Nel 1800 Foggia, città regia, contava circa 17000 abitanti, secondo le stime del Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani ed era la sede della Regia Dogana della Mena delle Pecore, istituita da Alfonso d’Aragona nel 1447, perciò rappresentava un centro nevralgico per l’economia di tutto il Tavoliere. L’arrivo dei Francesi naturalmente portò dei cambiamenti nel capoluogo dauno, che finirono anche per incidere sui suoi ceti e gruppi dirigenti. Il 25 febbraio 1806 giunsero nella città due reggimenti francesi, guidati dai generali Duhesme e Dombrouchy, con molti capi di battaglioni. Il generale Dombrouchy venne con il titolo di Governatore delle Puglie, mentre Foggia poco dopo, il 19 marzo, già accettava Giuseppe come suo legittimo sovrano, festeggiandone il nome.
Con la legge del 21 maggio 1806, Giuseppe Bonaparte abolì l’istituzione doganale e le terre demaniali furono concesse a colonia perpetua: l’ultimo bando emesso dall’ultimo Presidente della Dogana, Giuseppe Gargani per annunciare la censuazione, è del 26 maggio 1806. Il primo agosto il Tribunale della Dogana cessava le sue funzioni, il giorno seguente fu abolita la feudalità e il primo settembre fu disposta la divisione non solo delle terre demaniali, ma anche di quelle baronali, ecclesiastiche e comunali.
Altre due questioni importanti furono quelle relative alla scelta del capoluogo dell’Intendenza e alla sede del tribunale, che interessò le due città di Foggia e Lucera, diventate protagoniste di un’acerrima contesa. Dopo la soppressione del Tribunale della Dogana, Foggia si aspettava una compensazione di questa perdita. Nell’agosto 1806 la città venne quindi proclamata capoluogo dell’Intendenza al posto di Lucera, nonché anche capoluogo di distretto nel dicembre dello stesso anno. La scelta fu dettata anche e, soprattutto, dal ruolo economico ora rivestito dalla città e dalla sua rilevanza demografica, dato che essa contava nel 1806 più di 19000 abitanti.
Se la decisione dell’Intendenza foggiana venne tutto sommato assorbita senza grandi proteste dalla vicina Lucera, più travagliata fu la questione della scelta della sede del Tribunale, che si protrarrà per svariati anni e si concluderà a vantaggio di Lucera, mentre Foggia rimarrà priva del tribunale per ancora più di un secolo, fino al 1923.
Cambiamenti significativi si verificarono anche negli assetti istituzionali della città. In base alla legge del 20 maggio 1808, per la città di Foggia, comune di prima classe, i decurioni non superarono mai il numero di 30, mentre poterono accedere a tale carica coloro che avessero avuto una rendita di almeno 24 ducati annui o avessero esercitato una professione liberale, ponendo così fine alla rigida separazione cetuale dell’ancien régime.
Analizzando le liste degli eleggibili e gli elenchi dei decurioni degli anni 1808, 1812 e 1816, presenti nel fondo dell’Intendenza dell’Archivio di Stato di Foggia, si possono trarre dati interessanti riguardo all’articolazione socio-professionale dei ceti dirigenti della città. Per quanto concerne il 1808 si può osservare come il possesso di una rendita fosse ancora fondamentale per accedere alle cariche amministrative, mentre l’esercizio di professioni liberali era invece considerato un requisito d’importanza minore rispetto alla proprietà.
Per il 1812 invece a prevalere non sono più i proprietari, come per i decurioni del 1808, ma i patrocinatori, cosa che potrebbe essere indice di un maggior accesso alle cariche amministrative di una borghesia emergente legata al mondo delle professioni e non più solo alla proprietà. Infine, per il 1816, si può notare come nuovamente prevalgano i proprietari rispetto agli esercenti professioni liberali, probabilmente in virtù degli effetti della recente Restaurazione borbonica.
A Foggia molti dei protagonisti della vita politica cittadina di fine Settecento-inizi Ottocento continuarono nel Decennio ad occupare cariche e pubblici impieghi nei diversi livelli del sistema amministrativo. E’ il caso dei Filiasi, degli Zezza, dei Celentano, dei Freda, dei De Luca e dei Cimaglia, per citare gli esempi più significativi di famiglie che durante tutto il Decennio, ebbero ancora un ruolo preponderante nell’amministrazione cittadina.
E’ apparso quindi evidente che le nuove norme del periodo napoleonico abbiano rappresentato una forte apertura al ceto borghese, soprattutto permettendo anche agli esercenti professioni liberali di entrare nelle liste degli eleggibili, dando vita così ad un’amministrazione organizzata e formata da uomini competenti rispetto alla rigida divisione cetuale dell’ancien régime. E’ però altrettanto vero che questo cambiamento fondamentale non si verificò all’improvviso, tout court, nel Decennio, ma affondò le sue radici negli anni Venti-Trenta del Settecento, quando a Foggia incominciò a svilupparsi una forte borghesia mercantile, costituita soprattutto da famiglie forestiere, trasferitesi in città in quel periodo, che, forti del loro potere economico, chiesero poi rappresentanza anche nell’amministrazione cittadina, nel Reggimento, riuscendola così ad ottenere.
Le riforme politico-amministrative che caratterizzarono il Decennio a Foggia quindi non generarono una rottura nella composizione delle èlites, ma piuttosto una continuità, accompagnata però da nuovi innesti, provenienti soprattutto dal mondo delle professioni. Questi, tuttavia si affiancarono, ma non sostituirono le grandi famiglie foggiane del passato, che continuarono a giocare un ruolo fondamentale anche nel Decennio napoleonico.
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