giovedì 4 luglio 2019

Risorgimento lucano. 32. Un giornale napoletano ricorda il 1860 potentino

L’insorgenza à preso proporzioni così vaste da non risparmiare nessuna delle classi e delle condizioni della società. I fanciulli, non altrimenti che i vecchi e le donne àn dato di piglio alle armi. È impossibile calcolare il numero degli armati, giacché tutta la provincia è in armi. Dove mancano i fucili si sono costruite delle lunghe picche: altri sono armati di accette e di falci, armi terribili nelle mani dei contadini lucani. La cifra delle colonne mobili si fa ora ascendere a 25,000 uomini che si trovano distribuiti in diversi punti della provincia. Un piccolo corpo di cavalleria si va formando alla giornata sotto gli ordini di Pisanti ex uffiziale di cavalleria, di Buchicchio e del marchese di Donnaperna di Senise. Questo corpo di cavalleria di già presta utili servigi alla rivoluzione, battendo la campagna per ogni verso.
Quello che presenta uno spettacolo del tutto nuovo in questa insorgenza la quale non trova paragone che nelle guerre di Spagna al tempo della invasione francese, si è un corpo di circa due mila uomini, composto esclusivamente di frati e di preti, i quali col fucile in spalla ed il carniere delle cartucce a fianco, divide con gli altri le fatiche del campo. [...].
La città di Potenza è stata formidabilmente fortificata dai rivoltosi, che ànno lavorato giorno e notte, sia a fare barricate, sia a cavar fossati, sia ad elevare ripari e trincere. Il più singolare si è che àn dato opera alla costruzione di cannoni di ferro battuto, i quali dietro sperimenti, avrebbero potuto essere buoni a tirare presso che un centinaio di colpi.
Da tutti i punti delle province limitrofe arrivano continuamente bande ad ingrossare le fila dell’armata rivoluzionaria

FONTE: «Il Paese», II (28 agosto 1860), n. 21, p. 4

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