giovedì 10 dicembre 2015

La famiglia Gesualdo e Venosa. 1. Fabrizio Gesualdo

Recenti riattenzioni storiografiche per ricostruzioni e riletture del pur debole sistema urbano del Mezzogiorno e della Basilicata, con specifiche evidenziazioni relative non solo ai luoghi di esercizio del potere, ma anche sugli spazi ed i protagonisti di promozione e diffusione di iniziative e attività culturali fuori dai consolidati contesti, rendono quanto mai  rilevante il ruolo che, in tale direzione, fu svolto, tra la metà del Cinquecento ed i primi decenni del Seicento, dai Gesualdo nell’area al centro di questo volume.
E ciò in particolare a Venosa, che toccava, nel ventennio del mandato del vescovo Andrea Perbenedetti, il suo periodo di massimo splendore, con unincidenza notevolissima del potere feudale dei Gesualdo, che attuavano una politica di laicizzazione culturale in aperto contrasto con la rigida applicazione dei decreti tridentini promossa dalla Chiesa. Del resto, notevole era stato il potere feudale nella città oraziana, fin da quando Pirro del Balzo, duca dAndria, aveva ricevuto dalla moglie, Maria Donata Orsini, figlia di Gabriele, contessa di Montescaglioso, uno Stato ricchissimo, costituito da città e terre, fra cui Acerra, Guardialombarda, Lacedonia, Lavello e appunto Venosa, con il titolo di duca. Qui il del Balzo fece costruire il Castello (dal 1460 al 1470), distruggendo la preesistente cattedrale cittadina, che fece erigere nuovamente - in posizione significativamente decentrata rispetto allabitato - con lavori terminati solo nel 1502.
Incarcerato il del Balzo, coinvolto nella congiura dei baroni del 1485, Venosa era passata al regio demanio, rimanendo città regia fino a quando Ferdinando il Cattolico la concesse a Consalvo de Cordova come premio della conquista del Regno di Napoli contro i francesi del duca di Nemours (1503), finché Luigi iv Gesualdo al titolo di conte di Conza aggiunse, nel 1561, il titolo di principe di Venosa, che trasmise al figlio Fabrizio.
Primo frutto di questo fertile clima culturale era stata l'opera, a metà strada tra descrizione della città e storia cittadina, Discrittione della città di Venosa, sito e qualità di essa, scritta il 28 febbraio 1584 da Achille Cappellano, vicario generale del vescovo Giovanni Tommaso Sanfelice dal 1583 al 1585, primicerio e parroco di San Marco in Venosa nel 1589 e studioso di diritto sotto la guida di Scipione di Bella e di Francesco Gruosso12. Proprio in quellanno, tra laltro, Fabrizio Gesualdo entrava in Venosa per prendere possesso del feudo:

nellanno 1584, del mese di ottobre, a tempo fe lintrata in Venusa, per il possesso del principato lEccellentia di D. Fabritio Gesualdo con lIll.mo et R.mo Cardinale suo fratello, si serui di detto baldacchino, e uolse detta università che dodici gentiluomini della città, nellentrare di detto Principe et Ill.mo Cardinale, se ritrouassero con detto baldacchino nella porta della città vicino la piazza, et accompagnassero quelli fino alla cathedrale, dove si ferno le solennità ordinate nel pontificale, e se recitorno uarii poemi et orationi, tanto per la città dove erano eretti archi trionfali, quanto nella cathedrale, dove detti Signori e Ecc.mi dedero grata audienza a tutti coloro che recitauano. Nellintrare della città fu spiegato detto baldacchino, e Federico Maranta all hora mastro giurato di detta città pigliò le redine del  caualla dell Eccelentia del Principe e Gio. Andrea Costanzo allhora erario pigliò le retine del cauallo di detto Ill.mo Cardinale. Il baldacchino il portorno il Dottore Donato Porfido, il Dottore Ascanio Cenna, il Dottor Gio. Battista Maranta, il Medico Gio. Battista Cafaro, Marco Aurelio Giustiniani, Manilio Cappellano, Gioan Francesco Barbiano, Horatio Caputi, Angelo Solimene, Roberto Piumbarolo, Bartholomeo d Aytardis et Augustino Fenice. E furno dodeci, perché dodeci bastoni retiene detto baldacchino.

Ed allentrata del principe Fabrizio, come duso, il nuovo feudatario aveva soddisfatto alcune richieste del locale patriziato a proposito dellUniversità:

a t(em)po l Eccelentia del Principe Don Fabritio Gesualdo, bona memoria piglio il possesso di detta citta con l Ecc(ellentissi)mo et R(euerendissi)mo Cardinale suo fratello si fe co(n)test(atio)ne tra Lm Vinersita e detto Ecc(ellentissi)mo S(igno)re che l officio di mastro giurato se eligesse ognanno in persona di uno Nobile di detta citta e che li dodeci Eletti ch hanno da gouernar(e) q(ue)lla sei siano Nobili ,e, de nobilm(en)te uiuano ,e, sei altri siano del populo.

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