fotografie furono pubblicate dall’llustration e sull’Illustrated London News.
Con il supporto di un finanziamento di 150 sterline da parte della Royal Society di Londra, il 27 gennaio 1858 l’ingegnere irlandese Robert Mallet partì dalla capitale inglese per studiare il terremoto che aveva devastato alcune aree interne del Regno di Napoli. Mallet arrivò a Napoli il 5 febbraio 1858, quando Bernoud aveva già portato a termine ben tre ricognizioni fotografiche esponendone i risultati in uno dei suoi studi. In quei giorni, oltre a trovare accompagnatori, attrezzature e viveri per il suo viaggio, Mallet vide le immagini di Bernoud che trovò, pur artistiche ma di scarsa utilità per la scienza. Ottenuto finalmente il permesso di proseguire verso l’interno del regno, il 10 febbraio Mallet partì per le zone colpite dal terremoto. In una lettera del 18 febbraio a Charles Lyell, Mallet spiegò l’importanza che il mezzo fotografico avrebbe potuto avere per la sua missione scientifica e, rammaricato di non aver potuto portare con sé un fotografo, chiese all’amico di intercedere presso la Royal Society per un ulteriore finanziamento di 50 sterline al fine di affidare a “un signore francese” oppure a un altro eccellente fotografo a Napoli, la documentazione fotografica degli oggetti e delle vedute che lui reputava interessanti e di cui stava stilando un elenco.
Sarebbe valsa una qualsiasi somma se avessi potuto portare con me un fotografo come avevo tanto desiderato – un signore francese è stato in alcuni dei paesi ma le sue vedute sono di scarsa utilità per la scienza – il modo migliore sarebbe stato di poterlo dirigere al momento della veduta da riprendere – spesso sarebbe di parti degli interni – di statue o di immagini e di altri oggetti spostati o scagliati ecc. Io ho fatto un elenco strada facendo degli oggetti principali e delle vedute di quelli che sarebbero ancora molto interessanti da fotografare, e ho l’intenzione ritornando a Napoli entro circa otto giorni da oggi di tentare di accordarmi sul contratto con il francese per ripercorrere le mie tappe e fotografare queste vedute. Robert Mallet (Lettera di R. Mallet a Ch. Lyell, Tramutola 18 febbraio 1858).
L’eccellente fotografo di cui parla Mallet è certamente Bernoud, mentre il “signore francese” con cui prese accordi è dimostrato essere Claudio Grillet (ma che Mallet cita come Grellier, probabilmente confondendo il nome), di cui scrive il 6 marzo 1858 a Lyell che “si era già recato nelle Province (e allo stesso tempo e in alcuni dei luoghi in cui ero stato)”. Eppure, delle 156 fotografie che Mallet utilizzò nel redigere il suo Rapporto (Mallet 1862), almeno 57 sono di Bernoud (Bechetti e Ferrari 2004). Quelle allegate al manoscritto del Rapporto, conservato presso la Royal Society di Londra, sono le prime fotografie degli effetti di un terremoto, oltre che di molti dei paesi ritratti. In particolare, costituiscono i primi documenti scientifici per la nascente sismologia e un rilevante patrimonio di informazioni grazie al quale oggi è possibile ricostruire molte delle trasformazioni paesaggistiche intercorse negli ultimi 160 anni.
Le fotografie allegate al manoscritto del Rapporto di Mallet si possono dividere in due gruppi a seconda del formato: il primo gruppo è composto da 36 foto monoscopiche, realizzate su commissione di Mallet, da C.Grillet, mentre le restanti 120 sono stereoscopiche montate su cartoncini di vario tipo e attribuibili solo in parte a Bernoud in maniera certa, anche se le foto furono tutte commissionate da Mallet a Grilllet. Si è ipotizzato che Grillet, non riuscendo a completare un così complesso e rischioso reportage fotografico, abbia spedito a Mallet anche foto di Bernoud, rendendole anonime. Ma non del tutto, infatti in alcune delle fotografie compare l’assistente di Bernoud con uno zaino sul quale è scritto chiaramente “A.Bernoud Photographe”.
Bernoud fece molte più foto stereoscopiche di quelle presenti nella collezione conservata alla Royal Society di Londra. L’archivio privato di Salerno, in particolare, conserva la più completa raccolta di foto di Bernoud del terremoto del 1857 finora reperita e comprende 71 fotografie stereoscopiche numerate dallo stesso Bernoud. Lo studio comparato delle fotografie di Bernoud note e delle 120 immagini stereoscopiche allegate al manoscritto del Rapporto di Mallet ha permesso di identificare alcuni elementi distintivi dello stile fotografico dell’illustre fotografo francese: la frequente presenza dello zainetto con la scritta “A.Bernoud Photographe” e di persone chiaramente in posa, il cartiglio firmato, le annotazioni sul fronte in lingua italiana. Inoltre, 18 delle fotografie allegate al Rapporto di Mallet coincidono con altrettante foto note di Bernoud. Per contro, le foto verosimilmente realizzate da Grillet per Mallet sono prive di persone e il cartiglio è anonimo, mentre le scritte sono sempre in francese. È così risultato che 57 fotografie (48%) sono attribuibili a Bernoud e 38 (32%) a Grillet, mentre le restanti 25 non sono risultate attribuibili sulla base dei parametri a disposizione.
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