giovedì 7 marzo 2019

La Basilicata contemporanea. 30. La fioritura scientifica nella Potenza tardo-ottocentesca

Giovanni Paladino, celebre scienziato di cui nel 2017 si è celebrato il centenario dalla scomparsa, appartiene a quella generazione di studiosi potentini che, dopo aver vissuto in prima persona le lotte risorgimentali del 1860, si impegnò, nel corso della difficile “costruzione” dello Stato unitario, ad impugnare i vessilli della storia, del diritto e della scienza per difendere, da un lato, la visione – si può dire politically correct – ufficiale di Potenza, dall’altro per una più obiettiva ricostruzione del puzzle storico, sociale ed economico dell’intera Basilicata. La ricerca scientifica si avviò, in un certo senso, a diventare ancella della politica, seppure, in molti casi, essa fosse di fatto un suo necessario complemento per una più accurata difesa dei problemi che i deputati lucani portavano in Parlamento. 
Di questa generazione di “studiosi politici” esempio di particolare rilievo furono Branca, Grippo e, in parte, lo stesso Paladino. 
Ascanio Raffaele Branca, nato nel 1840, avvocato e scrittore, conservatore illuminato già in prigione nel 1859 per le sue attività liberali. Relatore nell’inchiesta Jacini nel 1883, fu ministro dei lavori pubblici nel 1891 e delle finanze negli anni 1896-98 e 1900-1901. 
Pasquale Grippo, nato a Potenza nel 1845, laureatosi in giurisprudenza a soli 17 anni, si iscrisse all’Albo degli Avvocati di Napoli nel luglio 1874, in quello dei Procuratori nel 1867. Grippo fu più volte componente del Consiglio di Disciplina dei Procuratori (1879-1885), nonché del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, di cui fu quattro volte Presidente, dal 1921 al 1926, quando presiedette l’ultimo Consiglio di nomina elettiva. Libero docente di Diritto Costituzionale, venne poi nominato docente di Diritto Penale all’Università di Bologna e di Diritto Costituzionale a Napoli; lasciò la carriera accademica per dedicarsi a quella politica ed all’avvocatura. Tra le numerose opere di Grippo, vanno almeno ricordati, segni dell’acceso clima di fine Ottocento, alcuni scritti sul diritto penale. Dopo l’abolizione delle Cassazioni regionali abbandonò il campo penale per abbracciare quello civile. Collaborò con numerose riviste giuridiche come la «Gazzetta dei Tribunali» e «Il Filangieri», di cui fu redattore fin dalla fondazione nel 1876. Che il Grippo fosse un profondo conoscitore non solo di diritto, ma anche della storia degli abusi feudali, lo dimostra il breve articolo Una pagina di storia del Mezzogiorno d’Italia, pubblicato sul giornale «Il Lucano» in occasione del primo centenario dell’elevazione di Potenza a capoluogo, in cui l’erudizione si sposa ad un tipo di argomentazione logica e serrata nella ricostruzione del processo di eversione della feudalità come punto d’arrivo di un dibattito non solo teorico, in mano ai giureconsulti, ma anche, e soprattutto, pratico, in una sostanziale rivalutazione di taluni meriti del governo murattiano e borbonico, specie nei periodi di massimo splendore intellettuale e di incoraggiamento del dibattito stori-co e giuridico per uno stato laico. 

Giovanni Paladino, in tale contesto, fu il massimo esponente di quella cultura medico-scientifica profondamente radicata a Potenza e stimolata, a partire dai tardi anni Sessanta del XIX secolo, dall’operato di Federico Ferdinando Gavioli che, imparentato con gli Addone, aveva aperto un Dispensario Oftalmico e, dal 1869, era stato eletto componente del Consiglio Sanitario Provinciale e Comunale. Gavioli aveva fondato un mensile, «La Lucania Medica» che, ancorché durato per soli 12 numeri, espresse notevoli interessi nel campo chirurgico ed epidemiologico, ospitando anche contributi di Michele Lacava e di medici calabresi. Tra i suoi collaboratori anche Paladino. Egli, nato nel 1842, coetaneo di Grippo e Branca, visse da ragazzo gli eventi del 1860, che avrebbe ricordato nel 1911, da senatore, in un articolo de «Il Lucano» per il cinquantenario dell’Unità d’Italia. Questo suo interesse può essere ricondotto, probabilmente, alla conoscenza con il medico Bonaventura Ricotti, cultore di Scienze Naturali e insegnante di Storia e Geografia nel Liceo potentino, che nel 1861 scrisse una breve memoria sull’insurrezione lucana, forse nota a Paladino, che pare riecheggiarla. Di Paladino, comunque, si può ricordare il giudizio di Vincenzo Marsico nei suoi Medici Lucani: «fu il più insigne fisiologo ed istologo del tempo […]. Si deve a ragione ritenere il fondatore della Fisiologia moderna a carattere sperimentale». 
Della generazione successiva a Paladino furono i fratelli Giuseppe Ferruccio Montesano, nato nel 1868, assistente effettivo a Roma nell’Istituto di Igiene e di Psichiatria, rinomato psichiatra e Deputato Provinciale di Basilicata, o Vincenzo Montesano, nato nel 1874, anatomopatologo e batteriologo, nonché specialista in dermatologia. O ancora, Giovanni Pica, nato nel 1860, medico provinciale ed autore, nel 1889, di un’inchiesta sulle condizioni igienico-sanitarie della Basilicata. O Edoardo Salvia, classe 1858, docente, a Napoli, di Semeiotica e Diagnostica, oltre che di Pediatria chirurgica e pioniere nell’ortopedia.
Ancora, studiosi più giovani come Ciccotti e i docenti del locale Liceo “Salvator Rosa” si sforzarono di superare il provincialismo in nome della coscienza, sempre più forte, che la scienza italiana avvertiva nei confronti delle scuole europee, quali quella tedesca che, specie nell’ambito storico, forte di una nuova metodologia, andava acquistando sempre più spazio. Nel campo della ricerca sull’antichità classica, ad esempio, un forte impulso a superare la mera collezione di documenti e la riconsiderazione delle fonti venne data proprio dal potentino Ettore Ciccotti, nato nel 1863, che, svincolatosi dall’angusto provincialismo italiano grazie anche all’attività politica e all’amicizia con Giustino Fortunato, si pose, fino agli anni Trenta, come uno dei capiscuola della nuova ricerca antichistica, insieme a studiosi del calibro di De Sanctis e Pais. Ciccotti fu, inoltre, esponente lucano di spicco del messaggio socialista, pienamente inserito nel dibattito dello scorcio di secolo sulla necessità di implementare l’istruzione in Basilicata, a favore del quale si adoperarono anche esponenti autorevoli della destra liberale, come Emanuele Gianturco, che richiese l’apertura di nuove scuole, supplementi di sussidi, la parificazione delle scuole tecniche, o, più avanti, il già ricordato Fortunato, che aprì a sue spese due asili a Gaudiano e Lavello.
Ancora, su un piano meno alto, ma di buone intenzioni, Raffaele Riviello, che, peraltro, aveva aperto una scuola privata in cui la retta era pagata solo dalle famiglie più abbienti e che cercava di svegliare il dibatti-to culturale con la pubblicazione di articoli storici e di costume poi raccolti in volume tra il 1885 e il 1889. Oltre all'indubbia importanza della ricostruzione, attinta da fonti archivistiche, a stampa e, laddove più vicino alla sua epoca, da ricordi personali e di testimoni dei fatti, la sua Cronaca Potentina testimonia le posizioni moderate e conciliatorie e la sua critica a tutte quelle azioni e posizioni opportunistiche che spesso caratterizza i patrioti e di cui è testimone. La sua posizione mediatoria e, in qualche modo, “populista” emerge lungo tutta la Cronaca, in cui Riviello stigmatizza i diversi snodi della via lucana all’Unità che non coinvolgano direttamente il popolo e che, come nel caso del 1848, avessero fatto perno su interessi di parte dei gruppi dirigenti locali. 
In questo tornio di tempo, come detto, alcuni docenti del Liceo «Salvator Rosa» cercarono di avviare una rivista scientifica che, lungi dall’essere manifesto di una scienza “di paese”, allargasse la ricerca a dimensioni più ampie, inquadrando la  città di Potenza e la Basilicata nel nuovo corso di studi dello scorcio del secolo. La «Rivista Storica Lucana», nata nel 1900, ospitò, nella sua breve vita di mensile, durata fino al maggio 1901, articoli che, ispirati al nuovo indirizzo di studi lucani inaugurato da I napoletani del 1799 di Giustino Fortunato, tentarono una più attenta ricostruzione dei fatti del 1799 basata sull’esame dei documenti dell’Archivio di Stato di Potenza, o ancora ricostruirono i problemi del dibattito politico postunitario. In questa direzione, notevole fu l’attività di Antonino Tripepi ed Edoardo Pedio. Il primo, conservatore capo dell’Archivio di Stato di Potenza, analizzò l’evoluzione cittadina sotto il profilo giuridico ed istituzionale-amministrativo, confor-memente ad un metodo che, ancorché ancora grezzo, si accostava alla documentazione archivistica, più che alle sole fonti edite: ad esempio, proprio avvalendosi dei documenti dell’Archivio di Stato, Tripepi pub-blicò un primo sommario elenco di intendenti, prefetti e presidenti del Consiglio Provinciale. Edoardo Pedio, invece, professore del liceo po-tentino e studioso di momenti e figure del risorgimento lucano di taglio prosopografico, cercò di dare un’interpretazione politica dell’insurrezione lucana, della Prodittatura e di figure come Lomonaco e Pagano. Che il Liceo di Potenza fosse, in questo periodo, fucina di nuo-ve proposte volte ad inserire la ricerca lucana nel più ampio contesto nazionale lo dimostra anche il percorso di un filologo classico quale Salvatore Rossi di Pomarico, che a Potenza fu docente di materie classi-che e che si distinse per i suoi studi di tipo grammaticale su alcune tragedie di Seneca, che gli valsero il passaggio a professore ordinario dell’Università di Messina tra il 1897 e il 1900. 
Quella di Ciccotti e di questi studiosi fu un’opera volta a superare il fossato tra cultura nuova ed antica erudizione, in una città in cui la produzione storico-letteraria era caratterizzata dalla quasi totale assenza di determinati indirizzi storiografici e dalla mancanza di studi critici. In effetti, questa nuova scuola di studiosi e politici cercò di svecchiare una città in cui la cultura scientifica era sempre pronta ai trionfalismi retorici, come mostrano i resoconti delle celebrazioni per il primo centenario della scelta come capoluogo della «patriottica città».
Di questo periodo e di queste generazioni di nuovi studiosi è figura esemplare Sergio De Pilato, che traghettò la cultura scientifica potentina da un lungo periodo di studi “eruditi” su testi e fonti a stampa più che d’archivio, come detto, verso una una stagione di rinnovata attenzione al territorio ed alle risorse storiche e culturali della città. De Pilato si avviò da giovane, come tradizione delle famiglie borghesi potentine, sul-la strada della giurisprudenza: fu vice segretario del “Circolo giuridico napoletano” e componente della redazione della rivista «Il progresso giuridico», dedicandosi nel contempo alla pubblicazione di suoi scritti letterari in prosa e in versi su «Il Mattino», con lo pseudonimo di Almansor. Tornato a Potenza, fondò la propria rivista giuridica sull’esempio del “Progresso” a cui aveva collaborato: «La temi Lucana: rivista mensile di dottrina e di giurisprudenza» uscì tra il luglio del 1901 ed il 1902. 
Potenza, insomma, grazie a queste figure, si sarebbe avviata, dopo la fine della Grande Guerra, che Paladino non ebbe modo di vedere, a prendere anche a livello culturale il suo posto di capoluogo di regione, non più semplice trampolino di lancio verso Napoli e le grandi città del centro-nord, ma anche possibile punto di raccolta delle giovani generazioni che intendessero fare ricerca “sul campo”.

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