giovedì 10 luglio 2014

Scrittori di Magna Grecia. 5. Diodoro Siculo

Di Diodoro sappiamo quel poco che egli ci dice nel proemio della sua opera. Nato ad Agirio (oggi Agira, in provincia di Enna) e perciò detto oggi "Siculo" per antonomasia, intraprese vari viaggi, soggiornando tra l'altro ad Alessandria per comporre la sua opera storica, redatta tra il 60 ed il 30 a.C. Da cenni che egli fa su Augusto, si presume che Diodoro sia morto intorno al 20 a.C.
Diodoro è l'autore della Biblioteca Storica, una storia universale in 40 libri dalle origini mitiche alla spedizione di Cesare in Gallia. Dell'opera rimangono i libri I-V e XI-XX, e degli altri libri solo estratti e riassunti (spesso molto ampi), dovuti alla grande circolazione e notorietà della Biblioteca nel Tardo Antico. Nel proemio Diodoro presenta le sue ricerche storiche ed introduce come scopo della sua opera, e della storia in generale, l'utilità e l'insegnamento che da essa possono trarre gli uomini. La storia universale è esempio della fratellanza tra gli uomini: Essa riconduce ad un'unica compagine gli uomini, divisi tra loro per spazio e tempo, ma partecipi di un'unica parentela (I 1, 3). La storiografia è dunque in stretto rapporto con la filosofia, essendo entrambe ricerca di verità e comprensione dei meccanismi dell'agire umano. In linea con queste argomentazioni, che rivelano un influsso stoico, 
Diodoro espone l'origine della civiltà umana e parla della prima grande civiltà, l'Egitto (libro I). Segue poi la storia dei grandi imperi d'Asia (II-III), a cui si connettono i miti eroici dei greci (specie quelli di Eracle e degli Argonauti: IV). Una breve sosta in senso geo-etnografico è il "libro sulle isole" (V), in cui si esaminano le isole occidentali, seguendo un percorso che dalla Gallia giunge all'Egeo, a Rodi e Creta, non trascurando le isole "mitiche" come quelle del Sole e di Pancaia (teatri di romanzi utopistici celebri nell'Ellenismo, ma che Diodoro, ingenuamente, scambia per reali). Con un'ulteriore esposizione e razionalizzazione dei miti si chiude la prima parte della storia universale (VI). Nei libri VII-X si narrava il periodo dalla guerra di Troia al 480; questi libri, come già detto, sono perduti, ma i successivi, fino al XX, ci sono arrivati. Nei libri XI-XV si tratta in parallelo della storia greca e di quella siciliana, con brevi flash su Roma; il libro XVI è dedicato a Filippo II e il XVII ad Alessandro. La storia ellenistica occupava i libri XVIII-XXII, per poi essere soverchiata da quella romana, che con le guerre puniche (XXIII-XXVII) prendeva ora il sopravvento. I libri XXVIII-XXXVIII si occupavano dell'età dell'imperialismo romano (168-88), per poi proseguire con la storia romana fino alla guerra gallica di Cesare nel 60, con cui l'opera si concludeva.
La Biblioteca Storica rivela fin dal titolo che Diodoro, come egli stesso afferma, ha inteso raccogliere in un'ampia sintesi il contenuto di varie opere storiche per permettere agli studiosi di non disperdersi nella lettura dei singoli autori. L'opera è, dunque, la summa della storiografia greca classica ed ellenistica, "un prezioso deposito di tradizioni diverse, atte a mostrare il nuovo che la storiografia greca ha prodotto dopo la grande stagione tucididea" (Musti). Le fonti utilizzate e ricopiate spesso letteralmente da Diodoro sono quindi numerosissime: nei primi libri Diodoro si avvale di Ctesia di Cnido (medico di corte del re persiano Artaserse II), autore di Storie Persiane in 23 libri, attratto dall'esotico e dal meraviglioso, gli scrittori del III secolo a.C. Ecateo di Abdera e Megastene, interessatisi all'Egitto e all'India; Eforo e Teopompo per ampia parte della storia greca; Clitarco per la storia (ampiamente romanzata) di Alessandro; Timeo e Duride per la storia ellenistica e siciliana; gli annalisti romani e Polibio per la storia romana. Diodoro include nella storia anche il mito, sentito, in linea con Ecateo ed Erodoto, come parte irrinunciabile della conoscenza delle azioni umane. A tale scopo egli utilizza una visione razionale del mito, attingendo a scrittori che già avevano intrapreso tale operazione. 
Se la sua opera è solo una congerie di materiali storiografici, qual è allora la sua importanza? A prescindere dai durissimi giudizi della critica dell'Ottocento (fu definito "il più miserabile degli scrittori" dal tedesco Schwartz), la Biblioteca ha come perno l'ammirevole intento di una storia universale, che racchiude in sintesi il lavoro della migliore (e spesso anche dei "minori") storiografia greca. L'opera si inserisce dunque nella temperie culturale dell'età augustea, in cui Roma è sentita come punto d'arrivo del divenire storico e si rende necessaria la compilazione di storie universali. Diodoro usa un metodo accurato di selezione delle fonti, spesso integrando l'esposizione principale della fonte-base con raccordi ad altri ambiti storico-geografici, sull'esempio del suo modello Eforo e di Polibio. E' vero che il valore storico e cronologico di Diodoro dipende molto dalle fonti utilizzate e che spesso egli si confonde nell'usare le datazioni, ma spesso il racconto diodoreo ci offre narrazioni alternative a quelle di grandi storici, come Tucidide e Senofonte per la storia fino alla guerra del Peloponneso e del periodo immediatamente successivo. Anzi, per il periodo 480-302 Diodoro è la nostra unica fonte continuata, spesso l'unica quando mancano altri autori. Le diversità di stile nelle varie parti si spiega con il cambiamento di fonte, ma nel complesso Diodoro scrive in uno stile scorrevole, usando la koinè, e spesso alleggerisce la narrazione con aneddoti, rinunciando, nel contempo, ad inserire lunghi discorsi come in Tucidide e Polibio proprio in ossequio ai dettami della sinteticità e della praticità.

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