Ferdinando il Cattolico prima e Carlo V poi cercarono di trovare un corretto circuito amministrativo e giurisdizionale che potesse trasmettere alle periferie la volontà del potere centrale: nacquero, così, le Udienze Provinciali .
Napoli e la sua provincia, Terra di Lavoro, erano sotto la giurisdizione degli organi centrali, mentre alcune province erano comprese in un'unica udienza: infatti, inizialmente le udienze non erano più di sei, comprendendo Abruzzi, Capitanata e Contado di Molise, Principato Ultra, Terra di Bari e Terra d'Otranto, Principato Citra e Basilicata, Calabria. Al vertice di questa istituzione era un governatore o preside (solitamente la carica di governatore veniva ricoperta in parte da esponenti della "nobiltà di spada"), che deteneva funzioni di comando militare e di amministrazione giudiziaria, affiancato da tre auditori, un avvocato fiscale, un procuratore fiscale, mastrodatti, algonzini e un capitano di campagna. Per quanto riguarda l'amministrazione finanziaria, essa era retta dai percettori che, in ogni provincia, si occupavano del prelievo fiscale ordinario e straordinario dalle Università per poi rimetterlo alla Tesoreria Generale, oltre ad effettuare pagamenti e assegnazioni dovute .
L'amministrazione delle province, tuttavia, non era solo in mano ad Udienze e percettorie, ma da un alto numero di uffici radicati su tutto il territorio: uffici per la salvaguardia degli scali e i porti, con a capo i mastri portolani; dogane e fondaci, con 209 addetti che si distribuivano in 48 città, attraverso vari funzionari come doganieri, credenzieri, fondachieri, portolani, misuratori, pesatori e guardiani .
In questo ricco panorama istituzionale, sono evidenti, tuttavia, due aspetti negativi come l'atomismo e la dispersione delle cariche, causate dalla mancanza di un centro di coordinamento e di controllo provinciale che rendeva difficile il lavoro della Sommaria nel gestire il rapporto vertice-base e, dunque, un adeguato controllo sull'operato dei magistrati periferici.
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